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Pozzallo, le nuove norme sulla detenzione per i richiedenti asilo contrarie alle norme UE e alla Costituzione italiana

Tribunale di Catania, ordinanza del 29 settembre 2023

Pozzallo, foto di archivio dell'hotspot

Trattenere chi chiede protezione senza effettuare una valutazione su base individuale e chiedendo una garanzia economica (i famosi 4.938,00 euro) come alternativa alla detenzione è illegittimo. Lo afferma il Tribunale di Catania alla luce della giurisprudenza e della normativa nazionale e dell’art. 10 della Costituzione italiana.

Il 29 settembre 2023 presso la Sezione Specializzata del Tribunale di Catania si sono tenute le prime udienze di convalida di richiedenti asilo trattenuti nel nuovo “Centro per il Trattenimento dei Richiedenti Asilo” di Pozzallo alla luce delle disposizioni del Decreto Ministeriale 14 settembre 2023 (G.U. 21 settembre 2023, n. 221) che prevedono il trattenimento dei cittadini stranieri provenienti da Paesi cd sicuri che chiedono protezione internazionale se non presentano personalmente una garanzia finanziaria di € 4.938,00.

In tale sede la Giudice non ha convalidato il trattenimento di un cittadino tunisino, ritenendolo illegittimo alla luce del diritto comunitario e della Costituzione italiana.

Si tratta di una delle prime applicazioni delle norme introdotte in Italia nei giorni scorsi, di cui viene confermata la mancata coerenza ai principi statuiti dalla nostra Costituzione e dalla Direttiva UE 2013, come già denunciato dall’ASGI e da diverse associazioni ed esponenti della società civile.

In primo luogo la Giudice ha ricordato che la normativa interna in vigore da una settimana, sulla garanzia finanziaria per evitare il trattenimento, è incompatibile con quella dell’Unione europea e va disapplicata dal giudice nazionale, perché non prevede una valutazione su base individuale della situazione di chi chiede protezione internazionale in Italia e proviene da un Paese cd. sicuro, come chiarito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea – Grande Sezione- nella sentenza 8 novembre 2022 (cause riunite C-704/20 e C-39/21).

Il provvedimento di trattenimento del Questore – ricorda la giudice – deve essere corredato da idonea motivazione ed è necessario valutare le esigenze di protezione manifestate, in base anche alla necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive. Al contrario, la garanzia finanziaria imposta dal D.M. 14 settembre 2023 al richiedente asilo proveniente da un Paese cd sicuro non può essere considerata misura alternativa al trattenimento, ma un requisito amministrativo imposto per il solo fatto che chiede protezione internazionale, violando le norme sull’accoglienza previste all’art. 6 – bis del D. Lgs 142/2015 prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE.

La giudice ricorda che un trattenimento può essere giustificato soltanto al fine di consentire allo Stato membro interessato di esaminare, prima di riconoscere al richiedente protezione internazionale il diritto di entrare nel suo territorio, se la sua domanda non sia inammissibile, o se essa non debba essere respinta in quanto infondata a seguito di una procedura accelerata al fine di garantire l’effettività delle procedure previste dalle norme comunitarie. Pertanto il Presidente della competente Commissione Territoriale deve avere assunto una decisione, che nel caso esaminato non è stata adottata, circa la procedura da seguire. 

Infine, secondo il Tribunale di Catania le norme sulla detenzione dei richiedenti asilo provenienti da Paesi cd sicuri sono in contrasto con l’art. 10 comma 3 della Costituzione italiana che garantisce comunque il diritto d’ingresso del richiedente asilo (come chiarito anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 26 maggio 1997, n. 4674). Nell’ordinanza del Tribunale di Catania si afferma, dunque, che “alla luce del principio costituzionale fissato da tale articolo, deve infatti escludersi che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale” .

“Si tratta di una decisione che, in maniera chiara e giuridicamente ineccepibile, conferma la prevalenza della Costituzione e della normativa europea sui tentativi di strumentalizzare l’arrivo di persone in cerca di protezione in Italia” è il commento dell’ASGI.

