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“Spotlight”: Asso piglia tutto. Il business dei CPR

L’inchiesta di Giulia Bosetti su enti gestori e CPR con immagini inedite da Ponte Galeria e Macomer

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È disponibile su RaiPlay l’inchiesta di Spotlight (RaiNews24) a cura di Giulia Bosetti intitolata “Asso piglia tutto. Il business dei centri di permanenza per i rimpatri dei migranti”. L’inchiesta è strutturata intorno alle testimonianze di Associazione Studi Giuridici Immigrazione (ASGI), Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD), LasciateCIEntrare, Altreconomia e della senatrice Ilaria Cucchi e mostra immagini inedite di alcuni CPR italiani. Per la prima volta infatti, le prefetture hanno autorizzato una troupe televisiva ad entrare in due CPR: Ponte Galeria a Roma e Macomer in Sardegna.

Le immagini fino ad ora reperibili su quanto avviene in queste strutture provengono dagli stessi detenuti.
I video e le testimonianze che vengono raccolte e divulgate dalla rete Mai più Lager – No ai CPR e dalla campagna LasciateCIEntrare sono state riproposte anche nell’inchiesta di Spotlight.

“Fateci uscire! Assassini!”

Il servizio si apre con le immagini del CPR di Gradisca d’Isonzo in fiamme, dove i detenuti, radunati nello spazio esterno, gridano: “È tutto rotto, dormiamo al freddo. Assassini!” e paragonano la struttura a una casa abbandonata. E proprio per lo stato di abbandono e violenza in cui vivono, spesso ricorrono ad atti di protesta pericolosi per se stessi, come cucirsi la bocca, salire sui tetti e dare fuoco alla struttura.

Le immagini che seguono mostrano infatti scene simili presso il CPR di Corso Brunelleschi a Torino, chiuso a Marzo di quest’anno proprio a seguito della rivolta dei trattenuti che sono riusciti a far chiudere la struttura per inagibilità, dopo 25 anni di ininterrotta attività.

Anche qui i detenuti gridano “Assassini! Qua ci intossichiamo! Fateci uscire!” e denunciano le condizioni degradanti in cui sono costretti a vivere.
Abbiamo freddo. Abbiamo fame. Non abbiamo niente. Non facciamo la doccia da tre giorni” racconta un detenuto del CPR di Torino mostrando la stanza in cui sono sistemati: pareti bruciate, spazzatura ovunque, materassi di gommapiuma buttati per terra, costretti a urinare in bottiglie di plastica e defecare in sacchetti perché chiusi a chiave nella stanza per tre giorni. 

Le immagini delle diverse strutture rendono perfettamente la natura di questi non-luoghi: gabbie in ferro e cemento, grigie, spoglie, disumane. Dei veri e propri lager: una vergogna che, lungi dall’essere smantellata, viene rafforzata e estesa a macchia su tutto il territorio nazionale.

“La scatola nera” e il business dei CPR

Negli ultimi anni è avvenuta una progressiva privatizzazione del sistema di “accoglienza” italiano ed in particolare dei suoi centri detentivi. In questo processo di privatizzazione la competizione è divenuta più serrata, squalificando di fatto piccole e medie cooperative a intensa vocazione sociale in favore di soggetti economici più potenti e in grado di offrire, almeno sulla carta, i medesimi servizi garantendo allo stesso tempo esorbitanti risparmi alle prefetture e autorità italiane. Ne parla in dettaglio il rapporto di CILD che analizza la gestione dei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) italiani da parte delle principali cooperative e imprese private.

L’inchiesta di RaiNews si concentra infatti sugli enti gestori dei CPR e in particolare sul gruppo ORS: società multinazionale dal fatturato di oltre 180 milioni di euro, gestita da un board interamente bianco e maschile, che opera nei centri di trattenimento e di “accoglienza” di tutta Europa. In Italia ha in appalto la gestione dei CPR di Ponte Galeria e Torino, ma in passato ha gestito anche il CPR di Macomer.

Il servizio di Giulia Bosetti evidenzia le irregolarità delle gare di appalto per la gestione dei CPR: non solo la logica dell’offerta più vantaggiosa genera proposte insostenibili da un punto di vista economico, ma si verificano anche allarmanti anomalie e mancanze nelle documentazioni necessarie ad aggiudicarsi l’appalto. 

