Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
PH: Francesco Patrinostro (Unsplash)

Il privilegio del passaporto

Quanto vale la libertà?

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I termini “migrazioni” e “migranti” sono quelli utilizzati soprattutto per parlare delle persone che provengono, principalmente, dal Sud America, dall’Africa, dal Medio Oriente e dal Sud dell’Asia.

Per indicare invece lo spostamento delle persone che provengono dagli Stati Uniti, dal Giappone o dai Paesi dell’Unione Europea, i termini utilizzati sono principalmente “viaggio”, “expat”, “fuga di cervelli”.

Questa asimmetria linguistica utilizzata per descrivere la mobilità umana ci suggerisce che esiste una disparità non solo dettata dalla percezione che si ha delle persone che “si spostano” ma anche, evidentemente, dal privilegio della nazionalità del Paese di provenienza. Tale privilegio dipende non solo dalla ricchezza del Paese in cui si nasce – al netto di tutte le disparità sociali che troviamo anche all’interno dei Paesi ricchi -, ma dal passaporto.

Tutti i passaporti sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri

Nonostante la definizione di passaporto sia generalmente nota, difficilmente ci si sofferma a riflettere sulla potenza di un documento simile e sul suo significato. Il passaporto viene utilizzato per viaggiare da un Paese all’altro, è il lasciapassare, per l’appunto, per poter superare i confini e raggiungere la destinazione desiderata.

Tuttavia, il passaporto è un’invenzione piuttosto recente. Nell’inchiesta Passaporti d’oro (o The man Who knows no boundaries), scritta dal giornalista Hannes Grassegger su Das Magazin e tradotta da Internazionale, si legge: “solo nella metà del ‘900 si è imposto l’obbligo del visto e quindi anche di dimostrare la cittadinanza. Storicamente, il passaporto […] è l’evoluzione dell’antico salvacondotto che garantiva una protezione ai nobili o ai loro emissari”. E ancora, “la ricercatrice Ayelet Schachar – giurista, Università di Toronto – parla di una lotteria dei passaporti in cui il paese di nascita condanna la maggioranza dell’umanità a stare tra i perdenti”. 

In effetti, se si osserva la classifica aggiornata del Global Passport Power Rank 2023, si noterà che tra i primi sette spiccano principalmente i Paesi nord occidentali – l’Italia è tra i passaporti che si trovano al secondo posto.

L’unica eccezione sono gli Emirati Arabi Uniti (EAU) che si trovano al primo posto della classifica, infatti: “gli EAU hanno battuto paesi del calibro di Germania, Svezia, Finlandia e Lussemburgo nell’ultima classifica, anche se questi paesi sono tutti tra i primi cinque”, riporta la giornalista Natasha Turak sulla testata CNBC. In sostanza, se si è titolari di un passaporto degli EAU, è possibile viaggiare in un numero enorme di paesi senza visto e in molti altri è possibile ottenere un visto direttamente al proprio arrivo: la popolazione espatriata ammonta a circa l’88,52%, ovvero 9,0 milioni, mentre i cittadini emiratini ammontano solo all’11,48%, ovvero 1,17 milioni, secondo le statistiche del Global Media Insight.

A differenza di persone di nazionalità siriana, nigeriana, sudanese o pakistana, ad esempio, una persona di nazionalità emiratina può entrare nell’area Schengen senza dover chiedere il visto e ciò dipende principalmente dalle relazioni economico-diplomatiche tra gli EAU e l’Unione Europea (UE), costituiti da accordi bilaterali per l’approvvigionamento di energia e il commercio – chiudendo, tuttavia, un occhio sulle violazioni dei diritti umani che si consumano quotidianamente nel ricco Paese del Golfo.

L’assenza di vie legali effettivamente percorribili per entrare nei Paesi UE, l’impossibilità di ottenere visti di viaggio presso le ambasciate dei Paesi europei stanno alla base della creazione di un doppio binario: uno è quello percorso  dalle persone costrette, ad esempio, a dover attraversare la pericolosa rotta del Mediterraneo, oppure cercare di oltrepassare i confini dalle rotte balcaniche (affrontando respingimenti violenti e illegali da parte delle autorità di frontiera). L’altro è il binario di prima classe e a cui i Paesi europei aprono le porte, ed è percorso da coloro che possono permettersi di acquistare i cosiddetti visti o passaporti d’oro. 

