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da Il Corriere della Sera del 5 settembre 2004

I lavoratori stranieri, una risorsa: “quella luce oltre la siepe” di Fabrizio Mattesini

Cronaca di Roma – Quando pensiamo al fenomeno dell’immigrazione le immagini che ci vengono subito alla mente sono quelle degli sbarchi clandestini, delle carrette del mare con il loro carico di disperati. Immagini di un problema enorme, che ci angoscia, al quale appare impossibile dare risposte. Vittime di queste immagini – e delle notizie di cronaca che spesso ci parlano di immigrati coinvolti in fenomeni criminosi o infiltrazioni fondamentaliste – a volte alimentiamo con esse i nostri pregiudizi, tendiamo ad ignorare la realtà complessa e affascinante che ci circonda. Una realtà che ha trasformato il volto della nostra città e che l’ha arricchita, non solo importando pezzi di Oriente, di Africa e di America Latina nelle nostre strade, ma soprattutto dando un contributo alla sua vita economica.

Per capire quanto sia diventata rilevante, a Roma e nel Lazio, la presenza degli immigrati basta considerare poche cifre. Agli inizi del 2004, dei circa 2.500.000 stranieri soggiornanti in Italia, circa 363.000 erano residenti nel Lazio e 298.000 nel Comune di Roma, rappresentando ben oltre il 10% della popolazione residente. Se si escludono coloro che sono a Roma per motivi religiosi (circa un quinto della popolazione immigrata) gran parte di queste persone sono attive nel mondo del lavoro e sono ormai inserite stabilmente non solo nel settore della collaborazione familiare, ma anche nel turismo, l’edilizia, le pulizie e, fuori Roma, nell’agricoltura. Poco meno di un lavoratore su dieci svolge lavoro autonomo e molti ormai sono i titolari d’impresa.

Molti di questi lavoratori sono istruiti, motivati, e, contrariamente a quanto ci aspetteremmo, non se la passano per niente male sotto il profilo economico. Uno studio recente della Western Union, società che gestisce gran parte dei trasferimenti di denaro all’estero, ha calcolato che il reddito pro-capite degli immigrati in Italia, agli inizi del 2003 era stimabile in 10-12 mila euro all’anno. Un reddito che costituisce circa la metà del reddito per abitante in Italia e che corrisponde più meno a quello percepito dalla fascia media degli italiani. Dei 25,8 miliardi di reddito stimati dalla Western Union, gli immigrati ne hanno inviato il 16% nei paesi di origine, ne hanno risparmiato il 22% nel nostro paese e ne hanno speso il 62% in Italia. Gran parte di questo reddito cioè fornisce denaro alle banche che a loro volta lo possono reimpiegare per finanziare investimenti, o serve ad acquistare beni italiani.
Se importante è il contributo economico degli emigrati, grandi però sono ancora le difficoltà che essi si trovano ad affrontare. Problemi molto concreti in un città come la nostra, caratterizzata, nonostante alcune recenti iniziative del Comune, da una drammatica penuria di alloggi e da una forte utilizzazione del lavoro irregolare. E anche problemi creati da una burocrazia che, incapace di gestire le regolarizzazioni previste dalla legge Bossi Fini, impone agli immigrati di Roma, attese lunghissime (oltre un anno) per il rinnovo del permesso di soggiorno.