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Una lavoratrice regolarizzata come “badante” può cambiare lavoro e diventare co.co.co?

Non è facile rispondere a questa domanda perché ci troviamo a cavallo tra la nuova e la vecchia legge, non è ancora stato emanato il nuovo Regolamento di attuazione e per il momento si continua ad applicare il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394. La stipula dei cosiddetti contratti di soggiorno per lavoro subordinato (art. 5 bis) avviene ora in sede di perfezionamento delle regolarizzazioni ma, per quanto riguarda i futuri normali rinnovi dei pds, gli uffici competenti non si sono ancora organizzati.

Le norme che oggi sono ancora vigenti ci permettono di ritenere che in questa ipotesi non sia necessario recarsi in Questura per modificare il pds in corso di validità e nemmeno stipulare un contratto di soggiorno, anche perché nel caso del lavoro autonomo ciò non è previsto.

È giusto ricordare che l’art. 6, comma 1, del T.U. sull’Immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, – articolo non modificato dalla legge Bossi Fini) prevede che “Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite”. Di conseguenza è chiaro che il pds per lavoro subordinato può essere utilizzato anche per svolgere attività di lavoro autonomo e ciò non costituirebbe un illecito perché questo diritto è espressamente previsto dalla norma medesima.

Inoltre, il vecchio Regolamento di attuazione (D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394) prevede all’art. 14, comma 1, che “il pds rilasciato per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo e per motivi familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite allo straniero anche senza conversione o rettifica del documento, o per il periodo di validità dello stesso”. Dalla formulazione letterale della norma, si ricava chiaramente che una persona in possesso di un pds per lavoro subordinato, ancora in corso di validità, conserva fino alla scadenza dello stesso quel permesso anche se inizia a svolgere una attività di lavoro autonomo, come la collaborazione coordinata e continuativa, e ciò senza che vi sia la necessità di modificare o rettificare il documento stesso fino alla sua scadenza.

Inoltre all’art. 14, comma 3 del Regolamento di attuazione, si prevede espressamente che “con il rinnovo è rilasciato un nuovo permesso di soggiorno per l’attività effettivamente svolta”. Ciò significa che, nel caso di cui al quesito, quando la lavoratrice andrà a rinnovare il pds, constatato che sta svolgendo una attività diversa da quella per cui aveva originariamente effettuato la richiesta del permesso di soggiorno, si provvederà al rinnovo per motivi di lavoro autonomo.

Ci si chiede però se per una lavoratrice che si è regolarizzata come domestica sia possibile cambiare non solo il tipo di attività lavorativa, ma anche il genere, da subordinato ad autonomo.

Un possibile scrupolo è basato sulla formulazione ambigua della norma contenuta nel D.L. 9 settembre 2002, n. 195 (convertito con modificazioni dalla L. 9 ottobre 2002, n. 222) contenente “Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari”. L’art. 1, comma 5, dispone infatti che “Il permesso di soggiorno può essere rinnovato previo accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ovvero a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno, nonché della regolarità della posizione contributiva previdenziale ed assistenziale del lavoratore extracomunitario interessato”.

L’ambiguità della norma potrebbe far pensare che, essendo necessaria la verifica della continuità lavorativa e del versamento dei contributi, la lavoratrice (colf o badante) non possa cambiare tipo di attività.
Se questo fosse vero avremmo una palese discriminazione ed una limitazione dei diritti fondamentali che devono essere riconosciuti a tutti i lavoratori, sicché una interpretazione della legge che permettesse di ritenere lecito l’impedimento della possibilità di cambiare lavoro sarebbe una interpretazione illecita.

In conclusione, dobbiamo ritenere che, nonostante la pessima formulazione della norma, il lavoratore regolarizzato per lavoro domestico abbia tutto il diritto di cambiare settore di lavoro o svolgere attività di lavoro autonomo e ciò senza dover nel frattempo rettificare il permesso di soggiorno fino alla sua scadenza.