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MAE processuale – Rifiuto di consegna del cittadino albanese alla Grecia per concreto rischio di trattamenti inumani o degradanti

Corte di Cassazione, sentenza n. 30578 del 12 luglio 2023 | Corte di Appello di Bari, sentenza del 26 ottobre 2023

Ph: Comité européen pour la prévention de la torture et des peines ou traitements inhumains ou dégradants (CPT)

Il caso di un cittadino albanese sottoposto al mandato d’arresto europeo (MAE) processuale dallo Stato greco.

La Squadra Mobile di Bari eseguiva l’arresto dell’estradando in forza di una segnalazione inserita nel sistema SIS ai sensi dell’art. 29 della L. 69/05, con il modello Form “A” disciplinato dall’art. 26 del Regolamento (UE) 2018/1862 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 novembre 2018, dalla Grecia quale stato membro.

Nella comunicazione di arresto inviata al Presidente della Corte di Appello, alla Procura Generale, al Ministero ed al difensore, la Questura allegava il formulario “A” che, si badi bene, non è il MAE emesso dalla Grecia, ma è appunto la segnalazione inserita dallo Stato greco nel sistema S.I.S. ai sensi dell’art. 29.

La Corte d’Appello di Bari fissava l’udienza per l’identificazione, l’interrogatorio e la convalida dell’arresto. La difesa si opponeva alla consegna, depositava la documentazione lavorativa e relativa al nucleo familiare attestante il radicamento in Italia dell’estradando ricorrente già da più di 6 anni.

La Corte d’Appello convalidava l’arresto e disponeva l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari e disponeva l’acquisizione di informazioni dalla Grecia, nonché, la decisione su cui si fondava il MAE. Si insisteva per il rifiuto della consegna anche per le condizioni carcerarie greche e da ultimo, in caso di consegna, ma anche in caso di rifiuto, si chiedeva di consentire al ricorrente di espiare la misura custodiale processuale in Italia.

All’esito dell’udienza la Corte di Appello di Bari, sezione III Penale autorizza la consegna senza subordinarla ad alcuna garanzia.

Avverso la predetta sentenza si proponeva ricorso per Cassazione ed in data 12.07.2023 si celebrava la camera di consiglio, in presenza, ed in data 13.07.2023 veniva depositata la sentenza n. 30578/2023 con la quale veniva annullata la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.

Si segnala che la decisione della Corte di Appello di Bari veniva adottata pur conoscendo l’orientamento della Corte di Cassazione in materia di estradizione e la pendenza di ben due questioni di legittimità inviate alla Corte Costituzionale dalla Corte di Appello di Milano e di Bologna in ordine all’art. 18 bis della legge 22 aprile 2005 n. 69 nella parte in cui non prevede il rifiuto facoltativo della consegna del cittadino di uno Stato non membro dell’Unione europea che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano.

La Corte Costituzionale a seguito delle questioni di illegittimità pervenute aveva tempestivamente promosso due rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia dell’Unione con tanto di comunicato stampa del 18.11.2021. Ciò perché l’esecuzione del mandato d’arresto europeo non può andare a discapito dei diritti fondamentali della persona interessata.

Pertanto, la Corte di Cassazione, nel giudizio di annullamento, ha ordinato gli accertamenti d’ufficio sulle condizioni carcerarie in particolare sulla Grecia paese noto per la violazione dei diritti umani dei detenuti, e nel contempo ha esteso il beneficio dell’art. 18 bis anche al MAE processuale in ragione del fatto che la norma nazionale è contraria al principio di parità di trattamento sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in quanto tratta in maniera diversa da un lato i cittadini dello Stato membro richiesto e gli altri cittadini dell’Unione, i cittadini dei paesi terzi, senza tenere conto della circostanza che questi ultimi possono anch’essi presentare un grado di integrazione sufficiente nella società di detto Stato membro, idoneo a giustificare che vi scontano una pena pronunciata nello Stato membro di emissione.