ORS vince i primi appalti nel 2018, quando risultava ancora inattiva in Italia, e nel 2020 si vede affidata la gestione del CPR di Macomer senza nemmeno la certificazione antimafia, requisito fondamentale per la stessa partecipazione al bando. Un affare losco da milioni di euro che passano nelle mani di enti gestori dai profili altrettanto loschi. 

Per anni tutto quel che riguardava ORS in Svizzera, è stato trattato come un segreto di Stato (…) ORS è una scatola nera” – racconta Lukas Tobler, giornalista svizzero per Woz. ORS é stata poi al centro di indagini e segnalazioni per gravi episodi di violenza avvenuti in alcuni centri sotto la sua gestione. Le testimonianze raccolte nel report della ONG Svizzera “Droit de rester pour tou.te.s” parlano delle medesime condizioni degradanti riscontrabili nei centri italiani, di violenza diffusa e anche casi di abusi sessuali. 

Questa “scatola nera” che è ORS, si affida a un comitato consultivo formato da figure esterne alla società con ruoli prominenti nel mondo della finanza e della politica 1

“Si tratta dell’unica compagnia del settore ad aver assoldato una società di lobbying per rappresentare i suoi interessi in parlamento italiano” – spiega la giornalista Bosetti. La società di lobbying è la “Telos Analisi e Strategie”, una tra le più importanti d’Italia.
Se l’attività di lobbying per una impresa automobilistica consiste nel cercare di vendere più auto, l’attività di lobbying per una multinazionale come ORS nel nostro paese dovrebbe consistere nel chiedere più persone da recludere, più centri di permanenza per i rimpatri” – sottolinea Federica Borlizzi di CILD.

Dentro al CPR di Macomer, Nuoro

Quello che ci siamo trovati davanti era un carcere con un eccezionale dispiegamento di forze e di mezzi, di cui non è dato conoscere i costi” spiega la giornalista parlando del CPR di Macomer. 150 telecamere attive giorno e notte, ispezione corporale e sequestro di qualsiasi effetto personale, si tratti di una penna per scrivere o di oggetti a scopo terapeutico, anche regolarmente prescritti da un medico competente 2

La troupe intervista Elisa Fiori e Salvatore Roggio – rispettivamente vicedirettrice e coordinatore del CPR di Macomer – che negano la presenza di un problema depressione, atti autolesionistici o suicidi all’interno del centro. Ammettono che episodi tali possano essersi verificati sotto la gestione di ORS, ma che adesso a gestire il centro è Ekene.

LasciateCIEntrare ha parlato del passaggio di gestione in un articolo per Melting Pot, che approfondisce la genesi della cooperativa: sostanzialmente diramazione di Edeco, compromessa da casi giudiziari gravi per mala gestione, morti avvenute nei centri sotto la sua gestione e persone minori straniere non accompagnate detenute illecitamente nei suoi centri. Ekene gestisce inoltre il CPR di Gradisca d’Isonzo, le cui immagini di rivolta e rabbia aprono il servizio e dove, come riportato dal sopracitato articolo, dal 2020 al 2022 si contano ben 3 morti: Vakhtang Enukidze, georgiano di 37 anni, morto il 18 gennaio 2020; Orgest Turia, albanese di 28 anni, morto il 14 luglio 2020; Anani Ezzeddine, tunisino di 44 anni, morto il 6 dicembre 2021.

È chiaro dunque che anche alla luce del cambio di gestione, il modus operandi e le condizioni di vita all’interno del CPR Macomer non possono aver visto un cambiamento radicale, perché si tratta di dinamiche sistemiche e strutturali. 

Fin dalla sua apertura ASGI e LasciateCIEntrare denunciano il grave disagio psico-fisico diffuso a Macomer e i detenuti intervistati dalla giornalista versano in lacrime, raccontano dei loro sogni infranti e di come questo regime di frontiera impatta sulla loro vita, sui loro obiettivi, sulla loro salute. Una sofferenza psicologica diffusa, acuita dalla mancanza di informazioni su quanto gli stia capitando: per quanto tempo resteranno chiusi lì dentro? 

