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Se non mi conosci lasciami parlare – Voci di rifugiati

di Marida Augusto e Max Hirzel

L’idea iniziale era molto semplice: ascoltare, lasciar parlare senza fare domande e senza un progetto o un percorso già definito, registrare semplicemente voci, pensieri, testimonianze di rifugiati, conoscere e documentare il mondo visto da loro. Provenendo entrambi dall’esperienza di un mensile cartaceo dedicato al tema dell’immigrazione (www.mondocapovolto.it)

Non c’era l’idea di produrre un documentario, tanto meno una sceneggiatura già pronta. Abbiamo cominciato intervistando Akim, nel febbraio del 2009 a Varallo: parlò quattro ore senza fermarsi, raccontando la sua storia di migrante dall’inizio alla fine, sempre più sciolto mano a mano che il racconto della sua vita si dipanava. Ci disse in seguito che quella notte non dormì, ma ci ringraziò perché era la prima volta che riviveva la sua storia. Fu poi la volta di Khaled, ospite dell’allora C.A.R.A. di Bari, conosciuto tramite la nostra amica Zahra. In quell’occasione abbiamo conosciuto Mohamed, minorenne che ha preferito non farsi filmare, ma che accettò di registrare la sua voce. A quel punto non ci si poteva più fermare, Jellani e Hussein a Venezia, poi i ragazzi della casa di corso Peschiera a Torino, quindi ancora a Bari e infine Mohamed a Biella, dove viviamo. A quel punto ormai il nostro dovere era chiaro: far ascoltare ad altri quelle voci, lo dovevamo a chi ci aveva dato fiducia raccontando il suo mondo davanti alla nostra telecamera. Con tante ore di riprese fatte senza pensare al prodotto finale, la difficoltà era farle diventare un racconto solo senza superare l’ora di video e senza far addormentare il 90% del futuro pubblico. Abbiamo raggiunto il primo obiettivo, per il secondo staremo a vedere. Abbiamo scelto di non aggiungere immagini che fungessero da diversivo o da copertura, preferendo la semplicità dell’idea iniziale: quella di raccogliere e far ascoltare le voci dei protagonisti.

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