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Commento allo schema del decreto flussi 2006

Al momento non è ancora stato pubblicato il decreto flussi e non è ancora possibile sapere quando ciò accadrà, anche se si vocifera che la pubblicazione avverrà nel mese di febbraio.

Lo schema di decreto flussi che il Consiglio dei ministri ha definito il 10 gennaio scorso (“Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente la programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2006”), non è un documento ufficiale, ma una bozza che – in base all’art. 3 del T.U. sull’Immigrazione (d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) – deve essere sottoposta all’esame delle competenti Commissioni parlamentari, della Conferenza unificata Stato – Regioni e della Corte dei Conti.
Sono pertanto ancora possibili delle modifiche allo schema in oggetto di cui ovviamente daremo conto.

Come avverrà l’inoltro delle domande?
Quello che rimane ancora oscuro è la modalità di inoltro delle domande di autorizzazione al lavoro attraverso l’utilizzo delle quote disponibili. Ancora non sappiamo se le domande dovranno essere inoltrate esclusivamente tramite gli uffici postali, oppure se quest’anno vi sarà la possibilità di evitare quella situazione – a dir poco incresciosa – che si era verificata lo scorso anno per cui molti sono riusciti ad eludere una concorrenza ed una partecipazione leale alla “gara” relativa all’utilizzo delle quote, inoltrando le domande attraverso uffici postali che aprivano alle ore 8,00 anziché alle 8,30.
Per quanto riguarda le modalità organizzative del servizio postale, la prossima settimana dovremmo avere delle conferme da parte dell’amministrazione postale; sappiamo che sono in corso di definizione gli accordi tra il Ministero del Lavoro e l’azienda Poste Italiane finalizzati a concertare l’organizzazione dell’inoltro delle domande.
Vedremo se questa volta la stessa sarà preparata in maniera più “corretta”.

Altra cosa che ancora non è confermata, ma di cui si vocifera solamente, è che
l’inoltro tramite servizio postale delle domande di accesso alle quote potrebbe forse avvenire mediante un sistema analogo a quello utilizzato con la sanatoria del 2002, quindi con appositi kit e con una modulistica predisposta per la lettura ottica.
Questo, teoricamente, dovrebbe semplificare lo smaltimento delle pratiche, ma potrebbe dar luogo ad ulteriori complicazioni. Come noto (e come molti sicuramente si ricordano) con l’ultima sanatoria la domanda di autorizzazione al lavoro doveva essere inoltrata attraverso appositi kit, compilando dei moduli predisposti per la lettura ottica.
Se così dovesse essere per il prossimo decreto flussi 2006, la modulistica predisposta nel sito del Ministero del Welfare non potrebbe essere utilizzata perché servirebbe una modulistica impostata diversamente al fine di consentirne la lettura ottica, il cui contenuto sostanziale rimarrebbe verosimilmente invariato.
C’è però una differenza rispetto allo smaltimento delle pratiche relative alla sanatoria del 2002. Come si ricorda nel 2002 le domande relative erano state tutte concentrate e trasmesse da parte dei servizi postali al centro elaborazione dati della Polizia di Stato di Napoli che aveva effettuato una prima scrematura; ciò a dire che, per ogni posizione individuale, la polizia verificava l’esistenza di eventuali impedimenti alla regolarizzazione, quali procedimenti penali, provvedimenti di espulsione, segnalazioni nel Sistema Informativo Schengen (SIS).
Ebbene, se tale procedura dovesse essere mantenuta anche per le quote per l’anno 2006, verosimilmente non mancherebbero di verificarsi delle complicazioni perché, nel caso della regolarizzazione del 2002 era possibile smaltire un po’ alla volta le pratiche senza che ciò comportasse alcun pregiudizio, danno, o ritardo per la definizione delle stesse, in quanto non c’era un numero limitato di pratiche da accogliere e non c’era la necessità di formulare, a livello territoriale, delle graduatorie. Quindi, dal punto di vista pratico, era possibile smaltire le pratiche un po’ alla volta.
Infatti, anche se le stesse non giungevano alle sedi territoriali in modo ordinato, cioé dalla prima all’ultima, questo non faceva differenza. Naturalmente i primi ad arrivare erano più fortunati perché avevano una risposta più rapida, ma ciò non toglieva nulla agli ultimi che, comunque, non correvano il rischio di vedere esauriti i posti.