Ricordiamo infatti che, contrariamente al regime di incarcerazione ordinario, sotto detenzione amministrativa né sai quando entri – tante testimonianze raccontano che spesso ti viene detto che sarai trasferito in un “centro per migranti” o un “centro di accoglienza” – né sai quando ne uscirai, perché non viene emessa una sentenza con specifici tempi di trattenimento e anche quando vieni rilasciato potresti essere soggetto a un nuovo periodo di detenzione.

Tra gli intervistati un detenuto denuncia le condizioni degradanti di un altro centro in cui è stato internato:

“Arrivo dal CPR di Trapani. Le persone stanno morendo: niente cibo, niente acqua. Ho dormito per terra per 50 giorni”

Un altro detenuto racconta: “Ho visto la morte in faccia… Non posso credere che mi abbiano rinchiuso qua dentro. Immaginavo un’Europa diversa… Volevo solo salvare la vita dei miei figli.”

L’avvocata Rosaria Manconi racconta alla giornalista di una lettera ricevuta da un detenuto nel giugno 2022, che descriveva il centro come un vero e proprio campo di concentramento. Un’istituzione totale dove vengono allontanate dalla comunità persone straniere costrette ai margini. Tra queste persone anche alcune con gravi patologie, tossicodipendenze e disagi psichici, che in tali condizioni non dovrebbero superare la visita medica di idoneità al trattenimento.

Il servizio infatti prosegue approfondendo la gestione e somministrazione di psicofarmaci da parte di ORS Italia, attraverso i dati raccolti nell’inchiesta di Luca Rondi e Lorenzo Figoni, intitolata “Rinchiusi e Sedati” e pubblicata su Altraeconomia. Intervistato dalla giornalista, Luca Rondi spiega: «La prima ipotesi è che ci sono effettivamente delle persone che hanno bisogno di questi farmaci [n.d.r. quindi persone internate illegittimamente perché non dovrebbero risultare idonee]. La seconda ipotesi è che invece questi farmaci vengano utilizzati per scopi sedativi (…) per mantenere tranquille le persone all’interno». 

Tutti questi elementi evidenziano come sia agghiacciante che grandi imprese multinazionali come ORS possano generare simili fatturati e detenere un tale posizione di vicinanza al potere decisionale del parlamento italiano, alla luce delle irregolarità, delle violazioni sistematiche dei diritti fondamentali degli individui e di fronte agli scandali giudiziari che le coinvolgono.

PH: Asgi (CAS di Monastir)

Il CAS di Monastir, Cagliari

Nel 2020 ORS vince anche la gara per il Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) di Monastir, sempre per attribuzione diretta in regime di emergenza. Anche su questo centro sono numerose le segnalazioni delle realtà associative e della società civile e il 20 settembre la Squadra Mobile di Cagliari ha smantellato un’associazione a delinquere dedita allo sfruttamento del lavoro senza contratto di almeno 40 persone alloggiate nel CAS. Giulia Bosetti è riuscita ad intercettare alcuni di questi lavoratori e fare loro qualche domanda. Uno di questi le risponde:  «Il centro è pieno di problemi: per mangiare, per dormire… Tutto è un problema! Ma io non posso parlare con lei, se lo scoprono mi cacciano dal centro!».

Di fronte alle attenzioni mediatiche negative ricevute da ORS riguardo il centro di Monastir e delle numerose interrogazioni parlamentari avvenute al riguardo, la società chiede di avere un colloquio diretto con l’onorevole Andrea Vallascas del Movimento Cinque Stelle per “raccontare la loro versione dei fatti”. Una prassi del tutto anomala e sospetta, come riporta lo stesso Onorevole intervistato dalla giornalista Bosetti.

Un altro elemento sospetto a delineare un profilo poco chiaro della società, è che nonostante i 180 milioni di fatturato e i tanti centri in gestione, in Italia sembra avere come sede legale un semplice studio per le sole pratiche contabili, dove alla giornalista non viene concesso l’accesso. Non solo, la stessa sede di Zurigo ha negato alla giornalista un’intervista, limitandosi a rifiutare ogni accusa via e-mail.

PH: Massimiliano Pretto (Protesta davanti al CPR di Gradisca D’Isonzo – GO, luglio 2023)

Il CPR di Ponte Galeria, Roma

Il servizio si chiude con delle riprese dall’interno del CPR di Ponte Galeria, anch’esso dal 2021 gestito da ORS. La giornalista definisce Ponte Galeria come “l’ultimo girone dell’inferno dei CPR”, unico in Italia con una sezione femminile di cinque posti, dove al momento dell’ingresso della troupe sono alloggiate tre donne. 

