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da Il Manifesto del 6 gennaio 2004

Bossi-Fini, primo no della Consulta di Cinzia Gubbini

Roma – Nei prossimi giorni sarà resa nota la prima sentenza della Corte costituzionale in merito alla legge sull’immigrazione 189 del 2002, nota come legge Bossi-Fini. A quanto si dice, si tratterà di una sentenza interpretativa di rigetto in merito alle eccezioni di costituzionalità sollevate da numerosi giudici sull’articolo 14 (esecuzione dell’espulsione). La decisione verterà su un gruppo di ordinanze che riguardano una nuova fattispecie di reato: lo straniero che «senza giustificato motivo» si trattiene nel territorio dello stato nonostante sia stato espulso è condannato da 6 mesi a un anno di reclusione, da 1 anno a 4 anni in caso di una seconda espulsione. Il problema sta nel precetto della norma, considerato da alcuni giudici troppo indeterminato e quindi in violazione del principio della tassatività. In particolare, è stato messo sotto accusa quel «giustificato motivo», che cosa significa e come può un giudice stabilirlo? E’ questa la prima eccezione di costituzionalità su cui si è soffermata la Consulta – che ancora deve finire di calendarizzare parte delle 467 ordinanze di remissione alla Corte, totalizzate poco più di un anno di applicazione della legge – e la sentenza sarebbe già pronta.

Si tratterebbe di una sentenza interpretativa di rigetto, per cui sarà necessario leggerla con attenzione quando sarà resa nota, poiché spesso nelle sentenze interpretative della Corte vengono forniti elementi di riflessione tutt’altro che scontati. Tuttavia, tra gli esperti, era già stata messa in dubbio la sussistenza di profili di incostituzionalità sull’articolo 14 e in particolare sulla questione del «giustificato motivo», poiché teoricamente un giudice può avere gli strumenti per stabilire se lo straniero aveva o meno la possibilità di allontanarsi autonomamente dal territorio dello stato. Probabilmente, poiché già in passato la Corte ha utilizzato questo modello, nella sentenza saranno elencati una serie di casi in cui c’è giustificato motivo, e quindi non sussiste il reato.

Il lavoro della Consulta sulla legge Bossi-Fini è comunque ancora lungo, e altre sentenze verranno emanate nel corso del 2004. Il punto caldo riguarda le remissioni sulla cosiddetta «espulsione amministrativa», quella cioè comminata dal prefetto – l’articolo 13 della legge – che prevede l’espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica. Con la legge Turco-Napolitano l’espulsione amministrativa con accompagnamento alla frontiera era un’eccezione, che con la Bossi-Fini si è tramutata nella norma. A questo punto è evidente il contrasto con l’articolo 13 della Costituzione, quello sull’inviolabilità della libertà personale. Che parla chiaro: «Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge». La legge Bossi-Fini, quindi, non solo viola la costituzione poiché non rispetta il principio dell’«eccezionalità» ma per almeno altri due motivi. Da un lato non prevede un intervento tempestivo del giudice – il governo aveva provato a metterci una toppa con il decreto 51 del 2002 che però prevede soltanto che l’autorità di polizia «comunichi» al giudice il provvedimento di espulsione che resta «comunque esecutivo» – dall’altro contraddice la Carta laddove stabilisce che è solo l’autorità giudiziaria a poter applicare l’espulsione, e non la forza pubblica.

La Camera di consiglio che dovrà decidere di questo profilo di incostituzionalità non è ancora stata calendarizzata. Sarà il giudice Carlo Mezzanotte – giudice eletto dal parlamento su indicazione di Forza Italia – a occuparsi della legittimità dell’espulsione amministrativa. Ed è proprio alla luce di una sua precedente sentenza, la 105 del 2001, sulla costituzionalità dei centri di permanenza temporanea, che secondo gli esperti si può prevedere una sentenza di accoglimento. In quella sentenza, che rigettava le eccezioni di costituzionalità sul trattenimento nei cpt, Mezzanotte si soffermava anche sull’accompagnamento coatto alla frontiera, definendolo un «atto coercitivo (…) che direttamente incide sulle libertà della persona», stabilendo dunque la necessità di un controllo giurisdizionale sul provvedimento. Per sapere come la Consulta valuterà la questione in base alle modifiche apportate dalla Bossi-Fini, bisognerà attendere però ancora diversi mesi.