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Ph. Sos Humanity - Il capitano Joachim Ebeling
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Il ministro Piantedosi viola il diritto nazionale, internazionale e marittimo

Il Viminale infrange la legge e vuole respingere i migranti: il gioco di forza contro i diritti fondamentali

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La nave Humanity 1 salva 179 persone per restare giorni su giorni in acque territoriali italiane senza la possibilità di sbarcare, diktat del nuovo Governo Meloni che di fatto sceglie di frantumare non solo la normativa italiana e quella internazionale, ma soprattutto quella centenaria del mare che prevede dei comandamenti basilari. Uno su tutti, il salvataggio dei naufraghi.

Sembra paradossale nel 2022 parlare di come il salvataggio sia prerogativa da attuare senza sé e senza ma, eppure nei tempi moderni che sanno di regressione appare come un qualcosa di eccezionale.

Il modus operandi del Ministro dell’Interno sfregia in tutte le superfici e nella profondità il diritto: capostipite di queste violazioni, la cosiddetta “selezione” non è applicabile in una democrazia. ASGI ha ben articolato perché far sbarcare alcuni dei naufraghi e respingere indistintamente tutti gli altri “si configura, oggettivamente, come una forma di respingimento collettivo“.

Ma qui si è anche capovolto il senso del diritto: un capitano di una nave salva delle persone in pericolo e viene invitato a violare la legge e quindi istigato a delinquere (art.114 Codice Penale).

Di fatto le pressioni effettuate verso Joachim Ebeling rientrano in un tentativo di svincolarsi dagli obblighi legislativi che ricopre ed un tentativo di fargli violare l’obbligo di place of safety.

I reati di un ordine come quello impartito ad Ebeling sfociano nell’istigazione a delinquere 1 (art. 414 C.P.), nell’istigazione a disobbedire alle leggi 2 (art. 415 C.P.), nella propaganda ed istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa (art. 604 bis Codice Penale), nell’abuso d’ufficio (art. 323 C.P.), nel sequestro di persona 3(art. 605 Codice Penale) con l’aggravante che se il reato è commesso nei confronti di minorenni la pena comminata è dai 3 ai 14 anni; e sfociano nella violenza privata (art. 610 C.P.) e nell’atto persecutorio (art. 612 bis C.P.).

I minorenni salvati hanno tutele ben strutturate in Italia: cosa vuol dire farli restare in mare per giorni? Vuol dire violare leggi di fondamentale importanza di cui godono appena entrati in territorio italiano:

  • Convenzione sui diritti del fanciullo (New York – 20 novembre 1989);
  • TU 286/98, art.19, comma 2, “Non è consentita l’espulsione” degli “stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulso“;
  • Legge 7 aprile 2017 n.47 recante “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” che porta a disegnare in modo più protettivo lo status del minore non accompagnato. Al Dlgs 286/98 comma 1 dell’art. 19 è inserito l’1-bis, a rafforzamento del principio di non-refoulement: ”In nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati“.

Il MSNA è portatore di una serie di ulteriori diritti e ha il sacrosanto diritto all’accompagnamento verso un’istruzione adeguata. Recentemente, invece, sembra che venga imposto l’obbligo del ritorno in Libia.

Rispetto agli adulti soccorsi dalle navi umanitarie – in questo momento sono ancora centinaia le persone bloccate anche su altre navi di soccorso – il quadro è quello di una sequela di violazioni gravissime che intaccano un assetto normativo fondato sul diritto marittimo, che ha delle leggi ben chiare che prevedono la tutela degli esseri umani.

Nel testo “Rescue at Sea: A Guide to Principles and Practice as Applied to Migrants and Refugees“, elaborato dall’Organizzazione marittima internazionale (IMO), l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e l’International Chamber of Shipping (ICS), viene sottolineato l’obbligo per il comandante di tutelare i migranti presenti nell’imbarcazione di soccorso e trasportarli in un luogo dove la loro incolumità è assicurata. Ed inoltre viene nuovamente chiarito, dallo stesso UNHCR, come la Libia non sia da considerarsi luogo sicuro e quindi annoverabile nella categoria “place of safety“. Di fatto, viene smentita l’ipotesi secondo cui l’azione del capitano della nave Humanity 1 sia da considerarsi illegale.

Ricordiamo per quali fonti del diritto:

  1. Convenzione SOLAS, capitolo V, regolamento 33: “il comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione”.
  2. Art.98 Comma 1, Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare – UNCLOS – (1982): “Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita quanto più velocemente possibile”.

La selezione attuata a bordo, inoltre, calpesta il diritto a richiedere la protezione internazionale, un cardine del diritto che se violato comporta un atteggiamento gravemente illegale: il definire a priori e senza previa consultazione “clandestini” possibili titolari di protezione internazionale è in contrasto con il Protocollo addizionale della Convenzione ONU. Così come non è legale bloccare, “tenere in ostaggio”, i migranti sulle navi.

  1. Convenzione di Amburgo – SAR – cap. 2.1.10 (attuato in Italia dal D.P.R. N.662/1994: gli Stati devono “garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata”. Cap. 1.3.2.: “fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro”.
  2. Deve essere svolto un “esame adeguato e completo” per stabilire lo status (direttiva 2013/32/UE).
  3. Art. 10 Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo “ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta“.
  4. Non è possibile valutare lo status di un potenziale rifugiato politico, in mare.” (Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria).
  5. Nessuno dovrebbe essere sbarcato, costretto a entrare, condotto o altrimenti consegnato alle autorità di un paese in cui esista, tra l’altro, un rischio grave di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura, alla persecuzione o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti, o in cui la vita o la libertà dell’interessato sarebbero minacciate a causa della razza, della religione, della cittadinanza, dell’orientamento sessuale, dell’appartenenza a un particolare gruppo sociale o delle opinioni politiche dell’interessato stesso, o nel quale sussista un rischio di espulsione, rimpatrio o estradizione verso un altro paese in violazione del principio di non respingimento.” (Regolamento UE N.656/2014).

Non è essere buonisti sottolineare, combattere, protestare e indignarsi per i migranti respinti in acque territoriali italiane: la legge italiana, internazionale e marittima va rispettata. Sono in gioco il rispetto della Costituzione e delle normative, infrangerle comporta una digressione democratica preoccupante.

  1. Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione
  2. Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all’odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni
  3. Chiunque priva taluno della libertà personale”: pena che va da uno a dieci anni se il fatto è commesso “da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni”.

Pietro Giovanni Panico

Consulente legale specializzato in protezione internazionale ed expert prevenzione sfruttamento lavorativo. Freelance con inchieste sui MSNA, rotte migratorie, accordi illegittimi tra Paesi europei ed extra UE e traffici di armi.
Nel 2022 ho vinto il "Premio giornalistico nazionale Marco Toresini" con l'inchiesta "La guerra dei portuali genovesi contro le armi saudite".