Nel caso invece del decreto flussi, come è noto, esiste un numero limitato di autorizzazioni che possono essere concesse e quindi non per tutti potrà esserci posto.
Questo impone la necessità di effettuare a livello territoriale delle graduatorie, ed ogni sede potrà rilasciare le autorizzazioni nel numero massimo disponibile in base all’ordine di presentazione delle domande. Quindi i primi avranno l’autorizzazione e così via, fino all’esaurimento delle quote disponibili, dopodiché tutte le domande presentate successivamente non potranno essere accolte.
Se dunque fosse confermato l’utilizzo del sistema a lettura ottica, è chiaro che, prima di poter essere “lavorate” a livello territoriale, le pratiche dovrebbero prima essere filtrate presso il centro di elaborazione dati col sistema della lettura ottica sopra menzionato, e solo poi si potrebbe stabilire una graduatoria.
Se si dovesse confermare l’ ipotesi di organizzazione appena prospettata si potrebbero verosimilmente verificare più complicazioni che soluzioni. Ne discenderebbe infatti un ritardo nel rilascio di tutte le autorizzazioni.

Ribadiamo che queste sono tutte ipotesi poiché al momento non abbiamo niente di ufficiale e soprattutto lo stesso Ministero del Lavoro non lascia trapelare anticipazioni ulteriori. D’altra parte, come si può vedere anche nella recente relazione inviata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri alla Conferenza Unificata Stato-Regioni-Province e dall’allegata relazione del Gruppo Tecnico istituito presso il Ministero dell’Interno, l’argomento delle modalità e procedure di inoltro delle domande non risulta preso in considerazione.
Rispetto alle dichiarazioni ufficiali del dicembre scorso rese dal Ministero del Lavoro, troviamo nello schema di decreto flussi alcune contraddizioni. Si era parlato di un decreto specializzato, che avrebbe orientato le quote a favore di determinati settori produttivi (come l’edilizia ed i settori manifatturieri, oltre che il lavoro domestico). In realtà nello schema di decreto flussi in commento, troviamo solo delle quote che vengono riservate al lavoro domestico, mentre per gli altri settori produttivi – eccezione fatta per il settore della pesca marittima – non vi sono quote specifiche che, in qualche modo, limitino la possibilità di assunzioni in settori diversi.

Quello che spicca nello schema di decreto flussi per l’anno 2006, è il numero complessivo di ingressi che è sensibilmente aumentato rispetto agli anni precedenti.
Abbiamo infatti un totale di 170. 000 ingressi, tutti riferiti a lavoratori extracomunitari, ripartiti tra lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato (quindi ingressi finalizzati ad un permesso di soggiorno di tipo rinnovabile) e quote per lavoro stagionale.

Esaminiamo di seguito lo schema in modo dettagliato:

i 170 000 ingressi sono ripartiti in questo modo:

78 500 ingressi per lavoro subordinato non stagionale.

