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Status di rifugiata a vittima di tratta. Il racconto della richiedente trova riscontro negli indicatori, anche in assenza di denuncia penale

Tribunale di L'Aquila, decreto del 12 dicembre 2022

il Tribunale di L’Aquila riconosce lo status di rifugiata ad una cittadina nigeriana che ha raccontato di essere stata vittima di tratta. Il riconoscimento della protezione internazionale si fonda principalmente sulla base della verosimiglianza del narrato della richiedente e sul riscontro delle COI del paese di origine.

La richiedente, infatti, non ha provveduto a sporgere denuncia alle competenti autorità giudiziarie.

Pertanto molto apprezzabile appare la valutazione del Collegio laddove riconosce lo stats motivando che “Nel racconto riportato dalla ricorrente vi sono molti elementi che rappresentano indicatori della tratta di essere umani a fini di sfruttamento sessuale, come confermano le autorevoli fonti internazionali consultate: la ricorrente proviene dall’Edo State, da un contesto familiare destrutturato e molto povero, con un basso livello di istruzione; era molto giovane al momento della partenza; la dichiarazione relativa all’attività svolta fa riferimento a tipologie di lavoro ricorrenti (parrucchiera); durante il viaggio è accompagnata da una persona poco conosciuta; il mancato pagamento del viaggio; il tragitto che presenta caratteristiche tipiche delle rotte utilizzate dalle organizzazioni criminali dedite alla tratta; il passaggio da una persona ad un’altra durante il viaggio (dichiara di essere stata comprata da una donna yoruba); la dichiarazione relativa al suo arrivo in una casa di prostituzione in Libia dove doveva prostituirsi; la scarsa informazione circa l’affrancamento da tale situazione di sfruttamento nel paese di transito.

Appare verosimile che la sua complessiva fragilità la esponga, in caso di rimpatrio, al concreto pericolo di cadere vittima di tratta, di abusi o maltrattamenti, anche in ragione del particolare sviluppo della prostituzione in tutta la regione meridionale della Nigeria (fenomeno assai diffuso proprio nell’Edo State, da cui la stessa proviene) e tenuto conto, comunque, della condizione femminile nel paese di provenienza, notoriamente priva della necessaria tutela per le specificità di genere, e dei conseguenti trattamenti degradanti per la dignità della sua persona; Le donne e le ragazze nigeriane dai 17 ai 28 anni, sono soggette a traffico sessuale in tutta Europa, dove sono sottoposte alla prostituzione forzata, mentre il governo della Nigeria non soddisfa pienamente gli standard minimi per l’eliminazione del traffico, anche se sta facendo sforzi per contrastarlo.

Pertanto, tenuto conto dell’art. 60, par. 1, della Convenzione di Istanbul, che stabilisce che «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che la violenza contro le donne basata sul genere possa essere riconosciuta come una forma di persecuzione ai sensi dell’articolo 1, A(2) della Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 o come una forma di grave pregiudizio che dia luogo a una protezione complementare o sussidiaria “, appare evidente come nel caso di specie la ricorrente, se rimpatriata, corra un rischio concreto e attuale di subire discriminazioni tali da ammontare a persecuzione in ragione della propria appartenenza ad un particolare gruppo sociale“.

Si ringrazia l’avv. Chiara Maiorano per la segnalazione e il commento.


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