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di Verena Tonelli

Europa – Raggiunto l’accordo sulla direttiva rimpatri

Si regolano le espulsioni dimenticando di aprire canali più semplici di ingresso legale

Il 4 giugno il Coreper, Comitato dei Rappresentanti Permanenti, composto dagli ambasciatori di 27 Paesi dell’Ue, ha raggiunto l’accordo sulla direttiva rimpatri, approvata all’unanimità dai Ministri degli Interni dei Ventisette ( i due paesi che al Coreper avevano posto una riserva, Austria e Belgio, l’hanno poi revocata). Si tratta di un testo di compromesso elaborato dalla presidenza slovena della Ue a da alcuni deputati dell’Europarlamento che dovrà essere approvato il prossimo 18 giugno dall’Assemblea plenaria del Parlamento Europeo che si riunirà a Strasburgo.
La direttiva ha sollevato molte opposizioni sia all’interno del mondo politico, sia da parte della società civile in quanto tende a trovare un accordo sugli standard minimi piuttosto che uniformare sulla linea delle politiche migliori.
Il testo prevede, infatti, (sulla base di un atto amministrativo solo in un secondo momento sottoposto alla conferma dell’autorità giudiziaria) la detenzione dei migranti irregolari per 6 mesi, prolungabili fino a 18 in determinate situazioni, come ad esempio la mancata cooperazione da parte del Paese d’origine del cittadino extracomunitario. La detenzione, che dovrebbe costituire una misura estrema, è attuata in tutti i casi in cui esiste un pericolo di fuga o una minaccia per la sicurezza, lasciando così la possibilità di detenere i migranti per motivi che vanno al di là del “tempo strettamente necessario all’organizzazione della loro espulsione”.

L’accompagnamento coatto alla frontiera per mezzo della forza è previsto in caso di resistenza, con conseguente divieto di reingresso nei Paesi dell’Unione per 5 anni. Viene inoltre istituzionalizzata l’espulsione e la detenzione di minori. A questi aspetti si aggiungono inoltre la possibilità di trattenere anche i richiedenti asilo per tutto il periodo di attesa per il riconoscimento dello status.
Nonostante la direttiva rimpatri contenga una lista di categorie di soggetti ritenuti particolarmente vulnerabili, che devono essere legalmente tutelate contro le espulsioni, queste garanzie risultano molto deboli. Tra le categorie rientrano i minori non accompagnati, i quali non dovrebbero essere espulsi né detenuti e le persone malate, che devono ottenere un permesso di soggiorno per motivi di salute. Risultano tuttavia escluse altre persone altrettanto bisognose di protezione quali donne incinte, minori con i propri genitori, persone con legami familiari in Europa, vittime di torture o della tratta, etc. www.direttivadellavergogna.org
Altro aspetto allarmante è la possibilità di espellere i migranti verso i paesi di transito, fra cui alcuni che non offrono garanzie sul rispetto dei diritti umani, come più volte denunciato da moltissime organizzazioni internazionali che si occupano della tutela dei diritti dell’uomo.
L’unica piccola garanzia concessa dalla direttiva riguarda l’intesa raggiunta sulla difesa d’ufficio gratuita che rimarrà obbligatoria, in quanto tutti gli stati membri devono accordare, agli espulsi, il diritto di ricorso contro la decisione d’espulsione e assicurarne la difesa legale, ma alle medesime condizioni stabilite nella direttiva riguardante i rifugiati. Quest’ultima, tra l’altro, prevede la possibilità per uno Stato di accordare la difesa gratuita soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/o soltanto rispetto agli avvocati o altri consulenti legali che sono specificamente designati dalla legislazione nazionale ad assistere e/o rappresentare i richiedenti asilo; e/o soltanto se il ricorso o il riesame hanno buone probabilità di successo. Infine, viene garantita la possibilità di farsi rimborsare le spese se le condizioni economiche della persona in questione dovessero migliorare.

Ciò che colpisce è come, mentre l’Unione Europea sta concentrando i suoi sforzi nell’armonizzare a ribasso la disciplina dei rimpatri e della detenzione, non vi sia nessuna iniziativa che si ponga l’obiettivo di regolare positivamente le possibilità di ingresso autorizzato.
Quasi tutti i Paesi Ue stanno attuando delle politiche di governo dell’immigrazione sempre più restrittive che di fatto finiscono con rendere sempre più limitati i canali di ingresso legale. Anche l’Unione europea sembra andare in questa direzione, mettendo al centro del discorso sull’immigrazione le espulsioni e la detenzione degli irregolari, senza incanalare gli sforzi comuni per migliorare le procedure di ingresso legale.

Vedi anche “No alla direttiva della vergogna, No all’Europa del filo spinato”