Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

La stretta repressiva e securitaria della politica migratoria del governo Meloni – II parte

Un focus tra assenza di governance nazionale ed europea e propaganda populista e xenofoba

Start

A fronte dello stato dell’arte italiano ed europeo rispetto alla questione migratoria illustrato nella prima parte, possiamo adesso meglio comprendere ed analizzare la situazione di crisi che si è venuta a creare, come ormai ciclicamente avviene da decenni, nell’isola siciliana di Lampedusa con l’arrivo in pochi giorni di quasi 10.000 persone provenienti dalla Tunisia su barchini di fortuna (dal 16/08 al 15/09 sono arrivate 26.269 persone).

Va detto che, per quanto si tratti di numeri notevoli considerando le dimensioni dell’isola e che in Italia ad oggi siano arrivati più di 120mila persone migranti a fronte di circa 105mila in tutto il 2022, questi numeri in realtà sono ben inferiori a quelli registrati nel 2015 a seguito della crisi migratoria successiva agli sconvolgimenti delle “Primavere Arabe”. Per di più è ormai chiaro che si tratti di momenti di crisi ed emergenza annunciati e frutto di una scelta politica in quanto nulla si è fatto per fronteggiare e gestire un fenomeno con misure che non fossero securitarie, emergenziali e dettate dal momento contingente, lasciando un vacuum politico enorme per tutto ciò che dovrebbe riguardare l’impianto a lungo termine dell’accoglienza e gestione degli arrivi. Vien da pensare che tutto ciò si leghi, oltre che a incapacità di comprendere ed affrontare un fenomeno globale e complesso che di certo non può essere fermato né “risolto” con soluzioni semplicistiche e demagogiche, alla volontà di alimentare il sentimento complottista e il tema-feticcio delle migrazioni (e dei migranti) come capro espiatorio di tutti i problemi della società, di fatto politicizzando il tema e non dando risposte ed analisi pragmatiche al fenomeno, evitando altresì di assumersi alcuna responsabilità. 

Tra l’altro, benché non si possa né governare né fare approfondimenti esclusivamente tramite i numeri, per meglio contestualizzare gli arrivi di questi giorni tramite la rotta del Mediterraneo va detto che l’Italia nel 2022 è risultata quinta in Europa per numero di richieste d’asilo e diciassettesima per numero di richiedenti asilo in rapporto alla popolazione nello stesso anno. Dunque, appare ancora più ipocrita l’atteggiamento del governo che grida all’emergenza ed al complotto internazionale chiedendo che “l’Europa si assuma le proprie responsabilità”, quando al contempo si stringono legami di amicizia con i paesi europei più refrattari all’accoglienza di richiedenti asilo e migranti (per dovere di cronaca sottolineiamo che l’Ungheria ha costruito piuttosto muri con filo spinato attuando respingimenti coatti illegali e non ha accolto profughi nemmeno dopo la crisi ucraina) e si accusano coloro che dovrebbero essere i nostri più forti alleati di voler innescare un’invasione in Italia, abbandonandola a sé stessa. 

L’aumento e concentrazione degli arrivi sull’isola si spiega inoltre con una molteplicità di fattori: la situazione di regressione democratica e la politica xenofoba di “caccia all’africano subsahariano” portata avanti da Saied, che nonostante l’accordo di giugno accolto come un successo non è in grado di controllare le proprie frontiere, gli eventi climatici estremi avvenuti in Libia che hanno fatto spostare molti migranti su un’altra rotta, l’assenza di gran parte navi Ong nel Mediterraneo a causa dei decreti criminalizzanti dei diversi governi che impediscono il soccorso di imbarcazioni in difficoltà, le condizioni meteo favorevoli alla traversata, la vicinanza tra Sfax e Lampedusa.

