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Da Metropoli del 23 febbraio 2008

Case popolari, dalla Consulta “sì” alla legge della Lombardia

Resterà in vigore senza modifiche la legge della Lombardia che nega le case popolari agli immigrati con meno di cinque anni di residenza nella regione. La Corte Costituzionale, giudicandola «manifestamente inammissibile e infondata», ha infatti respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tar della Lombardia su ricorso dei sindacati degli inquilini che da tre anni si battono contro la maggioranza di centrodestra e contro il governatore Roberto Formigoni, che hanno voluto la norma definita «antimmigrati» nel regolamento per l’assegnazione delle case popolari. Il Tar in prima istanza aveva accolto le tesi dei sindacati, ma aveva rinviato la questione davanti alla Consulta, ritenendo la legge lombarda «discriminatoria», per il sospetto di incostituzionalità di alcuni articoli.

Invece, contrariamente alle attese di Cgil, Cisl e Uil, l’ordinanza depositata ieri dai giudici della Consulta conferma le tesi sostenute dalla Regione Lombardia, rigettando integralmente le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar. Soddisfatto il presidente Formigoni che sulle case popolari aveva voluto il requisito di “sbarramento” davanti alle richieste in continua crescita degli immigrati: «La Corte Costituzionale — commenta — dà pienamente ragione alla nostra politica sulla casa, che è una politica giusta, socialmente equa e innovativa. Da anni, con la nostra costante e puntuale azione, diamo un aiuto concreto ai meno abbienti e alle famiglie in difficoltà, fornendo risposte adeguate e moderne ai bisogni, mentre combattiamo gli abusivi, i furbi e tutti quelli che godono di ingiusti privilegi. Sconfitta l’opposizione strumentale e ideologica di chi agisce solo per mantenere assai discutibili rendite di posizione».

Il Tar riteneva che la legge regionale violasse gli articoli della Costituzione sull’uguaglianza dei cittadini e sul diritto all’abitazione. La Consulta ha invece ritenuto che non ci sia violazione in quanto la materia «rientra nella competenza legislativa delle Regioni e perché le modalità di assegnazione non invadono la competenza dello Stato». Inoltre, la Consulta ha stabilito anche che l’introduzione del requisito della durata della residenza o dello svolgimento del lavoro in Lombardia non risulta essere un fattore di discriminazione dal momento che questo requisito risulta «non irragionevole» ai fini di un «equilibrato bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco».

I sindacati, invece, giudicano «sorprendente» la decisione della Corte, ma non intendono darsi per vinti. Parte della questione, infatti, è stata rigettata perché «manifestamente infondata» ed è su questa che i sindacati intendono chiedere al Tar, durante la prossima udienza, di motivare meglio la richiesta e rimandarla alla Consulta. Se questo non succederà, sono pronti anche a ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo. «Non ci resterà che questo — osservao Guido Piran, segretario regionale del Sicet-Cisl — perché non possiamo soggiacere a un’ingiustizia». «La nostra battaglia continua — aggiunge Giancarlo Pelucchi del Sunia Cgil Lombardia — : il diritto alla casa non può essere riconosciuto in base al colore della pelle».