La Corte di Appello di Trieste concede la protezione umanitaria ad un cittadino nigeriano fuggito dal proprio Paese a causa del generalizzato clima di violenze.
In particolare i giudici d’Appello – fondando il proprio convincimento, oltre che sulla rilevata attendibilità e coerenza del racconto fornito dal ricorrente, sull’analisi dei Report Internazionali e sulla documentazione prodotta – sottolineano come, alla luce dell’orientamento oramai granitico della Corte di Cassazione, tra cui la citata sentenza 4455/2018, possa pervenirsi al “favorevole giudizio comparativo, tra il grado di integrazione raggiunta dal richiedente nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva dello stesso nel suo paese d’origine”.
E così concludono: “Considerata la situazione d’integrazione raggiunta dall’appellante in Italia, deve pertanto ritenersi che il rimpatrio – in una zona caratterizzata, come emerge dalle acquisite informazioni, da insicurezza, forti tensioni politiche e sociali, rilevante inquinamento ambientale ed alto tasso di disoccupazione, e dove l’appellante non ha lavoro, né la possibilità di assolvere i propri obblighi alimentari nei confronti del figlio – determinerebbe nei suoi confronti la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale“.
– Scarica la sentenza
Corte di Appello di Trieste, sentenza del 26 maggio 2020