A fronte quindi di una situazione che ha visto crescere divisioni interne al governo, tensioni tra Questure e Prefetture, oltre che tra cittadini e istituzioni, e che come al solito ha avuto come vittime e oggetto di accuse e strumentalizzazioni le persone migranti stesse, il governo italiano di estrema destra ha risposto con l’ennesimo DL (124/2023) pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 219 il 19 settembre u.s. che ben si riallaccia al decreto 20/2023 convertito in legge (50/2023) di cui abbiamo parlato precedentemente.  La legge 50 infatti aveva già modificato e smantellato gran parte del sistema di accoglienza italiano, stabilendo che i richiedenti asilo, fatta eccezione di alcune nazionalità arrivate con canali umanitari come afghani, siriani e ucraini e dei soggetti vulnerabili, non potranno più accedere al percorso di integrazione ed accoglienza di primo e secondo livello 1, ma dovranno essere trattenuti in Centri temporanei (CPRI) o in CPR (Centri per il Rimpatrio) in attesa di trovare Cas o Centri di prima accoglienza a cui essere destinati o, come si augura il governo, di essere espulsi. Così facendo però si crea una forte discriminazione e un doppio standard per quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale internazionalmente riconosciuto e garantito dalla Costituzione italiana, ovvero il diritto di asilo.

La detenzione come nuovo modello

Prima di analizzare le controversie giuridiche e normative, nonché etiche, di questi decreti legge, oltre che i fondati rischi di violazione di diritti fondamentali, va detto che con l’ultimo decreto il Governo rafforza ancora di più l’uso dei centri detentivi prolungando i tempi di trattenimento fino a un massimo di 18 mesi (da notare che le direttive europee permettono questo lasso di tempo solo in casi eccezionali e dopo attenta valutazione del caso individuale, a fronte di un già predisposto ordine di espulsione, ergo non per gli asilanti in senso lato), teoricamente a destinazione esclusiva di persone trovate sul territorio italiano senza permesso di soggiorno, con permesso di soggiorno scaduto o verso cui è già stato emanato un ordine di espulsione (possessori di foglio di via).  Le situazioni per le quali dei migranti possono essere reclusi in CPR (previsti già dal T.U. Immigrazione del 1998), e così nelle strutture analoghe precedenti (CIE etc.), in realtà sono state recentemente molto ampliate. 

Infatti, qualora un richiedente asilo abbia la nazionalità di un paese terzo considerato sicuro (vd D.Lgsl. 25/2008) non potrà essere inserito nel percorso di accoglienza standard, ma la sua richiesta di asilo rientrerà nelle c.d procedure accelerate, studiate per rimpatriare la persona il più velocemente possibile in quanto, teoricamente, chi proviene da un paese “che rispetta l’ordinamento democratico” ha più probabilità di vedere la propria domanda d’asilo rifiutata. Inoltre, sempre a seguito del Decreto Cutro e del 124/2023 (che rientrerà nel Dl per il Sud, grazie a un peculiare artificio politico) ha enormemente allargato le maglie della possibilità di trattenimento dei migranti, di fatto facendovi ricadere coloro che non sono in grado di fornire prova documentale della propria identità, e prevenendo la limitazione della libertà di movimento per  i richiedenti asilo durante tutte le procedure di frontiera, anche al fine di “accertare il diritto dello straniero ad entrare nel territorio dello Stato”. 

E’ allarmante dunque vedere come le possibilità e i tempi di trattenimento, previste sia dalla direttiva europea cd. Procedure di accoglienza 2 e dal D.Lgsl. 142/2015 per i richiedenti asilo vengono estesi in maniera indiscriminata, fondamentalmente a chiunque entri irregolarmente nel territorio italiano. Occorre ricordare tuttavia che uno dei pilastri su cui si basa la normativa europea in materia di asilo recita come segue: “Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente ai sensi della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (art. 8 Direttiva 2013/32)”.

