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Milano – Nuova rivolta all’interno del CPT di via Corelli

Nella tarda serata di lunedi 9 maggio una cinquantina di detenuti e detenute immigrati del CPT di Milano ha occupato per diverse ore i tetti delle camerate. Dopo alcuni giorni di relativa calma, è ripresa dunque la protesta da parte dei cittadini stranieri, che segna da ormai oltre un mese la vita interna del lager di Via Corelli.

I detenuti e le detenute, oltre a ribadire la richiesta di libertà per tutti, hanno chiesto di poter parlare con la stampa, al fine di esporre alla cittadinanza di Milano la loro situazione. La Prefettura, tuttavia, ha negato l’accesso alla stampa e, nello specifico, ad una giornalista di Radio Popolare già presente sul posto, così come al Consigliere provinciale di Milano, Piero Maestri. Alla fine, come previsto peraltro dalla legge, è stato consentito l’ingresso unicamente al Consigliere Regionale di Rifondazione, Luciano Muhlbauer.

Attorno a mezzanotte, dopo il mio ingresso – racconta Muhlbauer – i detenuti hanno deciso di scendere dai tetti e con loro ho parlato per quasi tre ore. Le denunce che hanno avanzato dipingono l’ormai consueto quadro disumano di Via Corelli. Strutture spesso fatiscenti, assistenza medica approssimativa con largo uso di farmaci sedativi e, soprattutto, l’assurdità e l’insopportabilità di una legge che priva della libertà personale, fino a 60 giorni, persone che non hanno commesso alcun reato”.

Casi – prosegue il consiglierecome quelli di A.S., padre di un bimbo di 5 anni nato in Italia che ora sta con la madre a Brescia, e che ciononostante è rinchiuso nel Cpt in attesa di espulsione forzata. Oppure quello di A.E.M., cittadino egiziano, che è in Italia da molti anni e che possiede regolarmente una piccola attività economica, sottratto alla sua vita di tutti giorni nonostante fosse in possesso della famosa “ricevuta” che rilascia la questura in attesa del rinnovo del permesso. O ancora, un cittadino albanese, con l’udienza di appello per la concessione dell’asilo politico già fissata per il 7 luglio a Roma e, tuttavia, rinchiuso nel Cpt, mentre moglie e figlio di 13 mesi sono ora abbandonati a se stessi, senza più fonte di reddito”.

“Il teatro dell’assurdo, anzi dell’indecenza – conclude Muhlbauer – potrebbe continuare a lungo e forse sarebbe un bene che la stampa tutta iniziasse ad occuparsene con più insistenza, semplicemente raccogliendo le storie di uomini e donne vittime di una vera e propria apartheid giuridica che li considera esseri umani di serie B. Luoghi come il Cpt di Via Corelli non dovrebbero esistere in una società democratica. Questa è la ragione ultima perché le rivolte e le proteste si susseguono e si susseguiranno. E questa è la ragione perché ancora una volta chiediamo la chiusura del lager di Via Corelli”.

A cura di Milena Zappon, Melting Pot