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da Il Manifesto del 23 ottobre 2003

Abbandonati al cimitero di Alfredo Pecoraro

Il sindaco di Lampedusa minaccia di buttarle via. Poi, per le 13 bare di domenica arriva la soluzione. Destinazione la capitale. Nell’isola sbarcano altri 150

Lampedusa – I fiori sono quasi secchi. Il mogano si è sbiadito lentamente sotto il sole cocente. Ogni tanto qualcuno passa, le guarda e se ne va. Altri neanche se ne accorgono. Da quattro giorni sono abbandonate. Lasciate incustodite nel piazzale del cimitero. All’aria aperta. A qualcuno danno pure fastidio. Il comune non vede l’ora di disfarsene. Il sindaco, Bruno Siragusa (Forza Italia), continua a ripetere che quelle bare devono sparire. Dentro ci sono i corpi dei 13 somali giunti morti a Lampedusa domenica scorsa. Cadaveri senza un nome, senza un volto. Chiusi nei sarcofaghi e messi in fila proprio di fronte alla porta d’ingresso del cimitero. Si distinguono solo perché su ognuna c’è incollato un adesivo con un numero. Questi cadaveri si chiamano 1,2,3,4 fino al numero 13. In una di queste bare c’è Fathima, l’unico nome che è stato possibile attribuire ai cadaveri. Fathima con sé aveva portato il certificato di divorzio, ritrovato in una borsetta con delle foto che la ritraevano in compagnia di uomini e bambini. Il responsabile del Cpt «Fratelli Misericordia», Claudio Scalia, ha mostrato ai sopravvissuti le foto. E hanno riconosciuto Fathima. Le bare sono state coperte con una rete verde. L’isola sembra essersi dimenticata che lì dentro ci sono uomini e donne, morti dalla fame e dal freddo, persone che pensavano di arrivare in Italia per cambiare una vita di stenti e oppressione. Un minuto dopo la cerimonia con il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, commosso di fronte alle salme, sulle bare è calato un velo di indifferenza. Alla compassione iniziale è seguito un cinismo silenzioso. Una sorta di rassegnazione. Ormai queste povere vittime sono diventate soltanto un problema. E come tale affidato alla burocrazia.

A Lampedusa si contano le ore e i minuti. «Bisogna portale via – ripete il sindaco – non possono stare qui». La gente in paese, alza le spalle. Nessuno vuole gli immigrati vivi, sui morti l’imbarazzo è evidente. Padre Leo Argento, allarga le braccia. «Cosa possiamo fare? – sussurra – E’ vero non è stato giusto tenerle a cielo aperto, ma al camposanto non ci sono posti, non c’è neppure la camera mortuaria. E’ un’emergenza e ci possono essere degli intoppi». Pur di togliere i feretri dal cimitero, il sindaco è passato alle minacce. E fra un caffè corretto con un po’ di grappa ha lanciato il suo ultimatum: «Se il ministero degli Esteri non se ne fa carico – avverte – oggi stesso le metto sulla nave Sansovino per Porto Empedocle e le spedisco al cimitero di Favara, ad Agrigento». Nell’immaginario del sindaco, probabilmente, Favara rappresenta il luogo migliore dove seppellire i cadaveri senza volto. Siragusa s’è rasserenato solo quando ha appreso che la Farnesina forse oggi stesso invierà un aereo militare per prelevare i feretri. Le bare dovrebbero essere trasferite a Roma e sepolte nel cimitero islamico. La decisione è stata assunta dopo che la Farnesina ha accertato l’autenticità di un fax firmato da due somali col quale si chiedeva il trasferimento nella Capitale delle bare.

Sulla nave per Porto Empedocle ieri sono stati caricati 39 maghrebini e un liberiano. I migranti sono stati trasferiti nel centro di Agrigento dove sconteranno gli ultimi giorni di detenzione prima di ricevere il foglio di via. Agghiacciante la scena all’imbarco. Dopo essere scesi dal cellulare, i carabinieri hanno fatto schierare 18 immigrati su due file. Per cinque minuti sono rimasti in balia di fotografi e telecamere, proprio come accade nelle situazioni di arresto. Nel centro fino al primo pomeriggio di ieri erano rimaste 46 persone. Ma dopo l’ultimo sbarco avvenuto ieri sera, il numero è salito a 199. Fra i detenuti, tunisini, somali, marocchini, palestinesi e pakistani. La Guardia di Finanza ha fermato due presunti scafisti. Nella notte i migranti sono stati interrogati. Probabilmente sono salpati dalla Tunisia o dalla Libia. Sono stati avvistati a bordo di un barcone di circa 12 metri, 45 miglia a Sud di Lampedusa.