Pertanto, benché la stessa direttiva individui casi specifici in cui si può privare un richiedente asilo della libertà di circolazione (come quando sussista il rischio di fuga del richiedente o per gravi motivi di ordine pubblico, o se strettamente necessaria ai fini dell’identificazione o verifica della cittadinanza) è sempre vero che il trattenimento di un richiedente asilo dovrebbe avere una natura giuridica eccezionale e residuale qualora non ci fossero le condizioni per attuare misure alternative (es. l’obbligo di presentarsi regolarmente alle autorità o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato) e la privazione della libertà dovrebbe durare il tempo strettamente necessario alla valutazione della domanda. Aspetto ancora più importante, è che tutto ciò dovrebbe avvenire nella piena tutela e garanzia dei DU e dei diritti fondamentali delle singole persone che quando arrivano nel territorio del paese dove richiedono asilo ricadono sotto la protezione di quello Stato e potenzialmente sono tutti dei rifugiati. Dunque, ancorché trattenute in un centro devono poter avere assistenza legale gratuita in una lingua a loro comprensibile, assistenza sanitaria e psicologica, condizioni abitative e igienico-sanitarie dignitose. Inoltre, la domanda di asilo deve avvenire secondo tutte le garanzie procedurali riconosciute a livello europeo che tengano conto delle condizioni  e della storia del singolo individuo (per cui essere cittadini di un c.d. “paese sicuro” non è condizione sufficiente) e che permettano al richiedente di essere ascoltato da una Commissione Territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, a cui deve essere trasmesso il fascicolo del richiedente entro 7 giorni dalla domanda. L’abuso e l’automatismo seriale dello strumento detentivo e di trattenimento in realtà inizia già all’arrivo negli hotspot che da luoghi di primo soccorso e sedi di adempimenti burocratici, come presa delle impronte e foto-segnalamento, sono diventati luoghi di fermo amministrativo con tempi e modalità di funzionamento molto variabili e, cosa ancor più preoccupante, quasi non regolamentati a livello normativo.

A fronte di quanto detto sinora, sembra pleonastico ribadire come l’ulteriore inasprimento dell’uso delle detenzione nei confronti dei richiedenti asilo in maniera indiscriminata e totalizzante, in spregio alle più basilari garanzie europee e internazionale appare pericolosa per lo stesso stato di diritto in Italia che appare applicabile e valido solo per cittadini italiani (o particolari categorie privilegiate di stranieri). Pensando poi ai numeri si tratterebbe del più ambizioso progetto di isolamento e detenzione di massa dei cittadini di Paesi terzi dell’Italia repubblicana (fonte ASGI) che va completamente contro ai principi giuridici basilari di necessità e proporzionalità. 

L’aumento del numero e degli usi dei CPR riguarda infatti una forma di detenzione per persone che non hanno commesso alcun crimine e per la cui convalida serve dunque un giudice di pace, ovvero qualcosa ai limiti dell’incostituzionale. Non sorprende quindi, purtroppo, che anche in questo caso spetterà al potere giudiziario (CEDU, C.G. UE, Corte Costituzionale e Tribunali ordinari) verificare la conformità delle nuove normative con le fonti superiori del diritto e tutelare i diritti dei cittadini in sede processuale o di ricorso, colmando un vuoto politico e legislativo.

La garanzia finanziaria e la stretta sui MSNA

Ma purtroppo le leggi regressive, con tratti razzisti ed antidemocratici, del Governo Meloni non si fermano qui in quanto nel D.l. in via di discussione si prevede che l’unica misura alternativa alla detenzione nei CPR (che come abbiamo visto sarà la sorte che per volontà del governo riguarderà la stragrande maggioranza di coloro che arriveranno in Italia irregolarmente, indipendentemente dai loro diritti individuali fondamentali) sarà la “costituzione di una garanzia finanziaria fissata nella cifra di circa € 5000”. Inoltre, si stabilisce la possibilità di espellere, dietro ordinanza del Prefetto di competenza, un cittadino straniero anche titolare di carta di lungo soggiorno in caso di “gravi motivi di ordine o sicurezza dello Stato”. Appare l’intenzione di applicare una strette disumana e raccapricciante anche per quella che fino a ora era considerata la categoria più tutelata, ovvero  minori stranieri non accompagnati. Dalla riunione preparatoria del Consiglio dei Ministri del 27 settembre appare infatti la volontà di accogliere nei centri appositi per minorenni solo gli under 14, e di prevedere l’inserimento dei minorenni, in caso di mancanza di posti nei centri sopra citati, in sezioni apposite di centri ordinari (che a questo punto non sorprenderebbe fossero persino CPR) fino a un massimo di 90 giorni. Addirittura, si prevede l’espulsione per i richiedenti asilo che apparentemente avrebbero mentito rispetto alla propria età, utilizzando anche rilevamenti antropometrici.

