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Tratto da terrelibere.it

Naufraghi. Cronache a Sud della Fortezza

Un numero indefinito ed enorme di cittadini della sponda sud ed est del Mediterraneo ha perso la vita negli ultimi anni nel tentativo di raggiungere e superare le frontiere dell’Europa Fortezza. Una ricostruzione delle maggiori tragedie avvenute negli ultimi 10 anni nel Mediterraneo, il mare-cimitero. Per non dimenticare, per ribadire la mostruosità delle frontiere.

Introduzione

Questa inchiesta si apre con due considerazioni

La prima: le frontiere non soltanto sono assurde ma anche omicide. Stanno provocando una spaccatura forse incolmabile tra le due sponde del Mediterraneo. Presto non parleremo semplicemente con migranti e potenziali lavoratori, ma sempre più con parenti delle vittime dei naufragi, che presumibilmente saranno sempre più insofferenti delle nostre ragionevoli argomentazioni (le quote, il reddito sufficiente, la carta di soggiorno) e sempre più legati al ricordo della morte dei loro cari.

Anche le soluzioni ipotizzate dalle istituzioni nazionali ed europee (bloccare i viaggi, pattugliare ogni metro quadro d’acqua, stipulare accordi capestro coi Paesi d’origine) sembrano fatti apposta per scavare un solco ancora maggiore.

In secondo luogo, i media continuano ad usare un linguaggio stereotipato nel riferirsi alle tragedie dell’immigrazione. Anche a partire dalla notevole ricchezza offerta dal vocabolario della lingua italiana, sarebbe opportuno evitare di usare sempre le stesse espressioni:

– il viaggio della speranza

– l’invasione dei disperati

– le carrette del mare

– l’emergenza clandestini

– etc.

Oltre che banali e ripetitive, queste frasi non rispecchiano assolutamente la realtà e offrono un’immagine vittimizzante, banale ed indistinta.

Molti migranti lasciano il proprio Paese con le ragioni più svariate, e spesso – come autorevoli inchieste hanno dimostrato – con un progetto di vita articolato e la ferrea determinazione a metterlo in pratica.

Di conseguenza, non permettevi mai più di chiamarli disperati.

Forse il 20 ottobre del 2003 è stato un giorno storico per l’immigrazione straniera in Italia.

Non solo per l’ennesima tragedia del mare, 70 africani morti al largo di Lampedusa ed i superstiti disidratati trascinati in porto dal peschereccio “Sant’Anna”,

Nemmeno per la proposta di legge di Alleanza Nazionale, che ipotizza per gli immigrati che rispettano stringenti requisiti l’elettorato attivo e passivo alle amministrative.

Il 20 ottobre – finalmente – giornali radio, siti web, telegiornali e carta stampata hanno dedicato di titoli di testa ad una tragedia infinita, uno stillicidio di morti in mare, una serie infinita che da anni ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero.

Il nuovo naufragio non ha generato le solite poche righe, i 10 secondi distratti.

Un segno importante? Probabilmente no. Vedremo in futuro. Nel frattempo, prevedendo che la “terribile tragedia dei viaggi della speranza” sarà presto archiviata dalla macchina-tritatutto dell’informazione spettacolo, ricostruiamo i naufragi più gravi (anche se questo termine appare improprio? Come si misura la gravità di un naufragio? Dal numero dei morti? Dalla dinamica dell’accaduto?) per ricordare.

Perché la memoria è più importante dei 60 secondi di indignazione preconfezionata dal tubo catodico.

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