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da ilcorriere.it del 27 settembre 2004

Libia – Strategia in tre punti, via anche ai campi d’accoglienza

ROMA – Non saremo più noi a fornire i mezzi per il pattugliamento congiunto anti-clandestini, ma, ora che è caduto l’embargo, la Libia li acquisterà. E’ questa la novità più importante che trapela dall’incontro di ieri tra il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, e il collega libico Nasser Mabruk.

L’ESERCITO – L’accordo cambia radicalmente i termini della collaborazione tra Italia e Libia per fermare l’immigrazione illegale. Tripoli ora metterà a disposizione della lotta ai clandestini i suoi mezzi: a partire dagli elicotteri in dotazione all’esercito e alla marina di Gheddafi, come gli elicotteri Mi14 e Super Freon, Alouette 3, Mi-4 e A-109. Ma, visto che grazie alla mediazione dell’Italia non è più sotto embargo, ne acquisirà di nuovi. Motovedette, aerei da ricognizione e jeep. Che sceglierà preferibilmente tra la tecnologia esistente in Italia, compatibilmente con le esigenze tecniche, ancora tutte da studiare. Nei prossimi giorni verrà steso un progetto operativo che si avvarrà della consulenza italiana del dipartimento per l’immigrazione, diretto dal prefetto Alessandro Pansa, per valutare ogni tipo di necessità.
Resta fermo invece l’impegno dell’Italia e l’allestimento di campi profughi sulle coste della Libia. Pronti ad essere spediti sull’altra sponda del Mediterraneo ci sono già 6.000 moduli: tende, container e bagni chimici.

LE OPERAZIONI – Ovviamente slitta la data di inizio delle attività congiunte di contrasto agli sbarchi. E difficilmente potrà essere fissata prima del 10 novembre: data di chiusura del mese di Ramadan. In ogni caso la base operativa preparata nelle ripetute missioni a Tripoli dal prefetto Pansa resta valida. Le tecniche sviluppate dalle nostre forze dell’ordine per il controllo delle coste e l’intercettazione di imbarcazioni illegali, ma anche per le investigazioni sul campo verranno messe a disposizione dei libici nei 30 giorni di «addestramento congiunto». E proseguirà il nostro appoggio logistico alle operazioni di trattenimento dei clandestini e di rimpatrio.

LE PATTUGLIE – Sarà articolato in tre punti. Il primo prevede il pattugliamento con squadre miste (anche se non più a bordo di motovedette italiane) degli oltre 1.500 chilometri di coste sabbiose che consentono alle carrette del mare un comodo accesso al Mediterraneo. Gli aerei da ricognizione veloce che Tripoli intende acquistare serviranno a raggiungere il secondo obiettivo: il controllo delle rotte interne, che i clandestini percorrono attraversando il deserto. Verranno utilizzate anche jeep, carri officina e carri soccorso. E verranno sguinzagliati circa 150 poliziotti italiani provenienti da reparti mobili, volanti, dalla prevenzione crimine, dai nuclei subacquei, dalla Scientifica e dalle unità cinofile. La speranza è quella di rendere più incisive le indagini per sventare il traffico di esseri umani e individuare eventuali infiltrazioni di terroristi tra le file dei disperati e dei malviventi diretti verso le coste siciliane.

I CENTRI – L’altro punto dell’intesa riguarda, infine, la realizzazione di centri per i clandestini. E’ una delle emergenze più forti della Libia, che con le sue frontiere «virtuali», fatte solo di immense distese di deserto, è costretta ad assorbire la pressione di milioni di persone in fuga dai drammi dell’Africa. L’allestimento di campi, dunque, era stato una delle prime richieste di Gheddafi all’Italia. Ma il Viminale dopo un’iniziale apertura aveva dovuto fermarsi. Giacché all’interno del Consiglio dei ministri non era stato raggiunto l’accordo per inserire nel decreto di modifica alla legge Bossi-Fini un articolo ad hoc per dare mandato al ministro dell’Interno di spendere fondi già in dotazione al Viminale per realizzare queste strutture all’estero. Il ministro dell’Interno, però, conta di ottenere il via libera dal Parlamento. Lo stesso articolo sta per essere ripresentato sotto forma di emendamento al testo, in fase di conversione.

Virginia Piccolillo