Orbene, le ultime due disposizioni sono a tratti ridicole dell’impraticabilità e soprattutto in modo conclamato in conflitto con convenzioni, trattati internazionali e Costituzione (CEDU, Convenzione internazionale diritti dell’infanzia, Direttiva 32 e 33/2013 UE, c.d. Direttiva Rimpatri) e non a caso su queste tematiche l’Italia è stata anche condannata con sentenza definitiva dalla CEDU 3. Peraltro, la normativa interna italiana prevede che le espulsioni di stranieri siano regolamentate in maniera complessa e capillare e possano avvenire solo in casi specifici, legati principalmente a motivi di pericolosità sociale o irregolarità nell’ingresso (respingimento) o nel soggiorno, e non differibili se non dal Questore con accompagnamento alla frontiera.

Per quanto riguarda invece la “garanzia finanziaria” ad onor del vero va detto che l’ordinamento europeo prevede come misura alternativa al trattenimento dei richiedenti asilo (che comunque deve accadere solo in extremis e non come misura di default) una cauzione che il singolo può versare. Tuttavia, la direttiva Ue afferma con forza che la cifra non deve essere discriminatoria sulla base delle risorse economiche del singolo e che quindi deve essere fissata in maniera proporzionale e giusta secondo le condizioni individuali del richiedente. Secondariamente, non dovrebbe trattarsi dell’unica misura alternativa e in ogni caso il versamento della cifra potrebbe essere fatto da terzi. In ultimo, la “semi-libertà” concessa in caso di pagamento dovrebbe essere fatta a fronte del rilascio di un idoneo permesso di soggiorno. Questo ovviamente non avviene nella previsione del governo che, oltre a ricordare in maniera macabra il pizzo che i trafficanti chiedono ai migranti per attraversare il Mediterraneo, attua una discriminazione incostituzionale sulla base delle risorse economiche, crea più irregolarità, in quanto non si prevedono titoli di soggiorno specifici anche per i pochi che avrebbero possibilità di pagare, e chiede al richiedente ex ante di pagare “i costi del rimpatrio”, mostrando lacune e dubbi nella gestione di questi soldi. Dunque, per quanto dietro una parvenza di inquadramento nell’ordinamento europeo, la misura della garanzia economica risulta illegittima e controversa oltre che disumana, speculando sulla disperazione delle persone. 

Infine, la misura di espulsione per i cittadini di stati terzi lungo soggiornanti in caso di grave ordine pubblico e sicurezza è anch’essa una misura già prevista dalla c.d. Direttiva Rimpatri nonché dall’ordinamento nazionale italiano, ma che deve attuarsi solo ed esclusivamente in caso di effettiva necessità e con prove conclamate che esista effettivamente un grave ed imminente rischio per lo Stato (es. rischio terrorismo, procedimento penale in contumacia in corso in altro Stato, condanna definitiva in stato UE, misura alternativa al carcere). In realtà, in linea teorica, con queste premesse qualsiasi cittadino di stato terzo può essere espulso, ma quando si tratta di titolari di Carta europea di lungo soggiorno la legge europea raccomanda estrema cautela soprattutto in quanto si tratta di cittadini con diritti civili quasi equiparabili a quelli di un cittadino Ue e nazionale, tenendo soprattutto conto dell’unità familiare e dei legami lavorativi, personali e umani ormai instaurati col paese di residenza. Dunque, il fatto che l’esecutivo voglia inserire anche questa clausola appare una scelta del tutto ideologica, demagogica e pretestuosa di fatto normando qualcosa che esiste già.

