Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Repubblica dell'8 gennaio 2004

Immigrati, Bush apre agli illegali di Alberto Flores

Permessi di soggiorno ai clandestini che hanno un lavoro

Il presidente annuncia una riforma pensata per conquistare il voto degli ispanici nella corsa alla Casa Bianca

New York – Come un consumato giocatore di poker George W. Bush ha calato ieri l´ennesimo asso in una mossa che cambia radicalmente le procedure di ingresso per lavorare negli Stati Uniti, stravolge la legge voluta da Reagan nel 1986, rende felici alcuni milioni di clandestini e toglie ai democratici un altro dei loro cavalli di battaglia. L´America è una «welcoming society», ha annunciato Bush dalla Sala Est della Casa Bianca, ricordando il contributo degli immigrati alla costruzione di questo paese sempre più «forte, umano e compassionevole». E dato che l’attuale legge «non funzionava» era necessario cambiarla: per rendere l’America «economicamente più forte e più sicura».

Con il nuovo “programma” milioni di stranieri potranno lavorare per tre anni negli Stati Uniti e circa otto milioni di clandestini che già vivono in America (le stime più alte parlano di 14 milioni) potranno tirare un sospiro di sollievo: basta nascondersi, basta ricatti dei datori di lavoro, basta angherie e mazzette pagate ad agenti e funzionari corrotti, basta numeri del Social Security (l’assistenza sociale) rubati o comprati a caro prezzo. Per almeno otto milioni di esseri umani, di cui la metà messicani – Bush ha telefonato al presidente Vicente Fox per preannunciargli la nuova legge – e l’altra metà a grande maggioranza latinos (o hispanic, su quale sia il termine più politicamente corretto la discussione è ancora aperta) dell´America centrale, dei Caraibi e delle Ande o asiatici di vario genere il 7 gennaio 2004 diventerà una data da ricordare, da festeggiare come le altre precedenti immigrazioni (irlandesi, italiani, cinesi) festeggiano: con una bella parata.

Il programma è semplice. Al guest-worker, il lavoratore-ospite, che ha un’offerta di lavoro negli Stati Uniti (per lavori “umili” ormai “rifiutati” dagli americani) viene rilasciato uno speciale visto di ingresso valido tre anni. Si tratta di un accordo «temporaneo» (su quante volte potrà essere rinnovato la Casa Bianca deve trovare un accordo con il Congresso) e scaduti i tre anni (salvo rinnovo) il guest-worker dovrà tornare nel suo paese d´origine.
Tutti gli stranieri che entreranno nel nuovo programma saranno pagati almeno con il minimo salariale, avranno diritto al Social Security e avranno gli stessi diritti e doveri, sanciti e garantiti dalla legge americana, di qualsiasi lavoratore. Per i clandestini (e per i loro datori di lavoro) che si metteranno in regola non è prevista alcuna sanzione. La legge finora in corso prevedeva l’espulsione immediata e pesanti multe per i datori, anche se in molti Stati (come California, Texas e New York) i clandestini erano raramente perseguiti, data anche la difficoltà nelle grandi città ad individuarli. Tutti quelli che avranno il nuovo speciale visto potranno girare liberamente negli States ed entrare ed uscire dagli Usa senza limitazioni. Ed essendo in regola potranno usufruire degli stessi diritti di tutti: avere un conto in banca, la patente e anche, perché no, pagare le tasse.

Il programma prevede anche la creazione di uno speciale saving account, una sorta di “libretto di risparmio” in cui i contributi versati potranno essere usati anche una volta tornati nella patria di origine e la possibilità di portare in America la famiglia (a patto che si provi di essere in grado di mantenerla). I nuovi visti non saranno legati in alcun modo al normale permesso di residenza e cittadinanza, nè saranno una via facilitata per ottenere la green card, – il permesso permanente di residenza negli Usa – chi intende chiederla dovrà seguire le procedure standard previste. Infine saranno previsti incentivi per invogliare i lavoratori stranieri a tornare in patria alla scadenza dei tre anni.

La nuova legge, dettata senz´altro da motivi elettorali (gli elettori latinos sono in crescita e in alcuni Stati determinanti e nel 2000 Bush ottenne solo un terzo dei loro voti) ha provocato le critiche dei democratici (non tutti per la verità), di diverse organizzazioni legate alle comunità di immigrati e dei settori repubblicani più tradizionalisti, da sempre contrari a qualsiasi “legalizzazione” dei clandestini. Per evitare le proteste di questi ultimi (e magari un rovescio al Congresso) la Casa Bianca ha posto alcuni limiti (come la green card); ai democratici, da sempre paladini degli immigrati (ma negli otto anni di Clinton la legge Reagan non era sostanzialmente cambiata) ha tolto un grosso argomento elettorale e probabilmente qualche decina di migliaia di voti che potrebbero risultare determinanti il prossimo novembre. Per Dean, Clark, Lieberman e lo stato maggiore del partito si tratta del secondo smacco dopo il medicare, la riforma dell´assistenza sanitaria, (pur con tutti i limiti di quella nuova normativa). E nel vararla Bush ha posto un altro pesante tassello alla costruzione di quell’America fondata sul compassionate conservatorism che è l’essenza del suo programma politico.


la legge reagan

Le regole fissate nell’86 da Reagan stabiliscono chi vuole lavorare in America deve essere chiamato da una società, far parte di categorie di lavoratori di cui c’è bisogno o essere uno stagionale. Fa eccezione chi ha una Green card, permesso permanente di soggiorno negli Usa


la riforma di bush

I lavoratori stranieri già presenti negli Usa potranno chiedere un permesso di soggiorno purché abbiano già trovato un lavoro a tempo determinato: saranno così regolarizzati e potranno fra l’altro rientrare senza problemi nei paesi di origine. Si spera di limitare l’immigrazione clandestina