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Morte di Wissem Abdel Latif: una raccolta fondi del Comitato per la “verità e giustizia”

Per le spese processuali e far partecipare al processo famiglia e testimoni

Ph: Silvia Di Meo - Rania, sorella di Wissem, a Zarzis continua a chiedere verità e giustizia.

La battaglia del “Comitato verità e giustizia per Wissem Ben Abdel Latif“, il ragazzo tunisino morto il 28 novembre 2021, a 26 anni, legato mani e piedi ad un letto del reparto psichiatrico dell’Ospedale San Camillo di Roma, dopo essere stato prima trattenuto al CPR di Ponte Galeria e poi trasferito all’Ospedale Grassi di Ostia, «procede tra mille ostacoli e con il lavoro immenso dell’avvocato Francesco Romeo».

«Chiedere Verità e Giustizia per Wissem sarà anche più difficile quando aprirà il processo», aggiunge il Comitato che per affrontare le spese processuali e dare la possibilità alla famiglia e agli altri testimoni di partecipare al processo, chiede un piccolo contributo.

Trovate perciò su buonacausa.org una campagna di crowdfunding per sostenere queste spese.

L’appello del Comitato che ricostruisce la vicenda

Wissem Ben Abdel Latif, cittadino tunisino, è morto il 28 novembre 2021, a 26 anni, in un reparto psichiatrico di un Ospedale pubblico italiano, il San Camillo di Roma, dove è stato legato ad un letto di contenzione, mani e piedi, per più giorni consecutivi.

Wissem era già stato legato, all’Ospedale Grassi di Ostia, il 23 novembre, dal quale, il 25 novembre, viene trasferito al San Camillo.

Prima di passare dai due ospedali, precisamente il 13 ottobre 2021, era stato trasferito al Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) di Ponte Galeria (Roma) senza aver mai potuto fare richiesta di protezione internazionale e senza aver compiuto alcun reato. Semplicemente, non ha un permesso di soggiorno ma non gli è stato nemmeno concesso il diritto di chiederlo.

Allo stato attuale risultano iscritti nel registro degli indagati un medico e tre infermieri per i reati di omicidio colposo e falso ideologico in atto pubblico.

La famiglia di Wissem tramite l’Avvocato Francesco Romeo ha presentato una denuncia per sequestro di persona nei confronti di tutti i medici e gli infermieri che si sono occupati di Wissem durante la sua degenza prima all’Ospedale Grassi e dopo all’Ospedale San Camillo; una ulteriore denuncia per omicidio colposo e sequestro di persona è stata presentata nei confronti del primario (è la stessa persona) dei due reparti SPDC del Grassi e del San Camillo.

Questa è una raccolta fondi per contribuire alle spese legali e avere giustizia per Wissem.

I fondi raccolti, serviranno a coprire il viaggio e l’alloggio dei familiari, le perizie medico legale, e tutte le spese legali necessarie. Tutte le donazioni utilizzate verranno riportate su questa pagina e con aggiornamenti sui canali social.

Questo il breve riepilogo della sua storia, consumatasi in meno di due mesi dal suo arrivo in Italia.

Il 2 ottobre 2021 Wissem sbarca a Lampedusa. Al momento dello sbarco risulta orientato nello spazio e nel tempo, non viene accertato alcun disturbo, nemmeno sulla nave quarantena dove viene condotto il giorno successivo per le disposizioni anti-Covid,

Il 13 ottobre 2021 è trasferito su provvedimento del Questore di Siracusa, al Centro per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria senza aver mai potuto fare richiesta di protezione internazionale.All’ingresso nel Cpr risulta ancora orientato nello spazio e nel tempo. Alcuni video girati con un cellulare di uno dei suoi compagni documentano le condizioni di detenzione in cui è costretto con tanti altri migranti a Ponte Galeria, alcuni testimoni raccontano di violenze perpetrate ai suoi danni, lui inizia a evidenziare segni di sofferenza psichica. 

Il 23 novembre 2021 dopo appena due visite effettuate dallo psichiatra del Csm su richiesta della psicologa del Cpr, e dopo 40 giorni di detenzione, Wissem, con una diagnosi di disturbo schizoaffettivo molto affrettata e mai più rivalutata, è inviato al Pronto Soccorso dell’Ospedale Grassi di Ostia e da qui, il 25, trasferito per competenza territoriale, al San Camillo, dove resta durante tutto il ricovero legato su un letto sovrannumerario in corridoio. Non c’è traccia di un colloquio psichiatrico approfondito che inquadri diagnosticamente lo stato psichico di Wissem, cui viene però confermata la diagnosi di ingresso al pronto soccorso. D’altro canto, durante il ricovero, non formalizzato in Tso, Wissem non incontra mai un mediatore culturale, nessuno che consenta di superare almeno la barriera linguistica. 