45 000 ingressi per motivi di lavoro domestico o di assistenza alla persona.
Come si vede, queste 45 000 quote non sono specificamente riferite all’attività delle cosiddette badanti. Manca quindi una distinzione tra il lavoro domestico di cameriere, bambinaie e maggiordomi rispetto al lavoro più specifico di assistenza alle persone non autosufficienti. Quindi, all’interno di queste 45.000 quote potranno concorrere tutti i datori di lavoro domestico, indipendentemente dalla necessità di soddisfare esigenze di assistenza.
Il fatto che sia così ampia la quota di lavoro domestico non è di per sé negativo, anche se la circostanza che sia riservata al lavoro domestico in generale potrebbe favorire la presentazione di domande strumentali. In altre parole, potrebbero esservi domande formalmente riferite ad attività di lavoro domestico con la riserva mentale di impiegare poi il/la lavoratore/ice in attività diverse relative ad altri settori produttivi. Questo perché, a fronte di 45.000 quote riservate per lavoro domestico, non ne rimangono molte a disposizione di tutti gli altri settori. Si pensi infatti che altre 38.000 quote sono riservate sempre al lavoro subordinato non stagionale, ma per cittadini provenienti da paesi specifici che hanno sottoscritto con l’Italia accordi di cooperazione in materia di immigrazione. Quindi, se togliamo i cittadini che appartengono ai paesi che hanno stipulato accordi con la Repubblica Italiana o che stanno per stipularli, ecco che le quote diverse da quelle per lavoro domestico sono alquanto striminzite. Questo spiega perché potrebbe esserci il rischio che molti imprenditori formalmente presentino una domanda di assunzione per lavoro domestico, con la riserva poi di destinare questi lavoratori all’inserimento nelle proprie aziende. D’altra parte, come noto, una volta ottenuta l’autorizzazione al lavoro e perfezionato il permesso di soggiorno per lavoro subordinato, è possibile, dopo un breve periodo di svolgimento del rapporto di lavoro oggetto dell’iniziale autorizzazione, cambiare in Italia datore di lavoro e quindi anche settore di impiego. In linea teorica è pertanto possibile che un lavoratore autorizzato al lavoro domestico, una volta arrivato in Italia, possa – dopo avere svolto un breve periodo di lavoro – cambiare idea, dare le dimissioni o comunque risolvere il rapporto di lavoro e rivolgersi ad altri settori produttivi.
Ricordiamo, al riguardo, che per l’autorizzazione ad assumere lavoratori domestici dall’estero saranno verosimilmente confermate (e semmai aggiornate in termini di rialzo della soglia economica) le disposizioni ministeriali che prescrivono di verificare il reddito minimo del nucleo familiare interessato, salvo il caso dell’assunzione di addetti all’assistenza, nel qual caso il nuovo regolamento di attuazione prevede all’art. 30 bis, comma 8, che non si fa luogo alla verifica della capacità reddituale nei confronti del datore di lavoro affetto da handicap o patologie che ne limitano l’autosufficienza.

2000 quote riservate al settore della pesca marittima
E’ verosimile che queste quote siano assegnate alle sedi territoriali interessate a questo fenomeno lavorativo. Confidiamo pertanto – solo per fare un banale esempio – che le province autonome di Trento e di Bolzano non si vedano destinare quote nel settore del lavoro della pesca marittima!

1000 quote riservate a dirigenti e personale altamente qualificato
L’identificazione di personale “altamente qualificato” non trova precisi riferimenti normativi, né precise indicazioni da parte ministeriale. Di fatto si considera lavoro “altamente qualificato” non solo quello di chi è inquadrato come dirigente (e svolge già all’estero questa attività), ma è considerato tale il lavoro di chi è “altamente retribuito”, indipendentemente dal contenuto più o meno altamente professionale dell’attività. In mancanza di direttive al riguardo c’è da aspettarsi che la valutazione discrezionale delle sedi territoriali possa presentare anche forti disomogeneità.

2000 quote riservate alla conversione di permessi di soggiorno per studio in permessi per lavoro.

Come è noto, il T.U. sull’Immigrazione (art. 6, comma 1) prevede in via generale la possibilità per chi è in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di studio, in corso di validità, di convertirlo in p.d.s per motivi di lavoro – se e qualora vi sia disponibilità di quote – a fronte di apposita richiesta da parte del datore di lavoro. Ciò con riferimento a qualsiasi tipo di permesso di soggiorno per studio e a prescindere dal fatto che gli studi siano completati o meno e all’unica condizione che lo straniero sia regolarmente soggiornante per motivi di studio nel momento in cui viene presentata la richiesta di autorizzazione al lavoro, quindi di conversione del permesso di soggiorno.

2000 quote riservate per la conversione di permessi di soggiorno per tirocinio in permessi di soggiorno per lavoro.

