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Milano, 6 Aprile: di nuovo in piazza contro i CPR

L’intervista a Teresa Florio di Mai più Lager - No ai CPR

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Il 6 aprile alle h 15:00 si terrà a Milano una manifestazione per la chiusura dei CPR in Italia e contro l’apertura di nuove strutture, anche all’estero.

In vista di questo appuntamento facciamo il punto sul Centro di via Corelli a Milano e sull’importanza di una mobilitazione contro i Centri di permanenza per i rimpatri oggi.
Ne parliamo con Teresa Florio, della rete Mai più Lager – No ai CPR.

Breve storia del CPR di via Corelli

Il centro di via Corelli nasce nel 1999 come CIE (Centro di identificazione ed espulsione). Nel 2014 cambia vesti diventando un CAS (Centro di Accoglienza Straordinario), fino al 2018 quando l’allora ministro dell’Interno Salvini designa Milano come sito ospite del CPR (Centro di Permanenza per il Rimpatrio) per la Regione Lombardia. 

È a questo punto, nel 2018, che nasce la rete Mai più Lager – No ai CPR dalla convergenza di diverse realtà, associazioni e collettivi antirazzisti uniti nel comune obiettivo di contestare l’apertura del CPR. Nonostante ciò, il centro riapre nell’autunno 2020 come CPR, in concomitanza con il Memorandum d’Intesa tra Italia e Tunisia a firma Lamorgese.

«Era un momento in cui la ministra Lamorgese auspicava che ci fossero dei CPR a porte girevoli»

Strutture, dunque, dove le persone affluissero alla stessa velocità con cui venivano espulse, anche a costo di snellire importanti garanzie sui diritti come l’effettivo accesso alla domanda di protezione internazionale (vedi procedure accelerate e lista dei paesi sicuri). 

Un obiettivo ostacolato in partenza da una serie di fattori cruciali. Innanzitutto l’epidemia di COVID-19, che ha imposto una riorganizzazione degli spazi del centro con conseguente riduzione della sua capienza effettiva e comportato una diminuzione degli ingressi.

«Non è un dato irrilevante. Il gestore – perché ovviamente sono gestori privati quelli che gestiscono i centri per conto della Prefettura – aveva preso un appalto confidando su delle entrate, secondo il sistema pro capite-prodie, su 140 quote al giorno per ogni giorno. Si è trovato invece a dei momenti in cui c’erano anche 10, 15 persone. Questo ha comportato anche un grandissimo taglio sui servizi».

Un secondo eppur non secondario ostacolo: la resistenza attiva delle persone trattenute che, opponendosi alla loro deportazione, hanno ingolfato il meccanismo.

La lunga permanenza dei trattenuti, che a differenza dei quattro o cinque giorni auspicati dalla Lamorgese si prolungava anche fino ai quattro o cinque mesi, hanno da subito messo in crisi la gestione del centro, in quel momento affidata a due societá: Versoprobo SCS e Luna SCS.

«Sulla loro pagina Facebook fino a qualche settimana fa c’era ancora un post di Versoprobo dove il direttore praticamente diceva di essere disperato perché tutto questo aveva portato a un pesante peggioramento anche psicofisico delle persone».

Il post del gestore già evidenziava le stesse gravi problematiche che perdurano ancora oggi: periodi di trattenimento interminabili, spesso in attesa di deportazioni impraticabili, deterioramento delle condizioni psicofisiche delle persone e massiccia somministrazione di psicofarmaci.

Ad aggiudicarsi il nuovo bando di gestione nel 2021 è Engel Italia, già nota a cronaca, politica e magistratura per aver gestito nel terrore e nella minaccia uno Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ) di Paestum, in provincia di Salerno 1.

«Engel Italia gestiva anche il CPR di Palazzo San Gervasio (PZ), chiamato la Guantanamo d’Italia e quindi questo non faceva sperare in niente di buono..»

«Poi a un certo punto in corso di appalto, c’è stato un subentro stranissimo perché da Engel Italia l’appalto è finito nelle mani di Martinina s.r.l., cioè dei soci che erano imparentati con i soci di Engel Italia. Il direttore era rimasto lo stesso, sempre Alessandro Forlenza. (…) E appunto è sotto Martinina che è successo tutto quel che è successo..»

Le indagini della Procura hanno portato al sequestro della struttura, ora in carico a un amministratore giudiziario che ha nominato una nuova direttrice e delle nuove figure professionali in attesa della pubblicazione di un nuovo bando di affidamento.

Quattro cambi di gestione in quattro anni, ma cos’è cambiato davvero?

«Grazie all’attività del centralino in comunicazione con i trattenuti all’interno di via Corelli, abbiamo il polso della situazione. Lo abbiamo sempre avuto. Queste grandi differenze tra la prima gestione e la seconda e la terza, assolutamente noi non le abbiamo viste. Se poi vogliamo essere critiche come dobbiamo essere, in realtà questo cambiamento non l’abbiamo avvertito neanche dopo il commissariamento».

In tutti i CPR d’Italia, tranne in quelli di Milano e di Gradisca d’Isonzo (GO), è spesso negato ai trattenuti di tenere il cellulare personale. A volte è consentito solo se questo non si connette ad internet e se sprovvisto di telecamera.

