Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Foto twitter: Association Alouen
/

«In Algeria la mia vita è in pericolo»: la storia di una persona trans a cui l’Italia dovrebbe riconoscere l’asilo

Nel paese di origine lo stigma sociale è opprimente e il rischio per la propria vita è alto

Start

Ha un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, ma non si sente al sicuro: la testimonianza di una persona trans che lotta contro le oppressioni e vuole essere libera.

Lina 1 viene dall’Algeria, è arrivata nel nostro paese negli anni Novanta con un aereo e la speranza di trovare un posto dove costruirsi un futuro. Ci incontriamo un caldo pomeriggio di settembre, tra la folla della stazione di Termini. Ha scritto alla redazione di Melting Pot perché ha “perso le speranze”, mi racconta. Anche dopo aver ottenuto quella che prima era conosciuta come protezione umanitaria, qui ha trovato precarietà, sfruttamento e discriminazioni che non le hanno permesso di raggiungere una situazione stabile.

Lina è una donna transgender, e in Algeria non è al sicuro. Scappa durante il “Decennio nero” (1992-2002), quando alcuni gruppi islamisti cercano di imporre la loro rigida interpretazione della religione, anche tramite attentati, uccisioni, arresti. Se le donne risentono fortemente gli effetti di questa ondata repressiva, la comunità LGBTQ+ è particolarmente a rischio. La situazione in realtà non è migliorata molto neanche dopo la fine della guerra civile: l’Algeria è attualmente classificata come paese non-friendly per i diritti LGBTQ+, con un codice penale risalente al 1966 che prevede fino a 2 anni di reclusione e multe salate per chi ha rapporti con persone dello stesso sesso 2. Per una persona trans, lo stigma sociale è opprimente e il rischio per la propria vita è alto: Lina ha 21 anni quando decide di salire su un aereo per l’Italia.

Da allora vive a Roma, in un contesto certamente più sicuro del paese in cui è cresciuta. Ma le difficoltà che ha attraversato sono enormi: quando arriva non ha dei soldi né un posto dove stare, per un periodo vive per strada. Per vivere, pagare la terapia ormonale e mettere da parte i soldi per la transizione, decide di prostituirsi. Ha fatto questo lavoro per anni, ma a malincuore: minacce, molestie, abusi e rapine sono realtà purtroppo frequenti a cui moltissime sex workers sono esposte.

È difficile trovare legali che la sostengano nella battaglia per il riconoscimento dei documenti e della sua identità, persino che non mettano in dubbio la sua storia. Dopo tante false promesse e porte in faccia, riesce ad accedere a un supporto legale tramite un’associazione per i diritti LGBTQ+, e a ottenere la protezione speciale per ragioni umanitarie e la carta d’identità. Finalmente, riesce ad andare in Spagna per l’operazione di transizione. Ma nonostante gli anni che passano, trovare una casa e un lavoro sicuro rimane l’ostacolo maggiore: manca la stabilità economica, e gli affittuari sono diffidenti verso gli immigrati. Per un periodo si fida dell’aiuto di una persona, che finisce poi per rubarle i suoi risparmi.

Anche la situazione legale rimane precaria: non le viene riconosciuto lo status di rifugiata e un diritto di residenza a lungo termine. Lo scorso agosto, ha appuntamento in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno. Quando arriva il suo turno, però, le dicono di tornare ad aprile 2024. “Ma non è detto che nel 2024 lo rinnoveranno”, mi dice. Si sente più insicura a causa delle ultime disposizioni in materia migratoria del governo italiano, che vuole abolire protezione speciale per motivi umanitari. L’avvocato che l’aveva seguita non risponde più a mail e chiamate, le associazioni con cui è in contatto le dicono di aspettare, si sente abbandonata.

Di certo, in Algeria non può tornare: da donna trans e persona non credente, i rischi sarebbero troppi. Il passaporto con cui è arrivata è scaduto e riporta ancora il nome di nascita. All’ambasciata algerina non è possibile ottenere un nuovo passaporto con il nome che ha scelto, come riportato sulla sua carta d’identità italiana. A dimostrare maggiore intransigenza, mi racconta amareggiata, è un’impiegata italiana dell’ambasciata, che l’ha trattata con diffidenza quando è andata a informarsi.

Quello che fa più soffrire, dopo tutti questi anni, è la paura di non poter progettare il futuro, di dover dipendere dagli altri. Al momento è in affitto, una persona ha deciso di aiutarla con le spese. Questa mancanza di autonomia la fa sentire sempre in debito, non vuole che questa situazione duri a lungo. Vorrebbe lavorare e potere mantenersi da sola, ma in Italia le donne transgender sono molto spesso relegate all’unico ruolo in cui la società le accetta, quello di prostitute.

Ha pensato di lasciare l’Italia, forse in altri paesi potrebbe trovare un alloggio e un lavoro. Si è messa in contatto con un’associazione francese che fornisce un supporto per persone in situazioni simili alla sua. Le dicono però di aspettare, poi le propongono un posto di lavoro come badante in Germania. “Ma non me la sono sentita: imparare una nuova lingua alla mia età, lasciare tutto quello che ho qui”. Inoltre, con il documento attualmente scaduto ha paura di spostarsi: già altre volte alla frontiera francese ha avuto problemi con la polizia.

Le oppressioni che Lina ha affrontato come immigrata e donna trans dimostrano quanto ancora un riconoscimento vero di protezione sia ancora, per tante persone, un miraggio. Il dover sempre rinnovare i documenti, cercare aiuto e non poter avere un’indipendenza economica significa rivendicare continuamente la propria esistenza di fronte a una società che non ti vuole vedere. Lina è stanca, ma è determinata a continuare la sua lotta per i diritti e la dignità.

  1. Il nome usato è di fantasia per tutelare la privacy della persona che ci ha raccontato questa testimonianza.
  2. Equaldex classifica l’Algeria al 175 posto su scala globale: https://www.equaldex.com/region/algeria

Laura Morreale

Sono laureata in Mediazione linguistica e culturale all'Università per Stranieri di Siena e in Scienze delle lingue, storia e culture del Mediterraneo e dei Paesi Islamici presso l’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”.
Mi interessa di mondo arabo-musulmano, migrazioni e contesti multiculturali.