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In Inghilterra, 2.000 persone chiedono la chiusura di Yarl’s Wood

di Serena Naim, collaboratrice di Melting Pot

Photo credit: Serena Naim (Progetto Melting Pot)

Londra – Sabato scorso, il 3 dicembre 2016, 2.000 persone da tutta l’Inghilterra si sono radunate davanti al centro di detenzione di Yarl’s Wood, in mezzo alle campagne del Bedfordshire, a circa due ore da Londra, per chiederne la chiusura.

La manifestazione, organizzata da Movement for Justice By Any Means Necessary, è la decima di una serie di proteste cominciata un anno fa per denunciare le violenze e gli abusi commessi dalle guardie ai danni delle immigrate recluse. All’interno del centro ci sono 350 persone, quasi tutte donne, alcune delle quali incinte.

Alcune di di loro passeranno all’interno del centro dai 6 mesi ad un anno (ma ci sono stati casi di donne trattenute per più di un anno, in un caso fino a 17 mesi) in attesa di scoprire se verranno rilasciate o messe su un volo e rimpatriate. La legislazione del Regno Unito, infatti, non prevede un limite temporale alla detenzione delle persone richiedenti asilo.

Il centro

Il centro, la cui gestione è appaltata alla ditta privata Serco, è stato aperto nel 2001 come centro di detenzione temporanea per migranti a rischio di rimpatrio. Da allora, Yarl’s Wood è stato oggetto di numerosi scandali riguardanti accuse di abusi, violenze sessuali e carenza di cure mediche. Le proteste, all’interno, sono cominciate già tre mesi dopo l’apertura del centro, quando un incendio è divampato in seguito alla rivolta di alcune detenute. Da allora, numerose sono state le proteste (tra cui scioperi della fame e azioni di autolesionismo) contro le continue violazioni denunciate anche da alcune investigazioni sotto copertura. L’inchiesta di Channel 4 News mostra il personale del centro mentre compie “azioni degradanti” ai danni delle detenute, chiamate “animali”, “bestie”, “cagne”.
Viene denunciato anche il caso di una donna incinta, collassata nella sala mensa e portata in ospedale, dove verrà in seguito informata dell’avvenuto aborto. Verrà riportata al centro di detenzione il giorno seguente.

Le testimonianze delle detenute e delle ex-detenute rivelano la realtà di vero e proprio orrore vissuto dalle donne di Yarl’s Wood, tutte storie risolutamente negate dalla dirigenza Serco, che sul proprio sito mostra donne sorridenti e personale amichevole. La presentazione del centro, dal titolo “Benvenuti a Yarl’s Wood”, spiega che Serco “ha a cuore il decoro, il rispetto e la cura di ogni aspetto per le residenti”. Una descrizione che di certo non sembra rispecchiarsi nella realtà delle donne detenute, che raccontano di visite mediche in manette, di “controlli” intimi al momento della doccia, di donne vittime di tortura rimpatriate senza possibilità di fare appello.

Photo credit: Manisha Gangul (Eye Art Collective)
Photo credit: Manisha Gangul (Eye Art Collective)

La manifestazione

Per questi motivi, sabato i manifestanti hanno chiesto, per l’ennesima volta, l’immediata chiusura di Yarl’s Wood e di tutti gli altri centri di detenzione per richiedenti asilo.
La manifestazione di sabato è stata, tra tutte, la più partecipata e ha visto persone provenienti dalle maggiori città inglesi protestare fianco a fianco con alcune ex-detenute di Yarl’s Wood e con altri richiedenti asilo in attesa di una risposta del governo.
Dalle loro stanze, le donne dietro i cancelli si sono unite alla manifestazione con striscioni fatti a mano, con cartelli e con nastri di carta igienica, sfidando le minacce delle guardie ed esprimendo la loro rabbia e determinazione alla libertà.

L’attività di Movement for Justice è finanziata tramite crowdfunding. Si può fare una donazione a questa pagina

Per chi usa Twitter, le prossime manifestazioni possono essere seguite su @followmfj e con gli hashtag #ShutDownYarlsWood e #ENDdetention