Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Treviso – Non si può morire in strada nell’indifferenza

L’associazione Caminantes: «Non è una fatalità, nel ricco nord-est troppe le persone costrette a vivere in strada»

Ph: Caminantes, la casa è un diritto

Secondo l’ultimo rapporto di fio.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora), nel 2022 sono state 393 le persone senza dimora decedute in strada. Una “strage invisibile” che rimane nascosta e silenziosa, al massimo prende qualche riga nelle pagine delle cronache locali. Diverse sono le cause per cui le persone finiscono e sono poi costrette a vivere in strada, e altrettanti sono i motivi per cui si muore, tra questi non c’è solo il freddo, ma lo stato di abbandono e l’isolamento, l’affaticamento del corpo, la salute psico-fisica compromessa. 

Mandeep Singh, un ragazzo indiano di 30 anni, è morto probabilmente per un malore la notte tra venerdì e sabato 2 dicembre, mentre dormiva adagiato su un cartone negli anfratti del complesso Appiani, a Treviso, in uno dei luoghi in cui da anni troppe persone trovano l’unico riparo che la città è disposta a concedere loro. Solo all’Appiani sono, infatti, 35 le persone che vi dormono.

Non una fatalità ma l’ennesima vicenda che racconta il “ricco nord-est”, ha denunciato appena appresa la notizia l’associazione Caminantes che da molti anni monitora la situazione e supporta in diversi modi le persone senza casa insieme ad altre realtà solidali e antirazziste. Il ragazzo, titolare di un permesso di soggiorno, era in attesa dell’appuntamento in questura. 

«Ci sono richiedenti asilo che da mesi attendono di essere accolti in una struttura come è loro diritto, ma anche persone che hanno ottenuto la protezione internazionale e sono stati espulsi dall’accoglienza e impossibilitati a trovare casa in una città che non affitta più a nessuno. I governi da anni non si assumono la responsabilità di garantire la sopravvivenza e una vita dignitosa a coloro che qui arrivano e che diventano indispensabili per sorreggere il tessuto produttivo dei nostri territori. Ormai lo dice pure Confindustria. Eppure si foraggiano realtà che fanno mala accoglienza, si tengono in piedi strutture come i CPR, che come dimostra l’indagine su quello di via Corelli a Milano trattano le persone in maniera disumana».

L’organizzazione ha aggiunto che il problema delle persone senza tetto è ampiamente conosciuto in città e che le responsabilità devono essere spartite tra quelle istituzioni, come la prefettura e la questura, che non accolgono tempestivamente le domande di asilo e non inseriscono le persone nel sistema di accoglienza, e la stessa amministrazione comunale che non concede nemmeno un posto letto in dormitorio. «Eppure nella nostra città – ha proseguito – di immobili vuoti ce ne sono a migliaia. Pensiamo che si debba puntare all’autorecupero, a garantire il diritto a una casa dignitosa, a progetti di inclusione abitativa innovativi. È fondamentale che le autorità cambino radicalmente approccio e il sistema di accoglienza, il quale produce ingiustizia e discriminazione».

Con queste rivendicazioni Caminantes ha deciso di promuovere lunedì mattina un presidio di fronte alla Prefettura. E insieme alle persone che vivono da quattro e cinque mesi nel parcheggio dell’Appiani e a diversi membri dell’associazionismo locale, hanno voluto rompere il silenzio e l’indifferenza che accompagna queste morti e ribadire un concetto chiaro: «Non è possibile morire in strada a Treviso nel 2023».

«Vogliamo che se ne parli, che si dica che in questa città del ricco nordest ci sono decine di persone costrette a vivere nei loculi delle scale di un parcheggio. Perché la linea politica che parte dall’Europa, dal governo italiano, da quello regionale e da quello cittadino è quella di escludere ed emarginare», hanno scritto nell’appello. «Ci si nasconde ancora dietro la bugia del “non ci sono le case” e, se si trova un posto dove inserire le persone appena arrivate in Italia, sono centri d’accoglienza fatiscenti che in brevissimo tempo diventano sovraffollati, rendendo la vita di chi ci vive un inferno. E mentre aspetti i tuoi documenti, che se arrivano è solo dopo dei ritardi clamorosi di mesi, non sei nulla. Senza casa, senza lavoro, senza diritto alle cure mediche, senza indumenti, senza socialità».

Il presidio si è concluso chiedendo un piano strutturale che preveda maggiori investimenti sugli alloggi pubblici dell’ATER, moratorie per gli sfratti, soluzioni abitative oltre ai dormitori emergenziali e soprattutto un’accoglienza immediata per tutte le persone che vivono nel parcheggio dell’Appiani: «Per Mandeep, per tutte le persone che vivono in strada, ma anche per una città diversa e accogliente. Restiamo umani!».

Redazione

L'archivio di tutti i contenuti prodotti dalla redazione del Progetto Melting Pot Europa.