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I respingimenti illegali lungo la rotta balcanica: un focus sulla situazione del confine italo-sloveno, sui respingimenti “a catena” e sulla sistematicità di tali pratiche

Una ricerca a cura di Elia Iotti, Chiara Martini, Melissa Visintin

Photo credit: Eddie e Bojan (da No Name Kitchen)

Nota introduttiva

Nel seguente elaborato scegliamo di utilizzare il termine “migranti” in riferimento alle persone in transito lungo la rotta balcanica. Si tratta di una denominazione che sappiamo generica e non esaustiva delle varie componenti che caratterizzano questi flussi migratori.

Secondo i dati UNHCR 1 le persone che intraprendono questo percorso vengono prevalentemente da Pakistan, Afghanistan, Siria e Bangladesh. Oltre a coloro in cerca di protezione internazionale (e quindi potenziali richiedenti asilo) vi è anche chi si trova in fuga da una condizione di vita nel Paese di origine ritenuta non accettabile. Come spiegato da Gianfranco Schiavone, vicepresidente di ASGI, “si tratta di condizioni che, anche quando sono esterne alla nozione di protezione internazionale, non possono essere semplicisticamente ricondotte all’etichetta di migrante economico – termine comune e a lungo abusato -, ma in larga parte andrebbero ricondotte alla necessità di godere di forme di protezione complementari per ragioni umanitarie2.
Ci teniamo quindi a sottolineare che parliamo sempre di persone con background migratori diversi e diversificati, di soggettività detentrici di diritti e portatrici di volontà, desideri ed agency, che hanno vissuto e stanno vivendo gravi violazioni e abusi.

Abstract

Una delle principali vie di accesso all’Unione Europea è la cosiddetta “rotta balcanica”, un percorso attraversato da tempo da numerosi flussi migratori, che dal 2015 è teatro di costanti violazioni dei diritti umani: morti e violenze a danno delle persone in movimento sono diventate sempre più comuni, sono stati eretti muri e collocati fili spinati, il diritto d’asilo viene costantemente negato e pratiche di respingimenti illegali hanno preso piede in maniera sempre più preponderante. Nonostante a periodi alterni questa drammatica situazione – in corso ormai da più di 5 anni – riesca ad avere una qualche attenzione mediatica, quelli che sono i meccanismi sottesi, le dinamiche strutturali e le profonde responsabilità sembrano non emergere mai.

Nella seguente ricerca, condotta negli ultimi mesi del 2020 (Settembre-Dicembre), abbiamo cercato di fare luce sui respingimenti illegali perpetrati in questi territori, focalizzando l’attenzione su quanto accade sul confine italo-sloveno, dove da inizio 2020 vi è stata una veloce e sempre più crescente implementazione di tali pratiche. Numerose sono state le giustificazioni e i tentativi di legittimazione da parte delle autorità italiane, che però, come spiegheremo nel corso dell’elaborato, risultano in effetti precari, rivelandone la totale illegittimità e illegalità. A dimostrazione di ciò, di fondamentale importanza è (e sarà) anche la recente sentenza del Tribunale di Roma, che ha condannato il Ministero dell’Interno per aver “riammesso” un ragazzo pakistano in Slovenia – e di conseguenza, a catena, in Croazia e in Bosnia-Erzegovina – esponendolo consapevolmente a “trattamenti inumani e degradanti” e “torture”.

Il contesto della rotta balcanica in generale e del confine italo-sloveno nello specifico offre quindi un esempio paradigmatico di un modus operandi trasversale, organizzato e coordinato. Se si guarda infatti alle azioni violente, discriminanti, escludenti ed illegali attuate lungo i confini dei territori dei Balcani, risulta sempre più palese l’agenda politica che sottende questa situazione.

Come dimostrano le numerose ricerche, report e dossier sull’argomento, da anni l’Unione Europea sta infatti seguendo una precisa modalità di gestione dei flussi migratori: il rafforzamento dei confini esterni, lo smantellamento dei sistemi di accoglienza, la detenzione all’interno di campi, l’esternalizzazione delle frontiere sono tutte prassi sempre più consolidate, frequenti e normalizzate.
Scarica la ricerca

  1. Dati UNHCR consultabili qui
  2. Fondazione Migrantes, “Il diritto d’asilo. Report 2020. Costretti a fuggire…ancora respinti”, consultabile qui