Le prime incrinature dell’“impianto Cutro”

Ad avvalorare la tesi che abbiamo portato avanti nel corso dell’approfondimento, giunge, senza sorprenderci, la sentenza della giudice Iolanda Apostolico della sezione immigrazione del Tribunale di Catania con la quale si è rigettata la richiesta del Questore di Ragusa del trattenimento nel CPR di Pozzallo di tre uomini tunisini che avevano fatto richiesta di riconoscimento della protezione internazionale. La sentenza che applica il provvedimento di scarcerazione (che potrà essere eventualmente impugnato in Cassazione) è netta e precisa: “Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda; il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex art. 13 della Costituzione”. Le motivazioni si riallacciano quindi in primis a un problema di incostituzionalità (secondo il principio della gerarchia delle fonti giuridiche) in quanto il Decreto n. 124/2023 4, nonché il precedente Decreto Cutro, prevedono misure che sono in antitesi sia con l’articolo 10 della Costituzione 5 che con l’art. 13 prima citato sul diritto alla libertà personale.

L’illegittimità dei Decreti Meloni si riscontra anche nel contrasto con l’applicazione ed interpretazione della normativa europea rispettivamente alla “cauzione” richiesta agli asilanti per evitare il trattenimento detentivo: La garanzia finanziaria non si configura come misura alternativa al trattenimento ma come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale”; inoltre, anche le modalità di erogazione della cauzione sarebbero incompatibili con il diritto UE. In realtà basterebbe avere conoscenze rudimentali del diritto Ue, o anche semplicemente un po’ di senso comune,  per sapere che “il diritto dell’UE deve essere interpretato e applicato allo stesso modo in ogni paese europeo, e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea deve garantire che i paesi e le istituzioni dell’Unione rispettino la normativa dell’UE”. 

Inoltre secondo un fondamentale essenziale dello stato di diritto che accomuna tutte le moderne democrazie liberali, vi è una gerarchia delle fonti del diritto secondo cui le leggi ordinarie minori devono rispettare e soggiacere alle leggi e trattati superiori (nella fattispecie Costituzione, Carta dei diritti fondamentali dell’UE, normativa dell’Unione nelle materie di competenza esclusiva e concorrente). Ancora, Apostolico ribadisce questo punto riallacciandosi alla giurisprudenza nazionale in materia: “La normativa interna che risulti incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale (Corte cost., 11 luglio 1989, n. 389)”. Pertanto, la sentenza si ancora alla Direttiva 2013/33/UE nonché alla legge fondamentale dello Stato per sottolineare l’incompatibilità dei DL con le stesse: entrando nel merito della vicenda, viene sottolineato come “deve escludersi che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale”. Infatti, questo pericoloso automatismo, oltre a privare le persone di diritti fondamentali costituzionalmente riconosciuti va contro il principio di proporzionalità e necessità che si deve avere nell’applicazione delle leggi che non può essere fatta senza valutazione dei singoli casi. 

Questa sentenza segna uno spartiacque fondamentale, sia perché malauguratamente mette in luce l’ennesimo vuoto e incapacità della politica italiana che devono essere colmati dal potere giudiziario soprattutto nella tutela delle persone, sia perché si è messo in luce l’illegittimità, e per esteso inapplicabilità dell’intero “impianto Cutro” che creerà solo più caos, irregolarità, mala gestione aumentando in maniera indiscriminata la retorica populista e becere di estrema destra contro l’immigrazione come strumento di distrazione dai reali problemi e capro espiatorio, ai danni dei cittadini e della popolazione immigrata, anche di lungo soggiorno. A perorare questo assunto, arrivano le parole irricevibili della premier che, speriamo inconsapevolmente, criticando la sentenza in esame e le sue motivazioni critica lo stesso impianto istituzionale della nostra repubblica (basata sulla divisione, imparzialità dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario che lavorano in autonomia e senza ingerenze esterne) e ci riporta a un altro periodo buio della nostra storia dove l’attacco alle “toghe rosse” e alla magistratura era un tema caldo, molto personale e politicizzato, della destra di governo. Tuttavia, un nuovo provvedimento depositato ieri sera dal giudice Rosario Cupri sempre del tribunale di Catania non ha convalidato i trattenimenti di sei richiedenti asilo a Pozzallo, aggiungendo anche che la Tunisia non può essere considerata un “Paese sicuro”.

