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A cura della redazione del Progetto Melting Pot Europa

Diritto di asilo: la situazione al Porto di Venezia

Intervista a Laura Liberati, operatrice Cir

I valichi di frontiera interessati sono stati individuati con un successivo decreto del 30 aprile 2001. Tra i valichi individuati vi sono il Porto e l’Aereoporto di Venezia.
La locale Prefettura ha provveduto ad attivare il Servizio di accoglienza il 10 dicembre del 2001, affidandone la gestione al CIR (Consiglio Italiano per i Rifugiati).
L’Ufficio di Venezia, che serve sia il porto che l’aereoporto è situato presso alcuni container nella zona dello scalo turistico del porto marittimo.

Vi è da dire che in questo anno di attività pochi sono stati gli interventi che si sono potuti effettuare dato che spesso gli operatori non vengono avvisati degli arrivi di stranieri che necessitano di informazioni sul diritto di asilo o comunque sulla normativa esistente in materia di immigrazione.
Il porto di Venezia è da sempre interessato ad arrivi, a volte numerosi, di “clandestini” a bordo dei trasghetti greci e turchi e di navi mercantili. Quasi sempre vengono respinti senza dar loro modo di essere informati nella loro lingua di eventuali diritti di protezione o comunque delle norme che regolano le migrazioni, in modo da orientarli una volta respinti in un altro stato europeo.

L’informazione non è solo a favore dei clandestini ma è anche prassi che aiuta ad applicare correttamente le convenzioni europee sullo stato competente, nel rispetto delle direttive europee.
La Polizia di Frontiera sostiene che nessuno di loro chiede asilo e che comunque provenendo quasi sempre dalla Grecia o dalla Turchia, vengono respinti in base alle leggi internazionali.
Ciò è vero solo in parte dato che le persone spesso compiono solo un transito, la maggior parte delle volte non sapendo neppure dove si trovano e verso quale porto si dirigono. Spesso lo scoprono solo quando sono a bordo o quando vengono ritrovati all’interno di containers e tir.

L’Ufficio di Frontiera ha il compito di informare correttamente queste persone sul loro destino, abbiano o meno il diritto di chiedere asilo. Ma ha soprattutto il compito di far rispettare questo diritto e di permettere a chi fugge da persecuzioni di trovare asilo in un paese democratico. Troppo spesso questo è un diritto negato, troppi sono stati i respingimenti effettuati senza informare gli operatori dell’Ufficio.
Questo non si verifica solo a Venezia.

Ricordate a Dicembre il caso della famiglia siriana respinta all’aereoporto di Milano, nonostante fossero chiaramente in pericolo di vita, come poi è stato dimostrato una volta effettuato il respingimento. Neppure in questo caso, che ha suscitato proteste e provocato interpellanze parlamentari data la notorietà degli interessati, la polizia di frontiera ha ritenuto di avvisare gli operatori dello scalo Milanese.
Casi come questo , ma che non arrivano agli onori della cronaca, se ne conoscono moltissimi ed è per questo che il lavoro di questi uffici di frontiera è particolarmente delicato e prezioso. Dai loro interventi può dipendere la salvezza di una persona

Abbiamo intervistato Laura Liberati, operatrice legale del CIR al Porto di Venezia su quali sono i compiti dell’Ufficio e come si svolge il lavoro degli operatori.

D: Da quanto tempo esiste l’ufficio?

R: Siamo presenti al porto di Venezia dal dicembre 1999 in seguito alla convenzione che abbiamo stipulato con la Prefettura di Venezia, ma il nostro mandato è allargato anche al porto di Marghera e all’aeroporto di Venezia. Siamo pienamente operativi da un anno e qualche mese.

D: Quanti operatori siete e quali sono i vostri compiti?

R: Siamo tre operatori che si alternano a turno nell’ufficio. Abbiamo una formazione legale; tra di noi ci sono interpreti culturali e il nostro compito è quello di tutelare i richiedenti asilo che arrivano in frontiera e vogliono presentare la richiesta di asilo.

D: Come sono i rapporti con la Polizia di frontiera, vi è collaborazione?

R: I rapporti con la Polizia sono piuttosto buoni anche se bisogna dire che occorre più tempo per creare rapporti più solidi che portino ad una collaborazione più proficua. La mia esperienza all’aeroporto di Fiumicino mi ha fatto constatare che occorre più tempo per creare un rapporto di fiducia che porti ad avere una collaborazione efficace che a valutare la serietà del lavoro che svolgiamo a tutela dei richiedenti asilo.

D: Ci puoi illustrare una normale prassi di aiuto ai richiedenti asilo e profughi?

R: Poiché ci troviamo all’interno della zona transiti del porto spesso riusciamo a vedere direttamente i clandestini che scendono dai camion che arrivano via nave dalla Grecia, altre volte veniamo contattati dalla Polizia. Un momento essenziale del nostro lavoro consiste nella verifica della condizione degli stranieri: una volta che le persone arrivano e sono fotosegnalate noi abbiamo il compito di accertare se sono immigrati o richiedenti asilo. Nel primo caso le persone straniere vengono riammesse in Grecia – poiché le navi su cui viaggiano provengono da lì, nel caso di richiedenti asilo procediamo invece secondo la convenzione di Dublino che stabilirà la competenza del paese che dovrà prendersi carico del richiedente asilo.

D: Come sono gli arrivi al porto di Venezia rispetto a quanto hai osservato all’aeroporto di Fiumicino?

R: Ci sono differenze sostanziali nella composizione degli arrivi. Qui a Venezia arrivano kurdi iracheni, afgani, qualche Iraniano… devo dire che ogni frontiera ha una propria collocazione geografica che determina la nazionalità degli arrivi.

D: In questo momento di guerra sono arrivate persone dai territori dell’ Iraq o da zone circostanti?

R: Sappiamo che sono arrivati degli iracheni che non abbiamo potuto vedere ma di cui sappiamo che erano in possesso di documenti rilasciati dalla Grecia. Accade spesso che iracheni, kurdi, afgani vengano rimandati in Grecia. In seguito alla convenzione di Dublino è stato istituito un apposito ufficio che dopo il nostro primo screening di valutazione delle motivazioni di arrivo dovrebbe stabilire qual è il paese di competente per il rilascio dell’asilo. La fase di screening è il punto più debole della procedura ma anche il più importante: vengono esaminate le motivazioni che spingono gli stranieri ad arrivare in Italia. Le motivazioni di carattere economico non rientrano nel nostro mandato, ma in presenza di motivazioni legate alla persecuzione personale per motivi diversi – razza, religione, opinioni politiche, appartenenza a gruppi sociali – allora attiviamo la Convenzione di Dublino. Solo un esame attento delle motivazioni dell’arrivo di una persona può farla considerare immigrata o richiedente asilo.

D: Rispetto all’approvazione della nuova legge sull’immigrazione, la Bossi-Fini, è cambiato qualcosa per il vostro operato?

R: La nuova legge è senz’altro restrittiva, ma i cambiamenti sono legati al regolamento di attuazione per i richiedenti asilo che non è ancora stato diffuso e di ci sui siamo tuttora in attesa.