«Però anche lì… A Gradisca, l’altro CPR d’Italia dove è consentito l’utilizzo del telefono cellulare, ti ritirano il cellulare all’ingresso e te lo danno solo dopo la convalida, quando ormai sei destinato a starci tre mesi. (…) Poi c’è qualcuno che riesce a fare qualche altra telefonata dal telefono fisso e abbiamo contatti con Macomer. Molto fortunosamente anche qualche altro CPR ogni tanto, tipo Bari..»

“Il caso Milano non esiste. Quello che cerchiamo di far capire è che abbiamo solo acceso i riflettori su Milano, ma tutto il resto, tutti gli altri CPR sono nel buio totale”

Parlaci della campagna di sensibilizzazione del settore medico: perché è importante sensibilizzare il personale medico e che obiettivi ha la campagna?

«È un settore che arriva molto spesso a contatto con queste persone e non essere consapevoli di quello che è il CPR porta ad un rischio altissimo di comportarsi in una maniera inadeguata».

Teresa ci spiega che un primo livello della campagna è quello di informare dell’esistenza del CPR, dello stato di abbandono e di mancanza di presa in carico della salute dei trattenuti.

«È importante far capire al pronto soccorso che se visiti una persona che sta arrivando dal CPR, forse dovresti indagare perché si è ferito, perché ha quella ferita, quei lividi.. Soprattutto sapere che se lo rimandi non puoi scrivere ‘si restituisce al medico curante’ prescrivendo una cura, perché quella cura non la farà mai!»

“Il secondo livello è quello della terra bruciata

«Dev’essere instillata la vergogna di collaborare con questo luogo, perché è proprio un’illusione quella di dire ‘Ah se non vado io però le persone lì stanno male’. (…) Anche dalla testimonianza di infermiere che hanno lavorato lì emerge come di fatto siano stati strumenti nelle mani dei gestori e che non è assolutamente possibile svolgere la tua professione con un certo criterio».

“Il terzo livello è quello delle visite di idoneità

«Sulla carta, l’articolo 3 del regolamento nazionale CPR prescrive che dovrebbe essere una visita a tutto tondo, quindi dal punto di vista anche psichico. Però nella realtà dei fatti queste visite sono molto spicce e lo comprova il fatto che entrano persone anche con patologie molto gravi. (…) Comunque abbiamo fornito a questo punto un abbondantissimo materiale di qualsiasi natura, anche a livello internazionale, sulla detenzione amministrativa, per rappresentare al dottore di turno che se hai davanti anche una persona perfettamente sana, quella persona sana non la sarà più».

Nessuno insomma, dovrebbe essere ritenuto idoneo ad essere rinchiuso in un posto che di fatto nuoce alla sua salute. E questo principio, ci spiega Teresa, è tutelato non solo dall’articolo 32 della Costituzione italiana, che parla di individui e non di cittadini, ma anche dall’articolo 32 della deontologia professionale medica.

Perché è importante, oltre alle prese di coscienza e campagne di sensibilizzazione, anche scendere in piazza per la chiusura dei CPR?

«Abbiamo cercato di dare del tempo al commissariamento: è stato posto a dicembre, sono passati ormai tre mesi! Poi la morte, l’ennesima morte, di Ousmane Sylla, in quei termini veramente drammatici, con la scritta che ha lasciato… per noi è scoccata la scintilla. (…) Per noi è importante essere tanti e tante per quanto possibile, per far vedere che non è un argomento di nicchia del quale si occupano solo dei giuristi o solo degli attivisti. (…) Specie adesso che si paventa questa cosa della creazione di due strutture in Albania! Questo vorrebbe dire proprio la beffa ultima, perché già a Milano non si sa cosa succede a distanza di pochi chilometri dal centro, figurarsi in un luogo ancor più lontano!»

«Neanche con la migliore delle professionalità, neanche sotto queste garanzie, sotto la tutela della Procura della Repubblica, un lager può smettere di essere lager. Questi sono luoghi di violenza, di tortura di Stato legalizzata, aree grigie nel quale non esiste il diritto che non possono essere tollerate nella nostra città».

Per questo e altri motivi Mai più Lager – No ai Cpr chiama a mobilitarsi contro i centri già esistenti e l’apertura di nuove strutture, sia in Italia che all’estero e sono tante le realtà che hanno aderito all’appello 2.

La manifestazione avrà inizio alle h15:00 in piazza Tricolore e avrà come obiettivo di giungere il più possibile in prossimità del CPR della città, in via Corelli 39.

Per adesioni di realtà collettive: [email protected]

  1. Un articolo sulla vicenda da Repubblica (dicembre 2014)
  2. Leggi le adesioni

Nicoletta Alessio

Dopo una laurea triennale in Scienze Politiche Sociali e Internazionali all'Università di Bologna, mi sono laureata nel corso magistrale in Migrazioni Inter-Mediterranee delle Università Ca' Foscari di Venezia e Paul Valéry di Montpellier. Mi interesso di politiche migratorie ed etnografia dei confini e ho approfondito con due esperienze di ricerca sul campo la cooperazione italiana con Tunisia e Algeria in tema di espulsioni.