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Bologna – Una caverna come casa

Intervista a Giuseppe Chimisso, associazione Skanderberg

Un gruppo di nove persone di nazionalità rumena vive in una caverna. Melting Pot Europa ha fatto un sopralluogo in Via Larga a Bologna e ha potuto verificare che effettivamente queste persone vivono sotto terra. Sono in città da circa un anno, ma da quasi tre mesi hanno trovato un riparo tra i muri delle fondamenta di una fabbrica rasa al suolo parecchi anni fa, in un grande spiazzo abbandonato di fronte al Centro Commerciale Pianeta. Hanno sistemato qualche materasso in uno stretto cunicolo sotterraneo illuminato da candele e attrezzato come una casa. Ma è una vera e propria grotta: fredda, umida e senza porta. Emil ha tre anni ed è il più piccolo, Eva ha invece venti anni e ci mostra le fotografie dei suoi due figli in Romania.

Qui abbiamo incontrato Giuseppe Chimisso, dell’associazione italo-albanese Skanderberg, il primo ad allertare la città su questa drammatica condizione.
Giuseppe ha costruito una rete di solidarietà che – nell’attesa che l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Bologna risponda a questa situazione – sta provvedendo alle nove persone con aiuti di ogni genere. Sono numerosi infatti i cittadini che dopo aver appreso dalla stampa l’esistenza di una simile realtà hanno contattato Giuseppe Chimisso per offire aiuti e sistemazioni alternative; vicino alla fermata della Suburbana di Via Scandellara è stato organizzato un punto di raccolta abiti e coperte.
Ma la continua pressione del Signor Chimisso sulle istituzioni ha portato purtroppo a ben poco, l’Assessorato alle Politiche Sociali ha provveduto ad una sistemazione in albergo per due notti solo per Emil ed i suoi genitori. Intanto i cittadini raccolgono fondi per comperare roulotte e camper, anche perché tra meno di 10 giorni l’area sarà destinata ad un cantiere edile e per queste nove persone comincerà la ricerca di un nuovo spazio dove poter dormire.

Domanda: Come ha scoperto l’esistenza di questo rifugio?

Risposta: Circa dieci giorni fa ho appreso che qui c’erano di nuovo delle persone. già in passato qui hanno abitato degli adulti, che ho contattato per informarli del fatto che la polizia sarebbe arrivata per caccialri e quindi ho suggerito loro di abbandonare il posto. Questa volta ho però intuito che tra le persone c’era anche un bambino. La polizia me l’ha confermato. Ho dunque cominciato a fare perlustrazioni di giorno e di notte e ho potuto vedere che c’era un bambino. A questo punto ho contattato il giornale La Repubblica per dare la massima diffusione a questa cosa. Poi mi sono rivolte a varie comunità tra cui quella delle Clarisse Francescane, ma erano tutte già piene. Un altro problema è che la madre di Emil non vuole staccarsi dal marito e molte soluzioni prevedevano una sistemazione solo per madre e figlio.

D: Quale potrebbe essere un’alternativa rapida per tutte e nove le persone?

R: Mi hanno semplicemente chiesto un campo o un altro spazio dove poter sistemare una baracca o dove mettere una roulotte da comprare usata. Intanto la solidarietà delle persone sta crescendo: solo oggi mi hanno contattato decine e decne di persone per contribuire o per esprimermi la loro indignazione.

D: La prima risposta di enti locali e istituzioni?

R: Per ora l’unica risposta è stata quella di inviare i Vigili Urbani, ma non è di questo che c’è bisogno qui. Ho contattato il Servizio Genitoriale Infantile che ha, appunto, mandato la Polizia Municipale.

D: Qual è il fututo prossimo di quest’area abbandonata?

R: L’area è in lotizzazione già da tempo, infatti a partire dal 17 o 18 dicembre inizieranno i lavori per avviare i cantieri.

Per contribuire alle spese dell’albergo per Emil e i suoi genitori sostenute dall’associazione Skanderbeg:
c/c 40361560, Banco Posta Filiale Fiera
causale: Famiglia rumena

Per contattare l’associazione Italo-Albanese Skanderberg:
[email protected]