Passaporti e visti d’oro

Come anticipato, se per la maggior parte delle persone provenienti dai Paesi del Sud Globale viaggiare in Europa legalmente risulta essere una corsa a ostacoli impossibile da superare, le procedure per ottenere visti e passaporti sono molto più semplici per alcune categorie di persone. Tali operazioni sono possibili per via di determinati schemi dell’area Schengen, come viene spiegato nel sito ufficiale della stessa: il Golden Visa è un programma di immigrazione che garantisce a persone facoltose un permesso di soggiorno in un paese straniero in cambio di un importante investimento. Il Golden Passport, invece, è un programma che garantisce [l’acquisizione] della cittadinanza e del passaporto del paese in cui si investe. In entrambi i casi, solitamente, all’investitore/trice non è richiesto di vivere a tempo pieno nel paese in cui ha investito. 

Per poter beneficiare di un visto d’oro o di un passaporto d’oro in Europa, l’investimento dovrebbe essere piuttosto elevato: si tratta di una somma che varia dai centinaia di migliaia ai milioni di dollari. A questo proposito, nel 2018, la coalizione Transparency International, ha pubblicato un rapporto dal titolo European Getaway 1 in cui è stato analizzato l’elevato rischio di corruzione generato dagli schemi Golden Visa e Golden Passport. Innanzitutto, si legge nel rapporto, almeno dal 2008 al 2018, nell’UE, 6 mila cittadini stranieri hanno ottenuto la cittadinanza e quasi 100 mila hanno ottenuto la residenza UE attraverso visti e passaporti d’oro. “Spagna, Ungheria, Lettonia, Portogallo e Regno Unito (prima della Brexit, l’uscita di quest’ultimo dall’Ue) hanno concesso il maggior numero di visti d’oro – oltre 10.000 ciascuno – agli investitori e alle loro famiglie. Seguono Grecia, Cipro e Malta”. I programmi dei visti d’oro, sempre nel medesimo arco di tempo, hanno attirato circa 25 miliardi di euro in investimenti diretti esteri. 

Tuttavia, come riporta la Transparency International, sebbene tali schemi siano legali, il rischio di corruzione deriva dalla scarsa trasparenza degli Stati UE (ad esempio, si legge nel rapporto, nessuno dei Paesi UE ha reso pubblica la lista degli investitori tranne Austria e Malta), sia perché – analizzando in modo particolare i casi di Cipro, Malta e Portogallo – è stata riscontrata una grave carenza sui dovuti controlli nei confronti di chi richiede tali documenti. 

Via European Getaway (2018)

Sia perché, come viene spiegato nel rapporto, gli schemi per l’ottenimento dei visti d’oro sono altamente desiderabili per chiunque abbia a che fare con la corruzione, in quanto offrono l’accesso a un rifugio sicuro – “e non soltanto in termini di stile di vita di lusso, quanto ad esempio in campo bancario, dove un cliente munito di passaporto UE si troverà in una posizione agevolata rispetto a chi proviene da un Paese considerato a rischio o sottoposto a sanzioni”, come ha spiegato il giornalista Duccio Facchini su Altreconomia.

Dell’alto rischio di vendere visti e passaporti d’oro a ricchi investitori senza i dovuti controlli, ha molto parlato il Guardian che ad esempio, nel 2017, nell’articolo Corrupt Brazilian tycoon among applicants for Portugal’s golden visas ha riportato diversi casi di imprenditori brasiliani condannati, o accusati di corruzione, che hanno acquistato proprietà in Portogallo con il fine di ottenere visti d’oro. Di seguito alcuni esempi (tra i tanti): Otavio Azevedo, un ricco imprenditore brasiliano condannato a 18 anni di carcere per corruzione. Due anni prima del suo arresto, Azevedo aveva acquistato una proprietà da 1,4 milioni di euro a Lisbona e successivamente aveva chiesto un visto d’oro nel 2014; Pedro Novis, ex presidente e amministratore delegato di Odebrecht, la più grande impresa di costruzioni del Sud America, ha acquistato nel 2013 una proprietà da 1,7 milioni di euro a Lisbona. Questo acquisto è stato la base per la sua richiesta di visto d’oro presentata alla fine del 2013. La società è stata accusata di molteplici reati di corruzione in tutta l’America Latina; Carlos Pires Oliveira Dias, vicepresidente del gruppo edile Camargo Correa, ha investito 1,5 milioni di euro in Portogallo nell’ambito del programma Golden Resident nel 2014 – il gruppo Camargo Correa è stato anche collegato allo scandalo Car Wash (operazione della polizia federale brasiliana su gravi reati legati alla corruzione). Oliveira Dias ha confermato di aver ottenuto il visto d’oro.