All’art. 14 comma 6 del regolamento di attuazione (dpr 99/394), si prevede che chi è autorizzato a soggiornare in Italia per motivi di tirocinio o formazione professionale, in base all’art. 27, comma 1, lettera f) del T.U. sull’Immigrazione può, quote permettendo, ottenere l’autorizzazione alla conversione del permesso di soggiorno. Quindi è possibile, se e quando ci fosse il datore di lavoro interessato, passare direttamente e rimanendo in Italia, dalla condizione di tirocinante a quella di lavoratore subordinato. Lo schema non precisa se questa possibilità di conversione debba essere limitata alla conversione del permesso di soggiorno con lo stesso datore di lavoro. Nel silenzio della norma e in mancanza di ulteriori specificazioni, si dovrebbe ritenere che il tirocinante abbia la possibilità di convertire il permesso di soggiorno anche a fronte di un’offerta di lavoro fatta da un datore di lavoro diverso da quello ove ha svolto il relativo stage.

2000 ingressi per cittadini non comunitari che hanno completato programmi di formazione e di istruzione nel Paese d’origine

La possibilità di ottenere il visto di ingresso per motivi di lavoro per tale categoria di lavoratori, trova la sua base giuridica nell’art. 34, commi 7 e 9, del regolamento di attuazione (dpr. 99/394). L’art. 23, comma 3, del Testo Unico sull’Immigrazione (nella parte modificata dalla legge c.d. Bossi-Fini – art. 19, l. 189/2002) prevede che sia garantito un diritto di prelazione, quindi una preferenza, a lavoratori stranieri che all’estero abbiano partecipato a programmi di formazione autorizzati dal Ministero del Lavoro, finalizzati anche al successivo inserimento nel mercato del lavoro italiano.
All’art. 34, comma 7, si prevede che debba essere riservata una quota di ingressi per lavoro subordinato non stagionale ai lavoratori che abbiano partecipato all’attività formativa nei paesi di origine. Lo stesso art. 34 del regolamento di attuazione, al comma 9, prevede chiaramente che nel caso in cui le quote non fossero sufficienti a soddisfare le domande di assunzione di lavoratori formati all’estero, le stesse potranno essere implementate senza limiti nel corso dell’anno. Quindi la quota prevista è solo formalmente di 2.000 ingressi perché in realtà è illimitata. Di fatto, tutti coloro che hanno partecipato o parteciperanno, nel corso dell’anno 2006, a programmi formativi all’estero, potranno confidare nella possibilità di ottenere l’autorizzazione all’ingresso, sempre se vi è un datore di lavoro che è interessato ad attingere a queste qualifiche professionali.

3.000 ingressi per lavoro autonomo
a) Si tratta di ingressi riservati non ad una qualsiasi attività di lavoro autonomo, ma ad attività specificamente indicate nello schema in esame ovvero: ricercatori, imprenditori che svolgono un’attività di interesse per l’economia nazionale, liberi professionisti, soci e amministratori di società non cooperative, artisti di chiara fama internazionale e di alta qualificazione professionale ingaggiati da enti pubblici e privati.
Dobbiamo precisare che per quanto riguarda gli imprenditori, sembra che in qualche modo si attui una sorta di discriminazione, nel senso che l’imprenditore individuale rientra nell’ambito di questi 3.000 ingressi per lavoro autonomo, mentre invece l’imprenditore che svolge la sua attività in forma associata, potrà utilizzare queste 3.000 quote soltanto se sarà socio o amministratore di società non cooperative. Tale limitazione era presente anche nel decreto flussi del 2005.
Questa norma sembra piuttosto discriminatoria perché le società cooperative sono imprese commerciali a tutti gli effetti e possono svolgere qualsiasi attività di impresa; tuttavia per il momento questo è il dato che emerge.
Per quanto riguarda gli artisti di chiara fama internazionale e di alta qualifica professionale, se ingaggiati da enti pubblici o privati, si tratta di ingressi finalizzati ad un soggiorno di tipo rinnovabile, mentre resta ferma la norma di carattere generale contenuta nell’art. 27, comma 1, lett. m) del T.U. sull’Immigrazione che permette l’ingresso fuori quota, in qualsiasi momento dell’anno, di personale dello spettacolo. Pertanto il personale dello spettacolo di minor fama, potrà entrare in qualsiasi momento dell’anno, ma sarà sempre sottoposto ad un soggiorno precario, non rinnovabile, con il rischio di dover rientrare nel proprio paese. Diversamente gli artisti di chiara fama potranno stabilizzarsi.

