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Da Il Manifesto del 4 febbraio 2005

Permessi di lavoro, l’abuso viaggia in posta celere

Non si sono verificate le file previste davanti agli uffici postali per accaparrarsi una “quota” del decreto flussi che, da ieri, permette ai datori di lavoro di chiamare in Italia 159 mila lavoratori stranieri. Questo tranquillizzerà qualcuno: invece dovrebbe preoccupare. Se l’assenza delle famigerate code al freddo e al gelo va attribuito, in parte, alla scelta di utilizzare gli sportelli postali – presenti capillarmente in tutto il territorio – la bassa partecipazione si spiega con la pubblicazione “clandestina” dei decreti flussi in Gazzetta Ufficiale. Solo intorno alle 21 di mercoledì, infatti, i decreti che davano il via libera all’invio dei documenti all’ufficio provinciale del lavoro sono apparsi sulla versione on line della gazzetta. Notizia ignorata da tutti i principali Tg. Così, il “segnale” ha funzionato per i ben informati: quelli che sanno quali siti internet consultare, o quelli confortati da una rete di relazioni in grado di far funzionare un tam tam. Senza contare che, chi ha già partecipato a questa singolare “gara” negli scorsi anni, si è disaffezionato a un sistema complicatissimo e che, a causa dei pochi posti a disposizione, “premia” solo i più fortunati. O i più furbi, come dimostrano le numerose segnalazioni di abusi che arrivano da varie città: la scarsità di posti ha aguzzato l’ingegno di molti.
Qualche esempio: una ragazza di Borgo Trevi (Perugia) racconta: “Ero in fila dalle 6.30, ma quando sono entrata l’impiegata di turno aveva sul suo tavolo diverse raccomandate da inviare all’Ufficio del lavoro. Erano almeno una ventina. Le ho fatto notare che non era corretto quello che stava facendo. ‘Prima devo spedire le mie’, ha risposto. Solo dopo una lunga discussione ha acconsentito ad inviare il mio plico. Ma intanto ne aveva già spedite una decina. Sono preoccupatissima: i posti disponibili, in Umbria, per i lavoratori subordinati che non appartengono alle nazionalità ‘privilegiate’ sono solo 200”. Segnalazioni di questo tipo sono arrivate anche al sito meltingpot.org che aveva sollecitato i suoi utenti a monitorare eventuali abusi: “All’apertura dell’ufficio devo aspettare 20 minuti perché la macchina non riesce a partire, e dire che le poste erano consapevoli delle problematiche temporali che si avevano in questo caso. Non solo, ma alla fine, una volta fatta funzionare la macchina, un impiegato infila 4 raccomandate per prime, in barba a chi aspettava da ore fuori al freddo”, racconta un uomo di San Giovanni Valdarano. E una navigante di Vittorio Veneto: “Mio marito si è messo in coda all’ufficio postale di Vittorio Veneto, più vicino e, alle quattro del mattino, ha trovato una persona che ne aveva con sé ben trenta”.
Comportamenti prevedibili, anche se scorretti: il sistema delle quote sta ormai diventando un terno all’otto. Ieri mattina, gli immigrati in fila davanti agli uffici postali di Roma (qualcuno ha scelto di dormire all’addiaccio, nonostante il freddo) denunciavano il ‘blackout’ informativo sulla pubblicazione dei decreti. Eppure, chi primo arriva, viene inserito nella graduatoria che assegnerà i posti in palio.
Ieri ad attendere di poter inviare una raccomandata erano per il 90% immigrati: un dato che parla da solo. I decreti flussi dovrebbero servire a far entrare dall’estero lavoratori che non vivono in Italia. ormai, i flussi sono invece una minisanatoria annuale, una sorta di ‘disinfiammazione’ del ‘bubbone-clandestini’.

Cinzia Gubbini