Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Visto di ingresso per ricongiungimento familiare e ritardi: l’Ambasciata d’Italia ad Islamabad deve fissare l’appuntamento entro 15 giorni

Tribunale di Roma, ordinanza del 12 gennaio 2024

Il Tribunale di Roma ordina all’Ambasciata d’Italia ad Islamabad di fissare un appuntamento alla moglie del cittadino pakistano al fine di rilasciare un visto di ingresso in Italia con massima urgenza, e comunque non oltre 15 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, al fine di esaminare la documentazione e concludere nei termini di legge il procedimento con un provvedimento. Il nulla osta era stato rilasciato nell’ottobre 2022, e quindi la “pratica” è pendente da almeno un anno e mezzo.

La vicenda

Nel caso di specie, il cittadino aveva richiesto di accertare l’illegittimità del silenzio serbato da parte del Ministero degli Affari Esteri, Ambasciata d’Italia ad Islamabad, sulla domanda di rilascio di visto d’ingresso per ricongiungimento familiare di sua moglie. 

In precedenza il Tribunale di Milano con provvedimento datato 25.07.2023 aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere sia per la sua evidente incompetenza sia perché nel corso di tale giudizio la P.A. resistente si era costituita affermando che aveva fissato un appuntamento alla moglie del ricorrente. 

In realtà, era stato rilasciato dal SUI di Sondrio il nulla osta in data 20.10.2022, ma le diffide inviate dal legale all’Ambasciata a Islamabad non avevano sortito alcun effetto:

  • la prima con mail del 23.02.2023, nella quale si affermava che, nonostante il rilascio del nulla osta ed il tentativo per la moglie del ricorrente di ottenere la fissazione di un appuntamento dall’Ambasciata, quest’ultima non aveva risposto; 
  • ulteriori solleciti erano stati inviati a mezzo PEC il 31.03.2023 e 18.04.2023 all’Ambasciata, senza che essa abbia mai fornito la prova di aver risposto; 
  • un’altra PEC datata 22.09.23, nella quale si dichiarava che l’appuntamento per il rilascio del visto era fissato al 4.01.24.

Il difensore ha riportato che nessun rilascio è avvenuto in tale data (“nonostante ulteriori tentativi di contatto con l’Ambasciata, la procedura di rilascio del visto d’ingresso in argomento non risulta essere stata evasa, né comunicazioni di alcun tipo risultano essere pervenute al ricorrente”). 

Il Tribunale di Roma, nell’ordinanza, precisa: “Considerato che l’art. 29 TUI prevede che il nulla osta abbia una validità di sei mesi dal rilascio, che la relativa istanza deve essere proposta all’Ambasciata entro tale termine e che quest’ultima deve respingere la richiesta solo se (comma 9) risulta che il matrimonio ha avuto luogo a scopo elusivo della documentazione o essa è falsa; considerato altresì che l’istanza di fissazione dell’appuntamento è stata proposta entro i sei mesi di validità del nulla osta, è indubitabile che il richiedente abbia diritto al suo esame (e della relativa documentazione)”.

Nel ricorso è stato anche allegato il verbale INPS nel quale emerge che il cittadino pakistano è invalido al lavoro al 75% (con revisione fissata al maggio 2026) per riconosciuta spondilite, fibromialgia e conseguente stato depressivo, con la conseguenza che può ritenersi dimostrata l’esistenza di una urgenza dovuta alla necessità per il ricorrente di essere assistito da una persona, quale potrebbe essere la moglie se ottenesse il visto di ingresso.

Sulla base di tutto ciò il tribunale scrive: “Ovviamente deve specificarsi che, proprio perché l’istanza non risulta essere mai esaminata dall’Ambasciata competente che si è sostanzialmente limitata a tenere un silenzio mai motivato, questo giudicante non può che limitarsi ad accogliere la domanda cautelare nei limiti di ordinare all’Amministrazione di provvedere a fissare in via urgente, entro un termine massimo di 15 giorni dalla comunicazione del presente provvedimento, un appuntamento alla moglie del ricorrente al fine di ricevere, in tale occasione, l’istanza e la relativa documentazione, sì da poterla esaminare e concludere il procedimento con un provvedimento espresso (che, ove negativo, semmai verrà successivamente impugnato da parte dell’interessato)”.

Si ringrazia l’Avv. Nicola Ambrosetti per la segnalazione.