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Rapporto immigrazione 2004: i dati del Veneto

Intervista a Don Bruno Baratto, curatore della scheda Veneto per il Dossier Caritas

Il Veneto si trova al quarto posto per numero dei permessi di soggiorno, al secondo (dopo la Lombardia) per la presenza degli alunni stranieri nelle scuole, presenza minata dalla riforna Moratti.
I nuovi cittadini sono circa il 5,4 % sulla popolazione, con una grossa percentuale di donne provenienti dall’est Europa che ricoprono tutto quell’aspetto dell’assistenza agli anziani, agli inabili, non garantita dallo stato sociale.

Le analisi dei dati raccolte nell’intervista con Don Bruno Baratto, curatore del dossier Caritas per la sezione del Veneto [vedi scheda allegata]

Domanda: I dati per il 2004 sono una riconferma delle novità emerse lo scorso anno?

Risposta: Alcune cose vengono riconfermate, anzi vengono forse un po’ accentuate. I dati di quest’anno sono i primi dopo la grossa regolarizzazione del 2002, per cui abbiamo in pieno gli effetti di questa manovra che è stata la più rilevante dacché l’immigrazione è significativa in Italia. Vale a dire una volta e mezza le ultime due sanatorie precedenti.
Il Veneto, pur non avendo usufruito in maniera particolarmente alta, rispetto alle altre regioni, di questa opportunità, ha comunque variato le sue presenze e la composizione delle nazionalità.
A fine 2003 abbiamo 214.000 permessi di soggiorno, quasi 60.000 in più dell’anno precedente, un aumento di quasi il 40%. Un aumento, però, nettamente inferiore, per esempio, all’Emilia Romagna; l’intero Nord Est è cresciuto meno del Nord Ovest (cresciuto di 10 punti in più) e dell’Italia in generale. In ogni caso, il Veneto continua a situarsi al quarto posto in Italia, con il 9,7% dei permessi di soggiorno nazionali.
Il dossier Caritas fa una stima della presenza di minori che, normalmente non vengono rilevati – quelli minori di 14 anni – dall’analisi dei permessi di soggiorno, in quanto risultano in quello dei genitori. Con la stima derivante dall’ultimo censimento e alcune altre considerazioni, si arriva a prevedere circa 50 mila minori stranieri in Veneto nel 2003, per cui gli stranieri regolarmente presenti si suppongono pari a 250-260 mila presenze. Un 5,4 – 5,6 di incidenza sulla popolazione totale nel Veneto.
Ovviamente, per definizione, non esistono dati sui clandestini entrati nel frattempo, perché la regolarizzazione non ha bloccato i nuovi ingressi, e sui neo-irregolari, cioè quelli ritenuti tali per l’impossibilitati di adempiere a quelle che sono le condizioni necessarie per il rinnovo del permesso. La transizione all’irregolarità è un fatto abbastanza accentuato dai segnali di crisi che vengono dal mondo del lavoro: avere lavoro saltuario, intermittente, poco fidabile, può rendere complicato e, a volte, impossibile il rinnovo del permesso di soggiorno. Normalmente queste persone non rientrano nel proprio Paese e, quindi, vanno ad aumentare le fila degli irregolari.
Il forse dato più evidente dell’impatto della regolarizzazione del 2002, anche per il Veneto è l’”emersione” dell’Europa dell’est. Oltre il 50% delle presenze proviene dall’Europa: il 52,4% dall’Europa intera, il 47,6% delle presenze degli stranieri in Veneto sono dell’Europa dell’est. I romeni rimangono la seconda nazionalità, quasi al pari dei marocchini, e, se guardiamo, invece, le presenze femminili, i romeni sono nettamente la prima presenza.
Altre due nazionalità che diventano protagoniste dopo la regolarizzazione, sono, come era da spettarsi, quella moldava e ucraina. Mentre per la Romania si ha una presenza quasi paritaria tra i due sessi, sia per Moldavia che per Ucraina si ha una stragrande presenza femminile.

Anche la Polonia continua ad aumentare, più della media del Veneto. Anche la Cina aumenta però con numeri minori rispetto agli altri due citati prima.

D: I dati forniti rispetto alla grossa presenza femminile proveniente dall’Europa dell’est, ci porta a parlare dei lavori che queste donne svolgono ovvero le cosiddette “badanti”. Quale ragionamento possiamo trarre da questi dati?