«Gli uomini invece sono chiusi in gabbie a cielo aperto, divisi per etnia»,  spiega la giornalista, che nel frattempo raccoglie le testimonianze dei detenuti che accorrono a parlare con lei dall’altra parte delle sbarre. 

Anche qui denunciano le condizioni degradanti, invivibili in cui sono costretti nel centro. Costretti ad accamparsi per terra nello spazio esterno per non morire soffocati dal caldo nelle celle senza ventilazione. Mostrano i segni dei tagli e delle lesioni che si sono provocati per protesta e disperazione di fronte all’impossibilità di chiamare i propri cari e familiari. 

A confermare il grave malessere diffuso a Ponte Galeria sono state anche l’infermiera e la dottoressa del centro in occasione di un’ispezione parlamentare della senatrice Ilaria Cucchi. Ammettono che a prendere psicofarmaci sono più del 90% delle persone internate. 

«Mi ha impressionato la quantità enorme di psicofarmaci in quella infermeria. Mi ha impressionato la maniera del tutto superficiale con la quale gli infermieri approcciano e spiegano il problema. In realtà non te la sanno neanche dare una spiegazione: ‘Devono essere sedati. Abbiamo le prescrizioni.’ Queste sono le risposte» – racconta la Senatrice durante l’intervista riportata nel servizio.

La senatrice Cucchi prosegue nel racconto parlando della sporcizia e delle condizioni insalubri a cui ha assistito nel centro, soffermandosi in particolare su una cella che ha visto e che l’ha particolarmente turbata: una cella chiusa, visibilmente sporca con un materasso buttato sul suolo tra la sporcizia ed escrementi umani.

«E sono tornata a distanza di un po’ di tempo… E tutto era ancora lì» conclude la senatrice.

Comitato verità e giustizia per Wissem Ben Abdel Latif (segui)

Oltre il monitoraggio: denunciare e agire

Da anni ormai,  associazioni, organizzazioni più o meno formali della società civile, professionistə dell’accoglienza e avvocatə portano avanti un preziosissimo lavoro di monitoraggio in queste strutture e svolgono assistenza puntuale a chi vi è detenuto. È grazie al loro lavoro di documentazione che oggi sappiamo ciò che avviene in luoghi altrimenti esclusi dallo sguardo della collettività.

Oggi queste informazioni hanno infranto i margini di una bolla, trasmettendosi a un più ampio pubblico che non si limita ai soli “addetti ai lavori”. La storia ci giudicherà e non potremo dire che non ne sapevamo nulla.

I CPR sono lager disumani. Una disumanizzazione che ha caratteri razziali, classisti e sessisti e che è utile solo a quella che Zygmunt Bauman chiama “l’erosione della prossimità3: emarginare per impedire empatia tra “noi” e “loro”, così che nessuno si senta responsabile. 

I CPR non sono necessari, corrispondono a un meccanismo di marginalizzazione ed esclusione sociale a fini propagandistici e rappresentano una grande ed efficiente officina di dispositivi di controllo e repressione applicabili all’intera popolazione sul territorio nazionale ed europeo.

I CPR ci riguardano tuttə: vanno chiusi e non ne vanno aperti di nuovi.

  1. Per ulteriori approfondimenti rimandiamo all’articolo di Marika Ikonomu, Alessandro Leone e Simone Manda per Irpimedia, consultabile a questo link
  2. Un ex detenuto nel CPR di via Corelli a Milano, deportato in Algeria lo scorso Giugno, ci ha raccontato infatti che all’ingresso del CPR gli era stata sequestrata una semplice pallina antistress, per la quale deteneva regolare prescrizione del medico psichiatra
  3. in “Modernità e Olocausto” (1989)

Nicoletta Alessio

Dopo una laurea triennale in Scienze Politiche Sociali e Internazionali all'Università di Bologna, mi sono laureata nel corso magistrale in Migrazioni Inter-Mediterranee delle Università Ca' Foscari di Venezia e Paul Valéry di Montpellier. Mi interesso di politiche migratorie ed etnografia dei confini e ho approfondito con due esperienze di ricerca sul campo la cooperazione italiana con Tunisia e Algeria in tema di espulsioni.