b) All’interno di questa quota sono previste 1500 conversioni di permessi di soggiorno per motivi di studio e formazione professionale in permessi per lavoro autonomo.
E’ chiaro che quando si fa riferimento alla conversione da studio a lavoro autonomo, si pensa soprattutto alla richiesta di autorizzazione all’ingresso per lavoro autonomo sotto forma di libera professione. Si pensi ad esempio a chi, terminati gli studi in medicina, vuole intraprendere l’attività di medico libero professionista. Visto che lo schema del decreto flussi non prevede ulteriori distinzioni, quando si parla di titolari di permessi di soggiorno per studio o per formazione professionale, si potrebbe anche immaginare che una persona che non ha ancora conseguito il titolo di laurea o specializzazione, possa poi rivolgersi ad una attività di lavoro autonomo completamente diversa rispetto al percorso di studi svolti.
Esempio pratico – Un titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio può chiedere l’utilizzo delle quote per lavoro autonomo per svolgere l’attività di socio o amministratore di società non cooperative.

La questione è diversa per gli ex studenti ovvero per coloro che, titolari di un permesso di soggiorno per studio, abbiano conseguito la laurea o gli studi di specializzazione post-universitaria. Il nuovo regolamento di attuazione (art. 14, comma 5, dpr 99/394) prevede espressamente la possibilità di convertire in qualsiasi momento il permesso di soggiorno da studio a lavoro subordinato, prevedendo che poi queste conversioni verranno detratte dal decreto flussi per l’anno successivo. In realtà non c’è un numero limitato, quindi si tratta di una soluzione oggi più vantaggiosa per chi, al termine degli studi, voglia trattenersi in Italia. Questa possibilità di conversione che può avvenire in qualsiasi momento dell’anno, senza quote e senza limiti è prevista solo per chi abbia compiuto la maggiore età, titolare di permesso di soggiorno per studio (senza ulteriori requisiti) o per chi, titolare di permesso di soggiorno per studio abbia conseguito il diploma di laurea o la laurea specialistica. Non è chiaro cosa si intenda per “laurea specialistica”, in altre parole se il riferimento comprenda i diplomi di specializzazione post laurea in senso stretto, o se invece comprenda anche il c.d. “ master “.
Per l’appunto, sono molti i casi di persone che, titolari di permesso di soggiorno per studio, non hanno conseguito il diploma di laurea, ma sono arrivate in Italia unicamente per svolgere studi di perfezionamento post universitario, iscrivendosi ai numerosi Master offerti dai diversi atenei.

500 ingressi per lavoro subordinato non stagionale o autonomo riservati a lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay e Venezuela, iscritti in elenchi speciali istituiti preso le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane.
Questa categoria è di scarso interesse per la generalità dei candidati all’immigrazione e riflette più una scelta politica volta a dimostrare che si conservano delle opportunità per gli oriundi italiani, anche se sappiamo che negli anni scorsi queste quote riservate sono state scarsamente utilizzate, non tanto per lo scarso interesse di lavoratori provenienti da questi paesi ma, probabilmente ancor di più, per le notevoli difficoltà burocratiche nel dimostrare l’origine italiana e poi nell’ottenere le previste iscrizioni in elenchi speciali istituiti presso le nostre rappresentanze diplomatiche o consolari. D’altra parte, e’ noto che il decreto flussi viene abitualmente utilizzato per la quasi totalità da lavoratori che sono già presenti in Italia in condizioni irregolari, quindi è difficile che un imprenditore scelga di assumere dall’estero una persona che non ha mai visto nè conosciuto e non ha particolari motivi per privilegiare lavoratori di origine italiana. Il problema dell’imprenditore è quello di assumere una persona le cui attitudini e qualità siano state dallo stesso già valutate in concreto, senza che si debba fidare di un semplice curriculum che evidentemente non permette di valutare le capacità reali del lavoratore.

