Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Padova, manifestazione «Giustizia e verità per Oussama Ben Rebha, contro il razzismo istituzionale»

Sabato 28 gennaio ore 14 con partenza dalla stazione di Padova

Ph: Coordinamento Antirazzista italiano, Civitanova Marche

Un appuntamento promosso dai familiari del ragazzo e dal Coordinamento Antirazzista italiano al quale stanno aderendo realtà cittadine, regionali e nazionali: «Contro il razzismo istituzionale, gli abusi di polizia, i CPR, per chiedere verità e giustizia per Oussama e per tuttə!».

L’appello alla mobilitazione ed essere presenti a Padova sabato 28 gennaio alle 14 nel piazzale della stazione dei treni per partecipare al corteo che attraverserà le strade cittadine. E’ possibile aderire scrivendo una email a [email protected] .

E’ stato anche attivato un crowdfunding, il ricavato servirà a coprire spese mediche, legali e supporto alla famiglia. Come causale “Donazione per Oussama” a: Longobardi Fiorentina – UniCredit – IBAN: IT81W0200812140000420945209 oppure Paypal: [email protected]

Il controllo selettivo e razziale sui pullman, nelle strade, nelle piazze, nelle stazioni e nella società in generale è un dato di fatto che nessuno può più negare. Essere privi dei documenti vuol dire subire un’ulteriore esposizione agli abusi di polizia, ricatti sul posto di lavoro e in molti casi si traduce in deportazione nei centri per il rimpatrio che sono delle vere e proprie galere nelle quali si registrano sempre più casi di suicidio. Alcuni casi recenti di cronaca, raccontati dalla stampa locale, sono esempi di come indifferenza, razzismo e esclusione sociale siano un fenomeni pervasivi e strutturali.

5 aprile 2021 Fares Shgater muore annegato nel Fosso Reale a Livorno,
4 giugno 2021 Khadim Khole muore annegato nel Brenta,
10 gennaio 2023 Oussama Ben Rebha muore annegato nel Brenta.

Tragedie diverse eppure troppo simili perché si tratti di mere coincidenze: Fares, Khadim e Oussama erano tre ragazzi giovani e razzializzati, alcuni portavano lo stigma della “clandestinità” e della criminalizzazione, tutti quello della marginalizzazione, e tutti e tre sono morti annegati in presenza della polizia.

Fares aveva 25 anni ed era in Italia da soli 6 mesi. Il 25 aprile del 2021 passeggiava solo per la città. È stato fermato dalle forze dell’ordine, e poco dopo ha perso la vita annegando nella fossa Reale. “Muore fuggendo dalla polizia” dicono i giornali. Le persone a lui vicine si muovono per chiedere giustizia. Testimonianze dicono: “Fares è stato picchiato e buttato, non si è gettato da solo”. Amici sostengono che non si sarebbe mai buttato per sfuggire al controllo, dato che non sapeva nuotare. Vengono richieste le registrazioni della zona, si organizzano presidi. Nulla accade. La vicenda viene silenziata. Il sindaco descrive ogni riferimento al coinvolgimento diretto delle forze dell’ordine come “strumentalizzazione da avvoltoi”.

Khadim Khole era un ragazzo di origini senegalesi, nato e cresciuto in Italia. Il 4 giugno 2021 la polizia viene chiamata in seguito ad un furto in un minimarket, poco dopo muore annegato nel Brenta.

E’ appena iniziato il 2023 e assistiamo alla tragica morte di Oussama Ben Rebha, giovane tunisino di soli 23 anni. Il suo corpo è stato raccolto dal Brenta da dei sommozzatori. Sono le 15:00 del 10 gennaio quando Oussama e i suoi amici vengono fermati dalla polizia per un controllo. Secondo la Questura, alla vista degli agenti che lo avevano fermato, Oussama si sarebbe messo a correre, aggredendo un agente. Sempre secondo la polizia, poco dopo, si sarebbe buttato nel Brenta. Un’amica rilascia una testimonianza: “Lo hanno picchiato, non è vero quello che hanno scritto”. L’amica, che ha assistito in videochiamata, dice che Oussama è stato gettato nel fiume. “Così ci trattano e non è il primo”. L’autopsia viene disposta sette giorni dopo, troppi per evidenziare segni di violenza. La PM, Luisa Rossi, ad oggi non ha fatto richiesta di visionare le immagini riprese dalle videocamere.