L’UE “corre ai ripari

Nel 2020 la Commissione Europea ha dato avvio a due procedimenti di infrazione rispettivamente contro Cipro e Malta ritenendo che la concessione della cittadinanza UE in cambio di pagamenti o investimenti predeterminati, senza alcun legame reale con lo Stato membro interessato, fosse in violazione del diritto dell’UE – in particolare dell’articolo 4(3) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

La stretta sulla vendita dei passaporti d’oro si è ulteriormente intensificata in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, per impedire agli oligarchi russi – che già prima usufruivano dei programmi Golden Visa e Golden Passport, in particolare attraverso i programmi di Cipro – di entrare in UE. Nell’inchiesta “Passaporti d’Oro” del giornalista Grassagger, viene spiegato che all’inizio della guerra, molti cittadini russi benestanti hanno quindi acquistato il passaporto turco: “non uno falso, si badi”, spiega Grassager, “ma quello che si ottiene legalmente in cambio di denaro. La questione in Turchia è regolata dall’articolo 12 della legge n. 5901 sulla cittadinanza, in base alla quale, per diventare turchi, bisogna dimostrare di aver comprato immobili in Turchia per un valore minimo di 400 mila dollari oppure di aver creato cinquanta posti di lavoro o di aver portato in Turchia mezzo milione di dollari investendo in imprese turche per un minimo di tre anni”.

Nel 2022, riporta il Middle East Monitor, 5 mila cittadini russi hanno acquistato la cittadinanza turca allo scoppio della guerra in Ucraina, specie a seguito delle pesanti sanzioni imposte dai Paesi occidentali. Nell’inchiesta Cyprus Papers (2020) della testata Al Jazeera, è stato rivelato che 2.500 cittadini milionari, inclusi criminali già condannati, hanno ottenuto la cittadinanza cipriota tramite investimento. 

Diversi Paesi europei hanno successivamente deciso di porre restrizioni sui programmi Golden Visa o Golden Passport, come riporta Euronews: nel febbraio 2023, l’Irlanda ha eliminato il suo programma di visti d’oro – l’Immigrant Investor Program – che offriva la residenza irlandese in cambio di una donazione di 500 mila euro o di un investimento triennale annuale di 1 milione di euro nel paese; nello stesso mese il primo ministro portoghese António Costa ha annunciato l’intenzione di porre fine al programma di residenza per contrastare la speculazione sui prezzi immobiliari e sugli affitti.

Nel mese di settembre 2023, il Portogallo ha definitivamente chiuso il programma Golden Visa, pur concedendo il rinnovo dei visti d’oro già acquisiti.

Anche l’Italia ha il suo programma Golden Visa (o Visto per Investitori). I beneficiari devono investire almeno 500 mila euro (250 mila euro se si tratta di start-up innovative) in una società per azioni italiana, un contributo di beneficenza di 1 milione di euro a favore di un ente impegnato in un settore specifico come quello dei beni culturali o paesaggistici, o in titoli di Stato per un importo di almeno 2 milioni di euro.

Benché per l’ottenimento della cittadinanza sia necessario comunque aver maturato i 10 anni di residenza, se si è cittadini extra-UE, e si possiede il denaro necessario, è possibile ottenere un visto di durata biennale (con possibile rinnovo di altri tre anni). L’Italia ha inoltre sospeso i visti d’oro per coloro che sono di cittadinanza russa o bielorussa con un anno di ritardo rispetto ai provvedimenti UE. 

Conclusione: un mercato che si espande mentre le disuguaglianze aumentano

Henley & Partners, Arton Capital, Cs global partners, PwC sono solo alcune delle aziende di consulenza che agiscono da intermediarie tra cittadini stranieri milionari e i Paesi con programmi Golden Visa o Golden Passport desiderabili. “Secondo le stime di Kristin Surak, sociologa della London School of Economics”, scrive Grasseger nella sua inchiesta, “ogni anno nel mondo si ottengono circa 25 mila cittadinanze in cambio di denaro”.

E mentre le persone ricche continuano a godere del diritto alla libertà di movimento, tutte le altre non hanno diritto di avere diritti: dall’ennesimo rigetto di visto dalle ambasciate dei Paesi UE fino ai respingimenti sistematici alle frontiere, dalla criminalizzazione strutturale che le conduce nei centri di detenzione fino alla stipulazione di accordi bilaterali con Libia e Tunisia (nonostante le gravi violazioni dei diritti umani di queste ultime ai danni delle persone migranti).

Non si potrà mai parlare del rispetto dei diritti fondamentali di ogni cittadino/a finché l’accesso a questi ultimi viene garantito solo a chi può permetterselo.

  1. Scarica il rapporto (eng)

Oiza Q. Obasuyi

Sono attualmente contributor di CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) per il progetto Open Migration. Dottoressa in Relazioni Internazionali (Università degli Studi di Macerata), i miei articoli sono apparsi in diverse testate online come The Vision, Internazionale, Jacobin Italia. Mi occupo di migrazioni, diritti umani e razzismo sistemico.