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Nauru, Oceania – Sospeso temporaneamente lo sciopero della fame dei richiedenti asilo

I 45 cittadini richiedenti asilo che dal 10 dicembre 2003 avevano iniziato lo sciopero della fame nel centro di detenzione di Nauru, giovedì 8 gennaio 2004 hanno deciso di sospenderlo, dopo quasi un mese di protesta.
I dimostranti hanno ripreso a nutrirsi dopo aver ricevuto assicurazioni che il governo australiano tornerà a prendere in esame i loro casi.

“I richiedenti asilo – ha spiegato alla stampa locale Howard Glenn di ‘A Just Australia’, organizzazione impegnata per i diritti dei rifugiati – hanno sospeso la protesta per un numero limitato di settimane, così da permettere al governo australiano di riesaminare le richieste dei profughi in base a nuove informazioni giunte dai Paesi d’origine”.
Questa estrema forma di protesta era iniziata perché da due anni i 284 cittadini, per lo più rifugiati di origine afghana (di cui 93 bambini) reclusi sull’isola di Nauru nel Pacifico meridionale, non ricevevano alcuna risposta dal governo australiano che si era limitato a comunicare loro che sarebbero potuti rientrare nei loro paesi d’origine dato che non sussistono più le ragioni della loro fuga.

Il detention centre di Nauru, gestito dall’OIM (International Organization for Migration) e regolato dalle leggi australiane sull’immigrazione, è stato aperto nel 2001 dopo che il governo australiano ha pagato al governo dell’isola – indipendente dal 1968 – 30 milioni di dollari australiani, circa 20 milioni di euro. Il centro di detenzione viene gestito direttamente dalle autorità australiane.

La legge sull’immigrazione in Australia
E’ importante ricordare che dal 2001 il governo australiano ha ulteriormente irrigidito la legge sull’immigrazione e il diritto di asilo, già considerata una delle leggi più razziste del mondo: qualsiasi straniero che venga trovato alle frontiere australiane viene detenuto nei centri di detenzione del deserto; la detenzione non ha limiti temporali e nemmeno i minori vengono risparmiati. I detention centres sono gestiti privatamente e controllati dalle guardie dell’ACM, una vera e propria milizia privata al soldo delle cooperative, delle aziende che controllano queste prigioni.

In Australia, nei confronti dei richiedenti asilo, si sta sperimentando una nuova forma di controllo e alienazione dell’essere umano; privati di libertà, di diritti e di affetti (nonché di assistenza legale, medica, educazione, etc) gli uomini, le donne e i bambini spesso si autoinfliggono mutilazioni, tentano il suicidio…
L’ACM per evitare tutto questo li isola ulteriormente, li riempie di sedativi.
Dopo i numerosi tentativi di fuga, di cui quello riuscito nella primavera del 2002 da Woomera, la società civile australiana ha iniziato ad interessarsi, a lottare per la libertà dei cittadini migranti e, soprattutto, ha denunciato al mondo intero quello che accade nella “democratica” Australia.

La situazione disperata dei richiedenti asilo
Nell’ultimo anno si sono succedute rivolte, scioperi della fame, ma quanto sta avvenendo a Nauru è impressionante: dai primi giorni di dicembre 45 uomini sono entrati in sciopero totale della fame e della sete, quattro di loro si sono cuciti la bocca (come già accadde a Portheland e a Woomera) e hanno dichiarato che nel caso in cui il governo australiano non si fosse per lo meno espresso sulla loro situazione si sarebbero cuciti anche le palpebre e lasciati morire.
Associazioni, avvocati, singoli individui e parlamentari dell’opposizione si sono subito mobilitati per fare pressione sul governo australiano con iniziative, petizioni inviate al Ministro dell’immigrazione Amanda Vanstone e soprattutto rendendo noto al mondo quanto avviene in Australia.

Una radio comunitaria di Brisbane ha intervistato un avvocato che fornisce assistenza legale ai richiedenti asilo, Fredrica Steen, la portavoce dei democratici australiani per quanto concerne l’immigrazione, Kate Reynolds e il presidente dell’ass.ne Hazara Ethnic Association nonché avvocato, Hassan Ghulam.
– interviews Frederika Steen [here]

– interviews Hassan Ghulam, President Hazara Ethnic Association & Hunger Strikers’ Spokesperson [here]

– interviews Democrats spokesperson, Kate Reynolds [here]

Il racconto di un giornalista
Kim Roscoe, giornalista del NZ’s Dominion Post è riuscito ad infiltrarsi nell’isola di Nauru, dove ai media, alle associazioni, agli avvocati è vietato entrare per delibera del governo Australiano. Questo reporter è il primo che visita Nauru da quando i 45 richiedenti asilo hanno iniziato lo sciopero della fame. E’ arrivato a Nauru dalle isole Fiji, sostenendo che andava a far visita a degli amici e per due giorni è riuscito a incontrare alcuni detenuti.

Proponiamo la traduzione in italiano dell’articolo scritto dal giornalista dopo la “visita” all’isola e l’incontro con i richiedenti asilo.

L’isola appare come sulla soglia della disintegrazione.
Manca tutto: benzina, cibo, acqua potabile; interminabili sono le code per gli approvvigionamenti. I funzionari del governo non sono pagati da mesi e inutilmente aspettano in coda fuori dall’unica banca che spesso non ha liquidità. Molte le opzioni per “salvare” l’isola: una di queste è ritornare sotto il controllo australiano (l’indipendenza risale al 1968).

Un detenuto ha iniziato ad avere problemi cardiaci, altri presentano escoriazioni alle gambe, altri ancora si sono cuciti le labbra. Molti hanno iniziato ad avere seri problemi ai reni e sono stati trasferiti in stampelle all’infermeria del centro di detenzione. Il detenuto Ali Madad Razai ha dichiarato che in molti perdono coscienza e devono essere trasferiti all’ospedale, ma l’ospedale locale non è attrezzato e i medici non sono riusciti ad ottenere medicinali.
‘Non vogliono morire, vogliono vivere. Hanno iniziato lo sciopero della fame perché non avevano alcuna alternativa…”

Il portavoce
Alì oggi ha diciotto anni, ne aveva sedici quando è arrivato sull’isola equatoriale. Da questa settimana parla per i 284 richiedenti asilo detenuti.
I detenuti sono stati portati qui circa due anni fa a seguito dell’irrigidimento delle legge sull’immigrazione in Australia, a tutti è stato negato lo status di rifugiato dopo uno sbrigativo colloquio con la Commissione d’esame. Ali riferisce che l’interprete fornito dalla Commissione apparteneva ad un gruppo etnico ostile da sempre all’etnia Hazara. Da allora non hanno più potuto parlare con un avvocato, un’associazione o con i media.
E’ stato detto loro che possono tornarsene a casa, che adesso l’Afghanistan è libero e sicuro ma Ali riferisce della morte di molti di quelli che hanno scelto di rimpatriare.
“Se torniamo a casa ci uccideranno. Le nostre famiglie sono state assassinate, vogliamo solo libertà e pace” – dichiara Alì.

Ora lo sciopero è stato momentaneamente interrotto e alcuni medici stanno rimuovendo il filo dalle labbra dei dimostranti.