38.000 ingressi per lavoro subordinato riservati a cittadini provenienti da Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere specifici accordi di cooperazione in materia migratoria:

4.500 cittadini albanesi
3.500 cittadini tunisini
4.000 cittadini marocchini
7.000 cittadini egiziani
1.500 cittadini nigeriani
5.000 cittadini moldavi
3.000 cittadini dello Sri Lanka
3.000 cittadini del Bangladesh
3.000 cittadini filippini
1.000 cittadini pakistani
100 cittadini somali
1.000 cittadini ghanesi
1.400 cittadini di altri Paesi che concludano accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d’ingresso e delle procedure di riammissione.

Sembra che il Ministero del Lavoro abbia proposto di riservare 7.000 ingressi ai lavoratori rumeni, ma ancora non è chiaro se questa quota avrà spazio nel decreto definitivo, p se sia di fatto considerata nella quota residuale prevista per gli accordi in corso di definizione.
E’ da molto tempo che si chiede che siano riservate delle quote ai lavoratori rumeni, che sono una delle nazionalità principalmente interessate all’immigrazione in forma regolare, ma anche in forma irregolare. Per il momento non abbiamo però nessuna conferma del fatto che ciò sia avvenuto, semmai sembra il contrario.

Il caso dei cittadini somali
Sarà curioso invece vedere come potranno essere utilizzate le 100 quote riservate ai cittadini somali dal momento che queste persone – da un punto di vista legale – sono apolidi, infatti non esiste più uno Stato Somalo. I documenti a suo tempo rilasciati dalla Somalia non hanno più alcun valore legale, quindi è piuttosto difficile immaginare come un cittadino somalo – che effettivamente si trovi ancora nel paese di origine – possa riuscire a procurarsi la domanda di visto di ingresso per motivi di lavoro. Speriamo che le autorità competenti offrano in seguito chiare (e soprattutto concretamente applicabili) indicazioni al riguardo.

I cittadini moldavi
Per quanto riguarda i cittadini moldavi, lo schema di decreto flussi in oggetto prevede (art. 2, comma 4) che gli stessi possono “concorrere nell’ambito della quota per motivi di lavoro domestico o di assistenza alla persona di cui al comma 1”.
Quasi a dire che i cittadini moldavi potranno contare oltre che su 5.000 quote riservate per qualsiasi tipologia di lavoro, anche sulla possibilità di presentare (senza limiti numerici) delle specifiche domande per il lavoro domestico. Oppure, alternativamente, dovremmo intendere che nell’ambito delle 5.000 quote previste, per i cittadini moldavi sarà possibile presentare anche domande di lavoro domestico.
Se questo fosse il significato della previsione, dovremmo dedurre che per tutte le altre quote riservate su base nazionale non sarà possibile presentare domande per lavoro domestico! L’interpretazione che sembra più ragionevole è quindi quella di pensare che i cittadini moldavi potranno beneficiare di una quota di 5.000 ingressi più la possibilità di partecipare senza limitazioni all’interno della quota di 45.000 unità per lavoro domestico. Anche in questo caso però, in mancanza di chiarimenti ministeriali, siamo costretti a fare solo delle ipotesi.

50.000 ingressi per lavoro subordinato stagionale, riservati a cittadini di Serbia-Montenegro, Croazia, Bosnia e Herzegovina, Macedonia, Bulgaria, Romania, nonché di paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria quali: Tunisia, Albania, Marocco, Moldavia ed Egitto. Inoltre, indipendentemente dal paese di origine, tali ingressi sono riservati ai cittadini non comunitari titolari di permesso di soggiorno per lavoro subordinato stagionale nell’anno 2003, 2004 o 2005.
Come è noto, il Testo Unico sull’Immigrazione (art. 24, comma 4) prevede che, chi ha già utilizzato negli anni precedenti un permesso per lavoro stagionale e ha dimostrato di aver rispettato i termini previsti (rientrando entro la scadenza nel proprio paese), ha un diritto di preferenza nell’assegnazione delle quote di lavoro stagionale per gli anni successivi.