R: Già nei dossier precedenti avevamo sottolineato questo fenomeno. È un fenomeno emerso chiaramente con la regolarizzazione, tant’è che la regolarizzazione del 2002 era stata pensata, in un primo momento, solo per le badanti o meglio, assistenti familiari, termine un po’ meno pesante rispetto a queste figure.
Dai dati emergono due cose.
Nonostante la regolarizzazione fosse stata pensata, non soltanto come emersione per un permesso regolare ma anche per una messa in regola dal punto di vista lavorativo, molte di queste persone poco dopo sono ritornate in un’irregolarità lavorativa, perché mantenere in regola una figura di questo tipo (chiedendole tempi di lavoro di quasi 24 ore al giorno), diventa estremamente esoso per le famiglie. Su questo è necessario riflettere.
Al tempo della regolarizzazione, si erano fatti alcuni calcoli su quanto la Regione Veneto risparmiava rispetto ad un discorso residenziale degli anziani non autosufficienti, proponendo anche un contributo regionale per chi metteva in regola queste figure. È stato fatto con un contributo minimo che, poco dopo, non ha dato altri spazi e molte di queste persone sono tornate nell’irregolarità.
L’altro dato di cui tener conto, che si percepisce più a livello di operatori e che riguarda in particolare la realtà di Treviso, è che, mentre fino a qualche tempo fa c’era moltissima richiesta di queste figure, ora ce n’è molta meno; non che sia completamente saturo il mercato, ma siamo molto vicini: a livello informale, è possibile rilevare una forte contrazione della domanda. A livello ufficiale non abbiamo dati particolari da questo punto di vista, anche perché le cessazioni di lavoro dei collaboratori familiari non vengono registrate all’ufficio per l’impiego.

D: Per quanto riguarda l’inserimento scolastico degli alunni stranieri ci sono dei dati importanti?

R: I dati confermano il continuo aumento di studenti stranieri in Veneto. Siamo, ormai, a più di 35 mila e 800 alunni con cittadinanza straniera; siamo la seconda regione dopo la Lombardia, quasi il 13% sul totale nazionale, anche se, come incidenza sul totale della popolazione scolastica, siamo un po’ più bassi, al 5,6% e quindi al quarto posto. Tuttavia, abbiamo zone in cui l’incidenza media è ormai superiore al 7%. Vicenza, Treviso e Verona, in ordine raccolgono quasi il 60% degli alunni stranieri. In alcune zone di Treviso, già nel 2002-2003, si registravano oltre il 20% di presenze straniere.

D: Siamo nel pieno della seconda generazione, o ci stiamo entrando?

R: Ci stiamo entrando: questa è una generazione a “uno e mezzo”, nel senso che molti sono arrivati dall’estero, non abbiamo ancora il pieno della generazione nata qui. Sono quelli che negli studi chiamano gli “italiani con il trattino”: marocchini-italiani, cinesi-italiani, rumeni-italiani, ecc.
Esiste un grosso problema di ricomposizione di identità e di appartenenze culturali, che pagano, inevitabilmente, i più giovani.
L’interrogativo che nasce è come tutto questo funzionerà con la riforma della scuola. Riforma dove non è mai citato sulle carte un discorso, rispetto alla presenza degli stranieri, di provvedimenti di tipo interculturale, o altro. Con i tagli previsti, sono molti i dubbi su quanto si riuscirà a mantenere in piedi degli interventi, molte volte egregi, fatti dalle scuole.
Mentre prima, sia attraverso il recupero ore, la disponibilità, i distacchi alcuni provvedimenti a livello di programmi prevedevano queste cose, ora sembra non siano più previste, almeno sulla carta della riforma in generale. Il timore è che possano divenire pericolosamente alternativi i bisogni locali, rispetto a quelli degli ultimi arrivati. In tutto questo ci sarebbe qualcosa di ben poco utile al futuro della convivenza nel Veneto.

D: Il Nord Est iper produttivo sembra rallentare. Quali sono i dati rispetto ai lavoratori immigrati? Rispecchiano la crisi che è in atto?

R: Esiste un problema effettivo di occupazione in Veneto. I dati non lo rilevano ancora in pieno, ma è evidente anche nelle preoccupazioni degli operatori: ormai, ci sono disoccupati italiani e stranieri.

Questo crea un grosso punto di domanda sul futuro dell’immigrazione qui in Veneto.
Non credo che, per il momento, ci saranno contrazioni nelle presenze, sia perché i ricongiungimenti familiari comunque continueranno, sia perché il mito del Nord Est continuerà ancora per un po’ ad attrarre persone, anche in fase di ridotta capacità di assorbimento di manodopera. Questa situazione va pensata soprattutto, dal mio punto di vista, per rendere il meno conflittuale possibile questo passaggio. Lo slogan del rapporto Caritas di quest’anno era “Società aperta, società dinamica e sicura”: bisogna pensare possibilità di dinamismi e di sicurezze per tutti i presenti su questo territorio, non soltanto per alcuni, né solo per i veneti, né solo per gli stranieri.