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Bangladesh – Protezione sussidiaria al richiedente per rischio di condanna a morte in caso di rientro nel Paese

Tribunale di Roma, decreto del 15 dicembre 2022

Il ricorrente, a seguito di rigetto della CT proponeva ricorso in quanto motivava il rischio di essere sottoposto a procedimento penale nel proprio paese d’origine, avente ad oggetto l’imputazione di omicidio. Invero, per legittima difesa, a seguito di un’aggressione posta in essere da un folto numero di persone, uccideva involontariamente un uomo. L’attacco fu posto in essere da parte dei parenti della compagna che volevano sottoporla a un matrimonio forzato con altro uomo.

Con l’instaurazione del giudizio, l’uomo depositava una serie di documenti quali denunce a carico, lettere del proprio avvocato nel Paese d’origine e certificati dell’Autorità bengalese che attestavano l’effettiva pendenza del procedimento. 

Il Tribunale di Roma, valutando credibile il ricorrente puntualizza l’incremento dell’utilizzo della pena di morte nel Paese, “il Bangladesh è tra i Paesi che continuano a prevedere la pena di morte come conseguenza di crimini ordinari e che il numero delle condanne a morte comminate e di quelle eseguite è in aumento, essendo risultato nel 2021 significativamente più alto rispetto al 2020″, nonché il difficile accesso ai rimedi giurisdizionali “le fonti denunciano come il diritto alla difesa non sia sempre correttamente garantito e come gli standard del giusto processo siano spesso non rispettati: “La capacità degli individui di accedere al sistema giudiziario è compromessa dalla corruzione endemica all’interno dei tribunali e dai gravi arretrati. La detenzione preventiva è spesso lunga e molti imputati non hanno un avvocato. I sospetti sono regolarmente soggetti ad arresti e detenzioni arbitrari, richieste di tangenti e abusi fisici da parte della polizia. La legge sui poteri speciali del 1974 consente la detenzione arbitraria senza accusa e il codice di procedura penale permette la detenzione senza mandato”.

Pertanto, pur trattandosi di reato di rilevante gravità che potrebbe precludere, ai sensi dell’art. 16, c. 1, lett. b) del d.lgs. n. 251/2007, la protezione internazionale da parte dello Stato italiano, la Corte ritiene che “Sebbene infatti la fattispecie di omicidio rientri a rigore tra quelle previste da tale norma – essendo punita dal codice penale con reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci (“Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”, art. 575 c.p.), anche nella sua forma preterintenzionale (“Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 [percosse] e 582 [lesione personale], cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni”, art. 584 c.p.) – nel caso di specie, le circostanze dell’episodio descritte dal ricorrente (ritenute interamente credibili dal Collegio, alla luce di quanto argomentato sopra) lasciano emergere come il ferimento che ha provocato la morte della vittima sia avvenuto per legittima difesa”; ed ancora “La dinamica del caso di specie è dunque chiaramente riconducibile alla fattispecie di legittima difesa quale prevista dal nostro codice penale, ai sensi del quale: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa” (art. 52 c.p.). Appare evidente come il ricorrente sia stato costretto ad agire spinto dalla necessità di difendere la propria stessa incolumità (e quella della sua fidanzata) dall’aggressione di un uomo armato. Con la conseguenza che, per la normativa penale italiana, la sua condotta non può neanche qualificarsi quale reato e dunque non può escludere il riconoscimento nei suoi confronti della protezione internazionale, nella specie di protezione sussidiaria.”

Il fondato timore di una condanna a morte, in caso di rientro, a parere del Collegio, legittima il riconoscimento della protezione sussidiaria ex. art. art. 14, lett. a) del d.lgs. n. 251/2007. 

Si ringrazia Avv. Armando Maria De Nicola per la segnalazione ed il commento.


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