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Annullato il decreto di espulsione: il cittadino albanese era stato identificato alla frontiera mentre rientrava nel suo Paese

Giudice di Pace di Trieste, sentenza del 25 gennaio 2024

Il caso di un cittadino albanese che veniva espulso mentre era alla frontiera per rientrare in Patria.

Il cittadino albanese al fine di mantenere il rapporto di coniugio si tratteneva in Italia lavorando a Milano come manovale, con l’intenzione di ottenere il permesso di soggiorno per coesione in sede ed al fine di predisporre tutta la necessaria documentazione per ottenere il permesso di soggiorno per coesione con il coniuge regolarmente soggiornante, decideva di fare rientro in Albania spontaneamente ed all’uopo acquistava il biglietto dell’autobus tratta Milano-Tirana.

Durante il viaggio l’autobus veniva fermato al valico di frontiera di Fernetti, tra l’Italia e la Slovenia, ed a seguito di controllo a bordo da parte della Polizia di Stato veniva trovato sprovvisto di un titolo autorizzatorio per stare in Italia, sicché veniva condotto presso la Questura di Trieste ed ivi trattenuto. In data 02.10.2023, il Prefetto di Trieste, decretava l’espulsione dal territorio nazionale mediante l’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ed in pari data il Questore di Trieste, in esecuzione del decreto di espulsione ne disponeva l’accompagnamento coattivo che il GdP di Trieste convalidava ed in data 03.10.2023 veniva rimpatriato via aereo a Tirana.

Il decreto di espulsione veniva impugnato e veniva affidato a diversi motivi di impugnazione ed in particolare si eccepiva:

  • la violazione e la falsa applicazione dell’art. 13 comma 2-ter D.Lgs. 287/98;
  • violazione della Direttiva 2008/115/CE;
  • violazione art. 13, comma 2 bis TUIMM;
  • violazione dell’art. 8 Cedu.

L’art. 13 comma 2-ter, introdotto dalla L. 129/2011, prevede che “L’espulsione non è disposta, né eseguita coattivamente qualora il provvedimento sia stato già adottato, nei confronti dello straniero identificato in uscita dal territorio nazionale durante i controlli di polizia alle frontiere esterne”.
Nel caso de quo la procedura espulsiva adottata era difforme a quella prevista e disciplinata dall’art. 13, comma 2-ter TUIMM.  

Il caso del ricorrente può ritenersi un classico caso di scuola che pone in evidenza le peculiarità della Direttiva 2008/115/CE, recepita dallo Stato italiano, e nella quale in particolare, sono disciplinati: l’esclusione del reato di ingresso e soggiorno illegale per lo straniero, in uscita dal territorio nazionale, identificato durante i controlli di frontiera; l’esclusione dell’espulsione per lo straniero irregolare identificato alla frontiera.

Si tratta di un particolare favore riconosciuto allo straniero che, sebbene irregolare, abbia deciso spontaneamente di lasciare il territorio, ciò evita, dapprima, che nei suoi confronti sia adottato un provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica con divieto di reingresso, e per lo Stato che viene lasciato, la possibilità di un risparmio delle risorse pubbliche per il suo rimpatrio che si avrebbero con l’udienza di convalida innanzi al GdP, i costi del trattenimento ed i costi del viaggio dello straniero e della scorta.

Il Prefetto di Trieste aveva adottato il decreto di espulsione in violazione dell’art. 13 comma 2 bis, così come interpretato dalla recente giurisprudenza di legittimità. È noto che l’art. 13, comma 2-bis, del d.lgs. 286/98 prescrive che nell’adottare un decreto espulsione per ingresso o soggiorno irregolare (ipotesi riconducibili all’art. 13, co. 2, lett. a) e b), d.lgs. 286/98) nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, ovvero del familiare ricongiunto, si debba tenere conto della natura e dell’effettività dei legami familiari, della durata del soggiorno in Italia, nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali dello straniero con il suo Paese di origine.

In tali casi, l’amministrazione prima, ed eventualmente il giudice dopo, debbono effettuare un bilanciamento in concreto e caso per caso tra l’interesse pubblico all’allontanamento dello straniero irregolare e la situazione familiare in cui versa l’espellendo, sicché la potestà espulsiva non è automatica. Inoltre, ed è l’aspetto di maggior rilievo per la novità della decisione, la Cassazione dà atto che il d.l. 20/2023, convertito nella l. 50/2023, ha abrogato il terzo e quarto periodo dell’art. 13, co. 1.1., ma ha altresì sancito l’irretroattività della novella rispetto alla data di entrata in vigore del d.l. stesso. Ma, soprattutto, l’ordinanza in esame afferma il seguente principio di diritto “in ogni caso, il diritto a rispetto alla vita privata e familiare non solo è rimasto in vita nell’art. 5, co. 6, TUI, ma continua ad essere tutelato dall’art. 8 CEDU e rientra in quel catalogo aperto dei diritti fondamentali (cfr. Cass. SSUU 24413/2021) connessi alla dignità della persona e al diritto di svolgere la propria personalità nelle formazioni sociali, tutelati dagli artt. 2, 3, 29,30 e 31 Cost., trovando dunque il suo fondamento in fonti sovraordinate rispetto alla legislazione ordinaria“.

Il Gdp di Trieste all’esito della camera di consiglio accoglieva il ricorso ed annullava il decreto prefettizio impugnato.  

Si ringrazia l’avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.