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L’attività di estetista permette di entrare in Italia come lavoratrice autonoma?

Si precisa preliminarmente che l’attività di estetista è pacificamente identificabile come un’attività artigiana che per il suo svolgimento regolare richiede pertanto l’iscrizione presso l’albo delle imprese artigiane. Lo svolgimento dell’attività d’estetista richiede altresì un’autorizzazione comunale che comporta una preventiva verifica relativa essenzialmente all’idoneità sanitaria dei locali che verranno adibiti all’esercizio dell’attività medesima.
Nel caso specifico però il problema da affrontare non è tanto quello di verificare se sussistono tutti i requisiti per l’avviamento in Italia dell’attività di estetista, bensì quello del riconoscimento dell’attestato di formazione professionale, poiché le norme che avrebbero dovuto stabilire dei criteri per il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero, non sono ancora state emanate dal Governo italiano. Ne discende che mancano dei riferimenti normativi chiari.
In taluni casi si è ritenuto possibile considerare (se il titolo di studio o di formazione professionale non può essere direttamente riconosciuto valido in Italia) l’esperienza maturata sul campo, quindi l’attività professionale concretamente svolta per un certo arco di tempo nel paese di provenienza. Questo perché, per esempio, la normativa che riguarda l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane, pone come requisiti alternativi:
– il possesso di un titolo di formazione professionale riconosciuto in Italia;
– la dimostrazione con documenti provenienti dal paese in cui l’attività si è svolta, che l’interessato ha già svolto a livello professionale un’attività corrispondente nel proprio paese di provenienza per una certo periodo di tempo.

In linea teorica quindi, l’interessata (attrezzandosi per dimostrare con documenti il più possibile eloquenti e soprattutto legalizzati presso il consolato italiano, l’avvenuto svolgimento nel proprio paese dell’attività corrispondente per la durata minima prevista) potrebbe anche superare, salvo intoppi ed interpretazioni non sempre corrette, la propria iscrizione all’albo delle imprese artigiane. Potrebbe quindi anche perfezionare la richiesta di autorizzazione da parte dell’autorità comunale competente, per l’esercizio dell’attività d’estetista in un determinato sito o locale.
Tuttavia il problema esistente a monte è che, comunque, in base all’ultimo decreto flussi le quote d’ingresso per lavoro autonomo possono essere rilasciate solo per determinate attività che, tuttavia, non comprendono i mestieri artigiani.
L’attività di estetista non può peraltro essere considerata come una libera professione e quindi, purtroppo, siamo spiacenti di dover dire chiaramente all’interessata e a chi si trovasse nella medesima situazione, che per l’ingresso per lavoro autonomo finalizzato allo svolgimento di un’attività artigiana, come pure di un’attività di piccolo commercio o di piccola impresa, sostanzialmente non ci sono speranze perché non ci sono quote disponibili.

Sempre con riferimento al caso esaminato, diverso sarebbe se per la persona interessata fosse proposta una richiesta di autorizzazione all’ingresso per lavoro subordinato volta all’assunzione in qualità di estetista presso un atelier già autorizzato in Italia o presso un’azienda nell’ambito della quale si svolge anche l’esercizio di estetista. In questo caso, trattandosi di un’assunzione in qualità di lavoratore subordinato, non vi sarebbe più la limitazione per la tipologia di attività prevista per le quote di lavoro autonomo e, quindi, potrebbe essere perfezionato l’ingresso. Successivamente, come previsto in via generale dalla legge, la persona interessata potrebbe anche decidere di cessare l’attività di lavoro subordinato e “mettersi in proprio”, quindi effettuare in Italia tutti gli adempimenti necessari per l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane.