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Mediterranea: “Una macchina del fango orchestrata per bloccare il soccorso civile in mare”

I report sanitari confermano il gravissimo stato di emergenza per cui venne effettuato il soccorso

In questi ultimi giorni giornali e televisioni controllati dalla destra hanno scatenato la loro macchina del fango contro Mediterranea Saving Humans.

“Era prevedibile, afferma MSH. – E’ in particolare nel mirino delle falsità e delle mistificazioni è finito Luca Casarini, uno dei promotori del progetto, uno di noi”. (Qui il suo video di risposta).
Insieme ad altri attivisti di Mediterranea, è sotto inchiesta per la gravissima ipotesi di reato di “favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina” e rischia fino a 30 anni di carcere.

“Vengono diffusi – continua Mediterranea – contenuti di intercettazioni telefoniche, estrapolati dal contesto e distorti. Atti che solo qualcuno dall’interno del tribunale può aver passato e che sono stati messi a disposizione di un giornalista dal torbido e inquietante passato in gruppi neofascisti. È un uso illegale e strumentale di atti giudiziari, coperti dal segreto istruttorio. “Stappare una bottiglia di champagne” era ovviamente un modo di dire per esprimere soddisfazione per il successo delle missioni di salvataggio e l’arrivo di una donazione con cui poter ripagare le ingenti spese per il soccorso civile in mare. Vogliono solo gettare discredito sulle attività umanitarie“.

Mediterranea è decisa a difendersi in ogni sede contro queste manovre “perché i processi devono svolgersi nelle aule dei tribunali e non sulle pagine dei giornali”.

Una prima risposta è quella gli avvocati Serena Romano e Fabio Lanfranca. Secondo i legali “le risultanze istruttorie confluite nel fascicolo del sequestro dei telefoni e dei pc confermano a pieno la veridicità dei report sanitari e il gravissimo stato di emergenza in cui ebbe ad essere effettuato il soccorso”.

“Dall’analisi dei documenti della Procura – continuano gli avvocati – abbiamo trovato la conferma che tre persone avevano cercato di uccidersi lanciandosi in mare e che altri avevano manifestato intenti suicidari a causa del gravissimo stato di stress fisico e psichico in cui versavano, del timore di essere riportati nell’inferno da cui venivano e dell’incertezza sulla loro sorte”.

I 27 naufraghi, è bene ricordare, che per 38 giorni avevano dormito su corde e cartoni adagiati sul pavimento del ponte della Maersk Etienne, riparati dagli agenti atmosferici con teli di fortuna. La nave cisterna, che avrebbe dovuto attraccare il 6 agosto per fare rifornimenti, non aveva risorse sufficienti ed il cibo è stato razionato. A bordo c’era anche un minore non accompagnato di soli 15 anni, che ha riferito di essere stato venduto e torturato.

“Dalla lettura dei verbali di sommarie informazioni rese alla Polizia giudiziaria – concludono i legali – abbiamo appreso che l’unica donna presente a bordo, fuggita insieme al marito dal Camerun a causa della guerra civile, era stata dapprima venduta a dei trafficanti libici e quindi trattenuta per tre mesi, contro la propria volontà, in centro di detenzione libico gestito da uomini in divisa, dove è stata sottoposta a ripetute violenze sessuali. È difficile affermare, con un quadro così, che questa donna e gli altri naufraghi non avessero bisogno di cure mediche”.

“La nostra unica colpa – sostiene Mediterranea – è quella di aver salvato vite umane. Il loro unico obiettivo è intimidire e cercare di bloccare le attività di soccorso civile in mare e continuare a difendere le violazioni dei diritti umani commesse in Libia e nel Mediterraneo centrale dalle Autorità italiane ed europee”.

Proprio mentre si alimenta la macchina del fango, nelle sole ultime 48 ore quasi mille persone, donne, uomini, bambini, sono state catturate in mare e riportate nei campi di prigionia libici, grazie alle motovedette fornite e finanziate dallo Stato italiano.