Siamo più carta che carne. Il corpo è fatto di documenti, di carte assenti e presenti, che permettono o negano di attraversare quei confini che si confermano come un valore assoluto, intriso di eurocentrismo e colonialità. Quegli stessi confini rappresentano una sfida per gli uomini e le donne libere che vengono da ex paesi colonizzati.

Queste morti tragiche dalle dinamiche incerte provocano il ricordo di una violenza storica già subita dagli algerini di Francia. Il 17 ottobre del 1961 una manifestazione di massa di donne, uomini e bambini cerca di attraversare le strade di Parigi per l’indipendenza dell’Algeria e contro il coprifuoco imposto ai francesi musulmani d’Algeria. Un coprifuoco che utilizzava la profilazione razziale come strumento di controllo dei cittadini Nordafricani. Una violenta repressione poliziesca cercò di impedire la manifestazione ricorrendo ad armi da fuoco, bastoni e manganelli. Ici on noie les algériens, la scritta che comparve sul ponte, come parole di una lapide.

Quasi 200 algerini vengono assassinati e gettati nella Senna, in molti casi ancora vivi e con mani e piedi legati. Molti corpi iniziarono a riemergere dal fiume solo nei giorni seguenti. L’autorità, come da routine nei regimi coloniali, negò il massacro e insabbiò la storia. Solo la memoria dei discendenti delle vittime e il lavoro di alcuni attivisti e storici, come Jean-Luc Einaudi (1991), hanno fatto riemergere dai fondali della Senna la Verità che non può annegare.

Il caso di Oussama e tutte le altre morti per annegamento avvenute in circostanze dubbie, come le morti nei Cpr e sui posti di lavoro, le vite ingoiate nel mediterraneo, gridano Verità e Giustizia. Sta a noi raccogliere questo grido, sentirlo nostro.

A pochi mesi dalla tragica morte di Alika Ogorchukwu torniamo in piazza a manifestare la nostra rabbia. Siamo nuovamente nella condizione di dover rivendicare ciò che nessuno farà per noi, pretendere giustizia e verità per Oussama Ben Rebha e per tuttə, perché la nostra dignità di persone razzializzate passa attraverso la solidarietà alle famiglie e alle comunità, a quella donna che non ha ricevuto condoglianze, a quel figlio che leggerà un giorno queste nostre parole, a suo padre che lo salutò con speranza dalla Tunisia e lo rivedrà rispedito come cartolina dei civilizzatori.

Se non c’è niente da nascondere perché i filmati non vengono immediatamente rilasciati? Come è possibile trovare il corpo della persona morta nello stesso punto in cui si trovava inizialmente la polizia ben 18 ore dopo? Perché aspettare 7 giorni per disporre l’autopsia?

Sono molte le domande prive di risposta necessarie per ottenere Giustizia per Oussama, affinché il suo caso non venga archiviato, come accaduto per Khalid Khole a Fares Shgater.

Invitiamo tutte le persone e le organizzazioni antirazziste a rompere il muro di silenzio e manifestare insieme a noi, sabato 28 gennaio, al fianco della famiglia di Oussama e della comunità tunisina per chiedere Verità e Giustizia.

Firmatari in aggiornamento:

La famiglia di Oussama, Coordinamento Antirazzista italiano, Spazio Catai – Padova, Non Una Di Meno – Padova, Open Your Borders – Padova, Potere Al Popolo, Adl Cobas, Movimento Migranti e Rifugiati Napoli, Cantiere Milano, Spazio Di Mutuo Soccorso Milano, Laboratorio Autogestito Paratod@S – Verona, La Casa del Mondo – Adjebadia, Arbegnouc Urban, Sinistra Progetto Comune, Il Grande Colibrì, Love My Way, Inmenteltaca Aps, Questa è Roma, Ex Opg – Je So Pazzo, Collettivo Rotte Balcaniche Altovicentino, Non Una Di Meno – Reggio Emilia, Assemblea Antirazzista Trento