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da Il Manifesto del 27 agosto 2004

Lo credono morto e lo buttano via di Emanuele Bissantini

Un operaio immigrato scompare da un cantiere edile vicino a Foligno e i carabinieri lo ritrovano a 15 chilometri di distanza, in campagna, ferito, solo e in stato confusionale. Ce lo hanno gettato, credendolo morto i suoi datori di lavoro, padre e figlio, 41 e 19 anni, titolari della «Edil Perugia». L’operaio era caduto da un impalcatura, perciò i due imprenditori lo hanno caricato sul cassone del furgone e abbandonato sul ciglio di una strada di campagna, tanto per evitare grane. Perchè Abdslam F, marocchino 34enne, lavorava in nero a 35 euro al giorno, senza contratto, pur avendo regolare permesso di soggiorno. Niente contratto, niente prove, avranno pensato i due. E poi la famiglia – moglie e due figlie, di due e cinque anni – è lontana, chissà quando denuncerà (se denuncerà) la sua scomparsa. Peccato che Abdslam non era affatto deceduto. I carabinieri del reparto mobile di Assisi, guidati da Florindo Rosa, lo hanno trovano a poche ore dall’incidente su una strada di campagna in località Le Viole, e da qui lo hanno portato in ospedale dove gli è stato riscontrato un trama cranico e ferite a una gamba.

Abdslam stava lavorando alla ristrutturazione di un edificio privato a Sant’Eraclio di Foligno, ed è caduto da un’impalcatura sospesa tra il primo e il secondo piano. Dell’incidente dice di non ricordare nulla: «Ricordo solo di aver mangiato nel cantiere dove ero stato accompagnato dal datore di lavoro – dice – poi mi sono ritrovato circondato da carabinieri e da medici. Non capivo perché fossi finito lì».

All’inizio i carabinieri credono che sia un topo d’appartamento, un ladro caduto dal balcone mentre cercava di rubare in qualche casa. L’operaio spiega che invece no, lui lavora in un cantiere. In realtà la prima versione che dà è un’altra, dice di essere stato investito da un camion. «Non vorrei che me la facessero pagare per aver denunciato il fatto», dirà poco dopo durante un secondo interrogatorio. Le forze dell’ordine si recano nel cantiere e interrogano i titolari. Che all’inizio, negano tutto. Dicono che da loro non lavora nessuno straniero. Però un’anziana signora ha visto tutto, e lo fa presente. Alla fine cedono. Non prima però di aver cercato di mettere a tacere la cosa perché certa pubblicità è meglio evitarla. A tarda notte bussano alla porta Abslam – che nel frattempo ha firmato per uscire dall’ospedale – e gli chiedono di mettere a tacere la vicenda, di ritirare la denuncia, che – per ora – è di omissione di soccorso. Il silenzio ha un prezzo. Che secondo i due padroncini consiste nel corrispettivo di dieci giornate di lavoro, più un piatto di spaghetti e due mele. In altre parole in cambio del silenzio gli offrono poco più di un mese d’affitto, visto che Abdslam, che sta in Italia da 10 anni, abita in un monolocale di 6 metri quadri insieme ad un connazionale, che gli costa trecento euro al mese.

Abdslam, davanti ai carabinieri della stazione di Santa Maria degli Angeli, appare calmo ma molto amareggiato. «Non so che vuol dire odiare – dice – ma so che sono stato trattato come un cane».

Ora lo aspetta un’operazione, per un profondo ematoma sulla gamba ferita, che i medici di Assisi gli hanno consigliato di fare nel più breve tempo possibile. Il suo coinquilino lo sta aiutando a tornare nel suo paese. Intende operarsi in Marocco. «In Italia sono solo, meglio tornare nel mio paese dove ho la famiglia che mi può assistere».

Dopo la degenza, dice, tornerà. «Nel mio paese non ho un lavoro, devo mantenere la mia famiglia. Se tutto va bene tornerò tra un mese. Qui, se lavori, ti rispettano. Non ho mai avuto problemi né subito atti di razzismo».