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Nigeria, status di rifugiata: riconosciuto per l’elevato rischio di re-trafficking

Tribunale di Bologna, ordinanza dell'1 giugno 2021

La ricorrente, proveniente dalla Nigeria, nonostante “le sue dichiarazioni presentano alcuni aspetti di genericità, quanto in particolare alle modalità dei contatti con la donna che aveva organizzato il suo viaggio dalla Nigeria alla Libia ed alle vicende occorse in Libia“, è apparsa nel raccontare la sua vicenda personale “coerente, anche alla luce di quanto emerso nel corso dei colloqui con l’ente anti-tratta, in merito alle modalità di reclutamento (con l’accordo con la madame e l’organizzazione, senza alcun pagamento, del suo viaggio in Libia), al percorso migratorio caratterizzato dal passaggio in Niger e poi in Libia ed alle intimidazioni subite dai suoi familiari in patria” è stata riconosciuta vittima di tratta.

Il Giudice ha rilevato, infatti, che “la narrazione degli eventi resa in giudizio dalla ricorrente presenta ancora omissioni ed alcuni aspetti di incoerenza – specie in ordine all’epoca della sua partenza dalla Nigeria ed al periodo di tempo trascorso in Libia – ma il racconto, pur scarno in relazione a tali passaggi, è coerente, come già detto, proprio in merito al reclutamento avvenuto in Nigeria ed alle modalità di organizzazione del suo viaggio con evidenti finalità di sfruttamento sessuale.
Va ancora considerato che la difficoltà e la ritrosia a narrare alcuni aspetti del suo vissuto possono plausibilmente giustificarsi proprio in ragione del timore della ricorrente ad esporsi a giudizi e dell’evidente disagio nel rievocare situazioni ed eventi di profonda sofferenza fisica e psicologica
”.

Lo status di rifugiato viene riconosciuto in quanto secondo il Giudice sussiste nel caso di specie l’elevato rischio di re-trafficking per diversi motivi: “Tra questi lo stretto rapporto spesso esistente tra i trafficanti e la famiglia della vittima, che aumenta il rischio per quest’ultima di essere nuovamente oggetto di tratta (Cherti M.e al., Beyond Borders. Human trafficking from Nigeria to the UK, in IPPR, gennaio 2013, p. 9); l’esclusione sociale che subiscono le vittime di tratta una volta ritornate nella propria comunità, stigmatizzate per aver svolto attività di prostituzione e isolate per il timore di essere portatrici di malattie sessualmente trasmissibili (Women’s Link Worldwide, Trafficking of Nigerian Women and Girls: slavery across borders and prejudices, 2015, p. 22); l’insufficienza di alloggi per le vittime di tratta predisposti dalla NAPTIP e dalle ONG in Nigeria (pag. 26); le condizioni economiche delle vittime di tratta che, una volta fuoriuscite dai circuiti dello sfruttamento, si trovano in una situazione di estrema povertà (pag. 26-27). In questi casi il rischio di re-trafficking è più elevato quando le vittime non hanno finito di pagare il debito con i trafficanti, anche a causa delle minacce che questi ultimi rivolgono alla vittima ed ai suoi familiari. Infine, un ulteriore fattore sono i pericoli connessi ai rimpatri. La complessa articolazione della rete criminale che si occupa della tratta di esseri umani consente ai trafficanti, presenti in Europa, di avvertire i sodali in Nigeria del rimpatrio della vittima. In particolare, l’organizzazione Women’s Consortium of Nigeria (WOCON) riferisce di casi in cui i trafficanti attendono le vittime rimpatriate direttamente all’aeroporto (Women’s Link Worldwide, Trafficking of Nigerian Women and Girls: slavery across borders and prejudices, 2015, p. 25). Problematico è, inoltre, il tema legato alla volontà o alla percezione della volontà delle vittime di tratta di ritornare in Europa, anche se ciò implichi rientrare nel circuito dello sfruttamento. Infatti, la mancanza di sostegno economico e l’isolamento che subiscono le vittime ritornate presso le proprie comunità comporta che il tentativo di una nuova migrazione sia, per molte, una scelta forzata”.

Peraltro, il Giudice richiama le fonti COI dalle quali emerge chiaramente che l’apparato statale nigeriano, nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni per combattere il fenomeno in questione, non è in grado ancora di garantire a chi è stato vittima di tratta e rientra del suo paese una adeguata tutela, non essendoci ancora un sistema che ne permetta la protezione piena e la reintegrazione nel tessuto sociale.

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Tribunale di Bologna, ordinanza dell’1 giugno 2021

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