Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Corriere Romagna del 21 maggio 2004

Rimini: Scoperto un laboratorio lager di Luigi Angelini

L’ultimo tassello, il più debole, di una filiera del sommerso che dietro il luccichio dei grandi marchi d’abbigliamento nasconde lavoro nero, sfruttamento, evasione fiscale e previdenziale. Un ultimo tassello carico della miseria e della disperazione che Inail, Nucleo carabinieri dell’Ispettorato del lavoro e Polizia municipale hanno scovato nella notte tra mercoledì e giovedì in un capannone della zona artigianale di via Montescudo, dietro la sede della motorizzazione civile, dove si nascondeva un laboratorio clandestino di abbigliamento gestito da cinesi. 40 persone controllate, 19 lavoratori in nero, 7 extracomunitari clandestini (denunciati a piede libero), 2 datori di lavoro denunciati per sfruttamento dell’immigrazione clandestina e favoreggiamento della permanenza di clandestini, 75mila euro (i vecchi 150 milioni di lire) di violazioni amministrative, 13mila euro di evasione assicurativa e contributiva, è l’incredibile bilancio dell’operazione.

Alla quale va aggiunta la miseria degli ambienti e della condizione in cui erano costretti i lavoratori: miseri giacigli, ricavati in un soppalco (dal quale si accedeva attraverso una scala a pioli), in una vecchia cella frigorifera e addirittura in un bagno alla turca. Il capannone, posto sotto sequestro, era stato diviso in due unità produttive distinte ed indipendenti, entrambe munite di cucine in condizioni igienico-sanitarie miserevoli, con incrostazioni e insetti vaganti.Alla base dell’operazione congiunta tra le diverse forse ispettive, scattata dopo molteplici segnalazioni alle autorità, c’è la considerazione circa la scarsa incidenza di infortuni sul lavoro che coinvolgono cittadini cinesi a fronte di una massiccia presenza della comunità orientale nel territorio e nel tessuto produttivo locale.

Una sproporzione che “puzza” di lavoro nero, evasione e immigrazione clandestina e che ha messo in moto un imponente apparato investigativo per ripercorrere tutta la catena produttiva per arrivare alle grosse aziende nazionali coinvolte. Già l’operazione della notte di mercoledì, che ha visto gli agenti all’opera dalle 22.30 fino all’alba di giovedì, ha permesso di verificare che l’attività di maglieria era stata sub-appaltata ai cinesi da una ditta di Riccione. La quale, a sua volta, aveva ricevuto la commessa da una grossa azienda di confezioni nota a livello nazionale.Primi elementi, questi, che gli investigatori ritengono utili per colpire i “pesci grossi” del sistema del nero che si nasconde dietro le magliette rosa elasticizzate, tanto di moda questa estate, prodotte nel capannone-lager di via Montescudo.