Per concludere, dopo questa lunga disamina, ci sembra giusto affermare che l’atteggiamento muscolare e reazionario portato avanti da Giorgia Meloni nei confronti dei flussi migratori e dei singoli migranti non risolverà bensì creerà nuovi problemi ed insicurezza, in quanto tra le altre cose le Regioni si oppongono alla creazione di nuovi CPR e i dati degli ultimi anni ci hanno dimostrato che i rimpatri non possono essere la risposta, e soprattutto non l’unica, a un fenomeno di portata globale. La misura del rimpatrio infatti può essere effettuata solo nei confronti di cittadini di stati terzi con cui l’Italia ha stipulato accordi bilaterali in materia e soprattutto entro un termine massimo entro il quale il cittadino straniero trattenuto dovrà comunque essere rimesso in libertà. Va inoltre ricordato che esistono dei vincoli ai quali l’Italia e gli Stati in generale devono attenersi in caso di rimpatri: oltre all’obbligo di non refoulement bisogna pensare al fatto che ogni richiedente asilo ha diritto al ricorso in appello sia in caso di diniego della domanda di asilo, e all’impugnazione dell’ordinanza in caso di espulsione ordinata con foglio di via da un Prefetto davanti a un Giudice di Pace locale, secondo le garanzie legali procedurali garantite dal diritto internazionale, europeo e interno.

Fa tremare quindi pensare quanto la deriva populista di estrema destra possa andare contro lo stato di diritto e le garanzie internazionali sui DU quando si tratta di persone innocenti, colpevoli solo di essere straniere, di non avere misure legali per entrare in un paese e di non avere il privilegio di un passaporto forte che permette di viaggiare ovunque e che ad oggi è appannaggio quasi esclusivo dei paesi occidentali. Come epilogo di questa riflessione, vogliamo denunciare anche l’ipocrisia e ciò che si nasconde dietro le nuove misure proposte dal governo: la repressione e gestione poliziesca delle migrazioni rappresentano una deriva pericolosa per tutta la nostra democrazia e società, una deriva che avrà un peso economico, oltre che sociale, non indifferente. I Decreti di cui abbiamo finora discusso segnano un punto bassissimo della nostra storia repubblicana, contro i quali ogni cittadin* che abbia a cuore i valori democratici e la giustizia come principio universale dovrà far sentire la propria voce, perché chi non ha voce possa tornare ad essere ascoltato.

Fonti:

ASGI
Avvenire.it
eur-lex.europa.eu
euronews.com
euaa.europa.eu
Eurostat
Factanza
Florence Must Act
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
Internazionale.it
ISPI
Repubblica.it
Lifegate
Nigrizia.it
TheSubmarine.it
Sea Watch (NGO official website)
interno.gov.it
lavoro.gov.it
Will Media

  1. CAS: centri accoglienza straordinaria e SAI: sistema di accoglienza ed integrazione gestito da enti locali e Comuni
  2. Direttiva 2013/33 e 2013/32 Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio
  3. Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 21 luglio 2022 – Ricorso n. . 5797/17 – Causa Darboe e Camara c. Italia)
  4. Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione.
  5. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge

Cecilia Claudia Poli

Sono laureata in Mediazione Linguistica e Culturale, specializzata  in Studi Internazionali- Governance delle Migrazioni con una tesi sul rapporto tra la Sinistra e la presenza straniera in Italia. Scrivo e mi interesso per passione accademica e personale di diritti umani, politica internazionale e questioni sociali. Oltre a molti viaggi, ho svolto periodi di studio e lavoro all'estero che mi hanno permesso scoprire la bellezza e ricchezza che nascondono “il diverso da noi”.