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Diritto di asilo – Competenza territoriale dei tribunali

Commento alla sentenza n. 10028/2006 della Corte di Cassazione, sezione 1^ Civile.

Con questa recente sentenza si affronta una questione interpretativa di notevole importanza per quanto riguarda la tutela in giudizio dei richiedenti asilo.
Come è noto, a seguito della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, la competente Commissione può decidere in senso favorevole o in senso negativo quindi non riconoscendo né il diritto allo stato di rifugiato, né il diritto alla protezione umanitaria, la cosiddetta protezione sussidiaria nei confronti dei richiedenti.
Nel caso in cui vi sia un provvedimento negativo, vi è la possibilità, in pieno diritto degli interessati, di fare direttamente ricorso al tribunale o di promuovere un giudizio di accertamento sull’esistenza delle condizioni per ottenere il riconoscimento dello stato di rifugiato o la cosiddetta protezione umanitaria. Il Tribunale si pronuncia con sentenza e con la possibilità, eventualmente, di adottare provvedimenti urgenti che potrebbero sospendere gli effetti della determinazione negativa, bloccando l’espulsione dal territorio italiano.

L’argomento che trattiamo è specificamente riferito alla competenza territoriale dei Tribunali. Potrebbe sembrare un argomento di pura procedura, di poco interesse, quasi una questione sterile, interessante solo per gli addetti ai lavori.
In realtà le cose non stanno così, perché una recente sentenza della Corte di Cassazione aveva stabilito che – applicandosi la vecchia normativa in materia di asilo – i provvedimenti negativi della Commissione Centrale di riconoscimento dello status di rifugiato, avrebbero potuto essere contrastati solo promovendo una causa avanti ad un unico Tribunale: quello di Roma.
Le argomentazioni, in base alle quali la Corte di Cassazione era pervenuta a queste conclusioni, stabilivano che la causa in tribunale per accertare il diritto di asilo non avrebbe potuto essere svolta presso il tribunale del luogo di residenza o di domicilio del richiedente (quindi teoricamente presso qualsiasi tribunale del territorio italiano) ma unicamente presso un solo tribunale cioè quello dove ha sede l’amministrazione centrale dello Stato, ovvero Roma.
Dal punto di vista pratico questa conclusione non ha mancato di comportare seri problemi.
Un conto è per una persona, che per esempio vive a Padova, la possibilità di promuovere una causa avanti il Tribunale di Venezia, altra cosa invece è stabilire che tutte le cause – da qualsiasi parte d’Italia si provenga – debbano essere per forza promosse presso il Tribunale di Roma. Oltre tutto questo significa intasare con una mole enorme di cause un’unica sede giudiziaria, col rischio di prolungare i tempi di definizione di questo tipo di cause, se non anche indirettamente, di indurre ad un’interpretazione restrittiva delle norme in materia di asilo e di protezione umanitaria.
Ora, con il nuovo regolamento di attuazione (D.P.R. 303/2004), siamo passati a una procedura diversa. Oggi non c’è la Commissione Centrale per il rifugiato ma le Commissioni territoriali.

Proprio per questo ci si chiedeva se ora, rispetto ai provvedimenti già pronunciati da parte delle commissioni territoriali, è possibile fare ricorso al tribunale del luogo oppure se era necessario rivolgersi a quello di Roma.

La sentenza che stiamo commentando ha chiarito il dubbi interpretativi, stabilendo che la causa si fa presso il tribunale del luogo di effettiva dimora o residenza del richiedente asilo.

Sempre questa sentenza offre l’occasione per chiarire che la causa non deve essere fatta presso il tribunale del capoluogo regionale (o meglio, della sede dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato) bensì presso il tribunale di reale dimora o residenza dello straniero. Potenzialmente tutti i tribunali italiani.