Quindi la Corte di Appello di Bari – III sezione avrebbe dovuto conoscere gli orientamenti che interessano le questioni in materia di estradizione e che comunque si sono risolte con la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 18 bis comma 1 lettera c della legge 22.04.2005 n. 69 con la sentenza n. 178 del 6-28 luglio 2023, e, poiché già nel corso del primo giudizio, questa difesa, aveva fornito copiosa documentazione relativa alla integrazione sociale, familiare e lavorativa dell’estradando con la quale chiedeva il rifiuto della consegna a fronte del radicamento sociale in atto da ben sei anni.

La Corte Costituzionale, nella sentenza 88/2023, ha espresso con molta chiarezza quali debbano essere i principi guida nell’esercizio del potere, sia esso legislativo e amministrativo, ma aggiungerei giudiziario, ritenendo che “Accanto alla proporzionalità verrebbe, poi, in rilievo il «concetto di ragionevolezza», da intendersi nel senso di coerenza della norma con il fine perseguito. Ragionevolezza e proporzionalità starebbero in rapporto di interdipendenza, nel senso che, nell’esercizio del potere (da parte del legislatore o dell’amministrazione), alla preliminare valutazione dell’interesse deve seguire una misura che vi risponda e che «abbia il corretto punto di bilanciamento tra interessi inevitabilmente confliggenti»”.

Il principio di proporzionalità, sancito dall’art. 5, par. 4, del Trattato sull’Unione europea, dagli artt. 6 e 7 della CDFUE e dagli artt. 5 e 8 della CEDU, costituisce principio fondante del diritto dell’Unione europea e impone che lo scopo sotteso a ciascuna azione debba essere perseguito nella modalità che comprima nella minor misura possibile i diritti fondamentali dell’interessato.

Il principio di proporzionalità dovrebbe, inoltre, intendersi richiamato dall’art. 1, par. 3, della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo e sarebbe affermato anche dal considerando n. 26 dalla direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale.

Il nuovo art. 2 della L. 69/05 dispone che “L’esecuzione del mandato di arresto europeo non può, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell’ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dai Protocolli addizionali alla stessa”.

In virtù di tale norma si era evidenziato alla Corte di Appello che la Grecia, che in esecuzione del provvedimento custodiale greco l’estradando, incensurato, era esposto al rischio di subire trattamenti disumani e degradanti in ragione delle precarie condizioni igieniche e di sovraffollamento delle carceri greche, nonché, al rischio della propria incolumità fisica per i frequenti episodi di violenza che ivi accadono. Tanto emerge dall’ultimo rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa (CPT) datato 2/9/2022 e da talune decisioni emesse dalla Corte EDU (Corte EDU Kargaki c. Grecia 14 gennaio 2021 n. 27025/13).

Sul punto si richiama la pronuncia dell’Ecc.ma Corte adita, Corte di Cassazione, Sesta Sezione, sentenza n. 5879/2023 del 10/02/2023.

La Corte di Appello di Bari era tenuta a fare tale valutazione e a richiedere garanzie in tal senso, ben conoscendo l’orientamento della Suprema Corte e le conseguenti decisioni di non consegna adottate dalla Corte di Appello di Lecce, da ultimo Sent. n. 4/2023 del 16.03.2023, per le accertate violazioni del Governo greco.

Ed ancora, si è evidenziato che in violazione dei principi costituzionali e del giusto processo, la Grecia utilizza la custodia cautelare in carcere come anticipazione di pena e non come misura preventiva. Come ha rivelato l’analisi dei dati nel rapporto annuale SPACE I 2021 del Consiglio d’Europa sullo stato delle carceri in Europa, al 31 gennaio 2021 su 11.334 detenuti nelle carceri greche 2.669 erano in custodia cautelare: il dato corrisponde al al 23,5 per cento della popolazione carceraria, con una durata media della detenzione preventiva di 13,2 mesi, mentre la media europea è di 4,5 mesi.

A seguito dell’annullamento con rinvio la Corte di Appello ha provveduto in via definitiva con il rifiuto della consegna non avendo lo Stato membro di emissione fornito informazioni rassicuranti sulla situazione carceraria del suo paese anche alla luce del “report” del Comitato per la prevenzione della tortura del 2 settembre 2022 sulle condizioni degli istituti penitenziari ellenici e della sentenza della Corte EDU 14.01.2021, Kargakis c. Grecia, che ha rilevato in loco la violazione dell’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione ritenendo concreto il rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti inumani o degradanti durante il regime detentivo.

Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.