Il 24 novembre 2021 l’esecutività del provvedimento di respingimento e del provvedimento di trattenimento presso il Cpr di Ponte Galeria è sospesa dal Giudice di Pace di Siracusa. Wissem dovrebbe essere rimesso in libertà, ma nessuno gliene dà notizia, mentre è legato ad un letto nel corridoio del reparto psichiatrico. La contenzione fisica è accompagnata da una terapia psicofarmacologica estremamente pesante, legata a una diagnosi mai verificata clinicamente, determinando l’assurdo logico per cui si annota che il paziente è sottoposto a contenzione in quanto sedato. Wissem resta contenuto e sedato fino alla morte, e nonostante alcuni valori gravemente alterati evidenziati dagli esami clinici potrebbero indicare un pericoloso danno muscolare o cardiaco, al San Camillo non viene nemmeno sottoposto ad un banale elettrocardiogramma. 

All’alba del 28 novembre 2021, Wissem muore per arresto cardio circolatorio, legato ad un letto nel corridoio di un reparto psichiatrico, dopo aver attraversato il Mediterraneo su un barcone, senza mai aver vissuto in Italia un solo momento di libertà, senza aver potuto esercitare i diritti di richiedente asilo, subendo una detenzione amministrativa che sarebbe dovuta cessare prima della sua morte e di cui aveva denunciato le condizioni inumane e l’ingiustizia, subendo un trattamento psichiatrico che discende dall’armamentario manicomiale. L’esame autoptico viene eseguito senza informare i familiari, che sapranno della morte di Wissem solo il 3 dicembre dall’ambasciata.

Il 13 gennaio 2022 il giudice di pace di Siracusa ha annullato definitivamente i provvedimenti di allontanamento e di trattenimento, ma è troppo tardi, Wissem era morto nel frattempo.

La morte di Wissem poteva e doveva essere evitata 

La cartella clinica di Wissem, estremamente scarna, evidenzia molte incongruità e mancanze, una tragica sottovalutazione delle sue complessive condizioni di salute anche rispetto alle terapie somministrate, l’assenza di una rivalutazione della diagnosi psichiatrica, la carenza di adeguati esami diagnostici e l’assenza di colloqui psichiatrici, denotando un ricorso alla contenzione comunque sproporzionato, privo di sufficienti motivazioni e controlli. Non c’è traccia nemmeno della formalizzazione giuridica del ricovero attraverso il trattamento sanitario obbligatorio. 

Legare una persona non può mai essere considerato un atto terapeutico, l’ha stabilito la Cassazione, in questo caso, poi, la contenzione non è nemmeno adeguatamente annotata sugli appositi registri, contravviene le più elementari procedure e linee guida di salvaguardia della salute e dei diritti del paziente, e, per durata e modalità di esecuzione, non può essere riferita ad un ipotetico stato di necessità. 

La morte di Wissem Abel Latif richiama il destino di tante altre tragiche vite spezzate mentre erano legate ai letti, la sofferenza di migliaia di altri uomini e donne costretti in luoghi di internamento che ancora mortificano il diritto alla cura, all’accoglienza, alla libertà. 

Wissem era un giovane in perfetta forma e non aveva mai avuto problemi di salute in Tunisia, come ha dichiarato il padre. 

Per tutte queste ragioni si costituisce il “Comitato verità e giustizia per Wissem Ben Abdel Latif” che chiede, ai rappresentanti istituzionali, ai media, all’opinione pubblica e alla cittadinanza tutta di mobilitarsi perché siano accertate tutte le eventuali responsabilità, colpe, omissioni connesse alla morte di un ragazzo di 26 anni, partito per cercare un futuro migliore che, invece, in Italia, ha subito la sottrazione dei più elementari diritti a morirne, una morte che non può e non deve essere archiviata senza che sia fatta luce su tutto ciò che è accaduto.

Il comitato nasce per volontà della famiglia di Wissem, supportata dal suo legale, dalla campagna LasciateCientrare, dall’Associazione Sergio Piro.