Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Rosarno, Italia, Mondo

Un appello dalla Francia per il Primo Marzo 2010

Siamo dei cittadini italiani residenti in Francia e dei cittadini francesi che si occupano, professionalmente, dell’Italia. Per questo, di fronte ai fatti accaduti a Rosarno esprimiamo la nostra indignazione.
Gli immigrati di Rosarno, come tutti i migranti nel mondo, costituiscono un vero e proprio esperimento biopolitico per i poteri. Prima sono ammassati in condizioni disperate, poi sono sfruttati implacabilmente sul posto di lavoro, infine sono espulsi vergognosamente verso destinazioni misteriose. A queste tre fasi, ordinarie, nella vita di un immigrato, se ne aggiunge spesso, soprattutto negli ultimi tempi, un’altra. Gli immigrati sono vittime di una vera e propria caccia all’uomo: seguiti, pedinati, braccati, bastonati, finalmente uccisi o espulsi.
E’ successo altrove, in Spagna o alla frontiera messicana, si è ripetuto a Rosarno.
Per qualche lungo giorno gli abitanti della cittadina calabrese hanno rincorso, impaurito, sprangato, sparato contro i lavoratori immigrati. La reazione del potere statale è stata la solita: per placare gli animi della « brava gente » si è attuata la pulizia etnica, deportando i migranti.
La storia si ripete, quando le vittime erano proprio gli italiani, nelle miniere belghe, nelle campagne americane o nelle saline francesi (1).

Si tratta di denunciare, senza tergiversare le quattro fasi che sono inestricabilmente connesse. In termini più chiari, non si può essere indignati per la « caccia al negro » se non si afferma il principio della regolarizzazione dei lavoratori immigrati, non è lecito impietosirsi sulle condizioni di vita degli immigrati se non si è, fino in fondo, contro lo sfruttamento che essi subiscono in quanto lavoratori meno protetti.
La maggior parte di noi lavora nel mondo dell’educazione.
Non possiamo far a meno di sottolineare il legame fra questi tragici avvenimenti e la cancellazione della memoria storica. Gli italiani « brava gente », democratici, hanno espunto dai loro ricordi le avventure sanguinarie della colonizzazione italica e, figli del « boom » economico, hanno voluto dimenticare il loro passato di « hobo », di « Macaroni », di « Degos », con la valigia di cartone.
E non possiamo fare a meno neanche di sottolineare il legame fra queste esplosioni razziste e la questione dell’istruzione e dei saperi. Negli stessi giorni dei fatti di Calabria, il ministro

Gelmini annunciava un tetto massimo di 30% di studenti stranieri nelle classi italiane. Proposta insensata e irresponsabile, il cui unico scopo, propagandistico, è quello di rafforzare il sentimento di insicurezza e di paura.
Questo si chiama qui da noi, in Francia, « dibattito » sull’identità nazionale, pulizia della « giungla » di Calais, rafforzamento e creazione di nuovi centri di « permanenza temporanea » per immigrati, passaggio forzato della nuova legge sull’autonomia delle università, perché « Gelmini » è il nome italiano di un progetto di riforma, altrettanto discriminatorio, che, dappertutto in Europa, punta alla distruzione dell’università pubblica, seguendo i dettami del cosidetto processo di Bologna.
C’è razzismo laddove c’è ignoranza. È per questo anche che ci sentiamo colpiti, come insegnanti – e non solo – minacciati dalle riforme in corso, da quanto è accaduto a Rosarno.
Gli immigrati di Rosarno, prima di essere banditi, si sono rivoltati.
Che facciamo di fronte a questo atto di renitenza?
Non ascoltarlo, sarebbe sprofondare ancora di più nell’intollerabile, nella bassezza, nella volgarità che secernono le nostre democrazie–per–il–mercato. Ascoltarlo, non significa tuttavia voler « aiutare » gli immigrati. Gli immigrati si sono riscattati da soli. Sono loro che ci ri–apprendono a dire no. Non ci indicano nessuna strada, se non quella dell’emancipazione. Non hanno chiesto nulla, hanno solo imposto le loro esigenze.
Riprendere il loro gesto, significa allora innanzitutto combattere contro lo sfruttamento. Ribellarsi non in generale contro la schiavitù, ma concretamente contro le ingiustizie capitalistiche, contro le storture che il sistema, tormentato da una crisi da cui non esce, riprodurrà sempre più violentemente.
Noi che viviamo e che lavoriamo in Francia, aderiamo allo sciopero dei migranti indetto per il 1 marzo in Italia, auspicando che questa giornata diventi il primo atto di uno sciopero generale europeo di « tutti » i lavoratori (migranti e non, regolari e non) contro lo sfruttamento e il razzismo, concreta sua deriva. C’è urgenza : si tratta di inventare, contro il falso e ripugnante « universale » che il capitale incarna, la pratica di un nuovo senso del comune, con i senza voce, dei senza voce, da Rosamo al mondo.

http://lapetition.be/en-ligne/petition-6262.html

(1) Si veda a questo proposito il libro recente di Gérard Noiriel, Le massacre des Italiens, Aigues-Mortes 17 août 1893, Paris, Fayard, 2010.