“L’attuale Governo, in un solo anno, è intervenuto con nove atti normativi sul diritto dell’immigrazione e dell’asilo, trasponendo all’interno dell’Ordinamento giuridico la confusione politica, l’incapacità amministrativa di affrontare il fenomeno migratorio e pulsioni autoritarie degne delle più buie epoche storiche. E’ un pessimo modo di legiferare che deriva da uno sbagliato approccio politico e da una irrazionale risposta ad un fenomeno ordinario della nostra società. Il Governo fa finta di ignorare che ciò che manca in Italia è una nuova politica sugli ingressi regolari, non certamente la necessità di comprimere ancora i diritti delle persone”, conclude l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione.

Le motivazioni della sentenza

1. In base alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea – Grande Sezione- nella sentenza 8 novembre 2022 (cause riunite C-704/20 e C-39/21), gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE devono essere interpretati nel senso che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità. In secondo luogo, il trattenimento non può aver luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura” (CGUE (Grande Sezione), 14 maggio 2020, cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU).

2. Ritenuto che la normativa interna risulta, dunque, incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale ( Corte cost., 11 luglio 1989, n. 389), la Giudice ritiene che il provvedimento del Questore non sia corredato da idonea motivazione;

3. Osserva che difetta ogni valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive;

4. Ritiene, inoltre, che l’art. 6 – bis del D. Lgs 142/2015 prevede una garanzia finanziaria che non si configura come misura alternativa al trattenimento, ma come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale;

5. Ritiene, inoltre, che il D.M. 14 settembre 2023, prevedendo che la garanzia finanziaria sia idonea quando l’importo fissato possa garantire allo straniero, per il periodo massimo di trattenimento, pari a quattro settimane (ventotto giorni), la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale, della somma occorrente al rimpatrio e di mezzi di sussistenza minimi necessari, determinando in 4938,00 euro l’importo per la prestazione della garanzia finanziaria per l’anno 2023, da versare in un’unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa, e precludendo la possibilità che esso sia versato da terzi, non è compatibile con gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33, come interpretati dalla Corte di Giustizia nella sentenza sopra citata;

6. Nella specie, il richiedente ha fatto ingresso nel territorio italiano in data 20.09.2023 dalla frontiera di Lampedusa e che lo stesso è stato poi condotto a Pozzallo, ove il 27 settembre 2023, ha presentato domanda di protezione internazionale in seguito alla quale è stato disposto il suo trattenimento; il considerando 38 della direttiva 32/2013UE non autorizza, salve le ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 43, l’applicazione della procedura alla frontiera, presupposto, nella specie, della misura del trattenimento, in zona, diversa da quella di ingresso, ove il richiedente sia stato coattivamente condotto in assenza di precedenti provvedimenti coercitivi;

7. Ritiene che, a norma dell’art. 43, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, un trattenimento fondato sulla disposizione di cui all’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera c), della Direttiva 33/2013/UE è giustificato soltanto al fine di consentire allo Stato membro interessato di esaminare, prima di riconoscere al richiedente protezione internazionale il diritto di entrare nel suo territorio, se la sua domanda non sia inammissibile, ai sensi dell’articolo 33 della direttiva 2013/32, o se essa non debba essere respinta in quanto infondata per uno dei motivi elencati all’articolo 31, paragrafo 8, di tale direttiva, e ciò al fine di garantire l’effettività delle procedure previste dal medesimo articolo 43; che, pertanto, il Presidente della competente Commissione Territoriale deve avere assunto una decisione, nella specie mancante, circa la procedura da seguire;

8. Ritiene, infine, che, in ogni caso, l’art. 8, lett. c) della direttiva 2013/33/UE va interpretato alla luce del principio sancito dall’art. 10, co. 3, Cost., nel significato chiarito dalle SS. UU. nella Sentenza 26 maggio 1997, n. 4674 ; alla luce del principio costituzionale fissato da tale articolo, deve infatti escludersi che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale.

Si ringrazia Riccardo Campochiaro per il commento e la segnalazione (tratto da ASGI).