Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Treviso: «Abdou, Mohamed e Amadou sono liberi»

Cade l'incredibile accusa di "devastazione e saccheggio" per le proteste al CAS ex Caserma Serena

Si è svolta ieri l’udienza conclusiva del processo contro Mohammed Traore, Amadou Toure e Abdourahmane Signate che rischiavano fino a 15 anni di carcere per una protesta risalente a giugno 2020, avvenuta all’interno del centro di accoglienza dell’ex Caserma Serena (TV), in pieno periodo pandemico. E’ una storia che anche noi di Melting Pot abbiamo provato a raccontarvi, cercando di sostenere la lotta per la giustizia dei collettivi e delle associazioni trevigiane che sono sempre state a fianco delle persone incriminate.

«Questi tre giovani uomini possono oggi tirare un sospiro di sollievo» ha scritto in un comunicato il Centro sociale Django che aveva promosso un presidio insieme all’associazione Caminantes, Adl Cobas Treviso e Talking Hands, organizzazioni che hanno sempre sostenuto la legittima protesta del gruppo. Le richieste spropositate del pubblico ministero di 6 anni e mezzo di condanna per devastazione e saccheggio sono decadute.

«Il castello accusatorio, cioè l’incredibile accusa di “devastazione e saccheggio”, è stato spazzato via. Sono stati condannati ad una pena decisamente inferiore, un anno e 8 mesi, che di fatto hanno già scontato dato che hanno vissuto tre anni tra il carcere e le misure cautelari», ha spiegato il centro sociale.

«Oggi sono liberi, anzi il Tribunale ha stabilito che non avrebbero nemmeno mai dovuto andare in carcere! E questo è un fatto gravissimo. Perché le accuse montate contro di loro hanno determinato il più atroce dei crimini. La condanna a morte! Perché sì, Chaka Ouattara che a 23 anni si è tolto la vita nel carcere di Verona in cui si trovava recluso in isolamento da tre mesi, è stato condannato a quell’epilogo».

All’uscita del tribunale tra gioia, sospiri di sollievo e abbracci c’è spazio per un’ulteriore riflessione rispetto al clima di violenta criminalizzazione che colpisce le persone migranti e, anche se in forma differente, chi è solidale con loro. Un filo che collega tutte queste vicende giudiziarie.

Le parole di Sergio Zulian, Adl Cobas, al termine dell’udienza

«Questa vicenda – hanno precisato lə attivistə di Django – ci ricorda molto la recente sentenza del processo contro Mimmo Lucano, anche per lui l’accusa aveva chiesto pene esemplari per delle accuse totalmente infondate. La storia è la stessa dei processi ai presunti scafisti anche loro costretti ad anni di carcere e poi assolti perché sono solo dei giovani costretti a guidare i barconi galleggianti in cambio di un passaggio verso un paese sicuro. Tutti hanno subito inutilmente la gogna pubblica e mediatica con il solo scopo di alimentare l’odio e le propaganda politica di beceri personaggi al potere. Nel nostro caso è risultato evidente che non c’è stata né devastazione, né saccheggio, che nessuno si è fatto male, nessuno è stato in pericolo, le cose erano state danneggiate precedentemente ai fatti relativi al processo. Addirittura sono state concesse le attenuanti perché i ragazzi si trovavano in una palese situazione di mala gestione della Caserma Serena, in cui sono stati fatti contagiare dal Covid, trattati come le bestie».

Il team legale di difesa – l’avv.to Giuseppe Romano e le avv.te Martina Pinciroli e Barnaba Battistella – faranno comunque appello per ottenere l’assoluzione completa dei loro assistiti e perché si riconosca che sono state delle vittime della malagestione del centro di accoglienza, considerato a ragione uno dei peggiori CAS del Veneto.

Il centro sociale ha affermato che sul banco degli imputati ci deve stare chi ha gestito quella situazione e nelle conclusioni del testo ha deciso di contrattaccare: «Ora pretendiamo che i responsabili della Caserma Serena, chiedano scusa, si dimettano, se ne vadano perché quello che hanno fatto e fanno all’interno del CAS merita una condanna, politica etica ed umana. Vogliamo che tutte quelle che pretendono essere anime belle del centro sinistra e che a suo tempo chiesero pubblicamente la condanna pesante dei “facinorosi” spariscano dalle piazze, si vergognino, altro che cancel culture, meritano l’oblio. Avete le mani sporche del sangue di Chaka, della sofferenza di Amadou, Abdou e Mohammed».

«Il nostro – hanno concluso lə attivistə – è un grido di liberazione e di rabbia e auguriamo ai tre ragazzi finalmente una vita nuova e degna di essere vissuta da uomini liberi. Un ringraziamento ai tre avvocati, che con professionalità e impegno hanno affrontato un lungo e difficile processo».