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tratto dal sito della Camera dei Deputati

Informativa urgente del Governo sulle modalità del rimpatrio degli immigrati sbarcati nell’isola di Lampedusa

Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 524 dell’8/10/2004

(Interventi)

(ore 15,07)

Presidente. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di un’informativa urgente del Governo sulle modalità del rimpatrio degli immigrati sbarcati nell’isola di Lampedusa.
Dopo l’intervento del ministro dell’interno, onorevole Pisanu, avranno luogo gli interventi dei rappresentanti dei gruppi per cinque minuti ciascuno, in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo misto.

(Intervento del ministro dell’interno)

Presidente. Ha facoltà di parlare il ministro dell’interno, onorevole Pisanu.

Beppe Pisanu, Ministro dell’interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di riferire compiutamente alla Camera sui recenti, massicci sbarchi di immigrati clandestini nell’isola di Lampedusa, vorrei svolgere alcune brevi considerazioni, ben sapendo che, su argomenti come questi, la polemica di parte, per quanto è possibile, deve lasciare il posto a discussioni costruttive e decisioni responsabili.
Il fenomeno delle migrazioni è destinato a durare a lungo nel tempo e, secondo stime recenti, a crescere fino a raddoppiare nei prossimi quaranta o cinquant’anni, incidendo profondamente sui processi economici, politici e sociali del bacino del Mediterraneo.
Se per i paesi di origine l’immigrazione regolare è quasi sempre una triste necessità, per quelli di arrivo è certamente una opportunità da cogliere e governare con saggezza, prestando attenzione tanto alle esigenze del proprio sistema produttivo quanto ai problemi della integrazione di chi viene in Europa solo per lavorare e vivere in pace.

L’immigrazione clandestina, invece, è la patologia di questo grande e positivo fenomeno e, almeno in linea teorica, dobbiamo prevedere che essa tenderà a seguirne l’aumento, cioè a raddoppiare nei prossimi quaranta o cinquant’anni. Quella via mare è la forma più povera, più disperata e più pericolosa di immigrazione irregolare. Il nostro Governo è stato il primo in Europa a denunziarne pubblicamente, documentandoli, gli esiti troppe volte tragici.

Abbiamo subito percepito l’aggravarsi della situazione e abbiamo cercato di affrontarla con misure efficaci, ben consapevoli di poter contare, almeno per ora, solo sulle nostre risorse e sul buon funzionamento delle intese bilaterali con i paesi di origine e di transito dei flussi migratori.

Questo è, voglio ribadirlo, e rimarrà fino in fondo, un problema europeo. Perché le frontiere italiane, come quelle spagnole, francesi, greche o maltesi, sono oggi frontiere europee; perché su quattro immigrati che arrivano clandestinamente in Italia, almeno tre se ne vanno in altri paesi dell’Unione; perché nessuno dei paesi più esposti può farcela da solo a controllare il fenomeno e, viceversa, perché tutta l’Europa si è ampiamente giovata dell’immigrazione e continua a giovarsene. Gli immigrati sono il solo rimedio agli effetti devastanti della bassa natalità del nostro paese e dell’intero continente.

Occorre, dunque, una nuova e lungimirante politica europea per l’immigrazione. Ma di ciò spero che la Camera possa discutere più distesamente, al di là, signor Presidente, dei limiti di una informativa urgente.

L’immigrazione clandestina via mare, come dicevo, è la più disperata e pericolosa forma di immigrazione. I trafficanti che la organizzano non si fanno scrupolo di sovraccaricare le «carrette del mare» e di mantenere al minimo le scorte di carburante. Così i migranti affrontano nelle condizioni peggiori una traversata che, quando non si conclude tragicamente, comunque riserva loro disagi e maltrattamenti, spesso destinati a proseguire anche dopo lo sbarco, con la loro consegna al turpe mercato del lavoro nero.

In tutta coscienza, credo di poter affermare che nell’area del Mediterraneo nessun paese si è finora impegnato al pari dell’Italia nelle attività di soccorso in mare e di accoglienza a terra.
Com’è noto, il traffico dei clandestini è gestito da gruppi criminali di diverse nazionalità che lucrano profitti enormi, imponendo prezzi per il traghettamento che vanno dai 1.500-2.000 dollari a persona per la traversata del Mediterraneo ai 7.000 per il viaggio dallo Sri Lanka, ai 12 mila per il viaggio dalla Cina.
Indagini recenti dicono che oggi il fatturato annuo mondiale e le attività illegali connesse all’immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani è superiore a quello del traffico di droga.
Con questa realtà dobbiamo misurarci. Perciò, fermi restando i nostri doveri di solidarietà, dobbiamo evitare di fare il gioco di questi gruppi criminali, tanto cinici nel gestire la sofferenza umana quanto abili e determinati nello sfruttare le opportunità nascoste nelle pieghe dei codici di navigazione, del diritto d’asilo e delle legislazioni nazionali sull’immigrazione.

Osservo, peraltro, che, una volta arrivati a destinazione, molti clandestini finiscono, come ho detto, nel mercato del lavori nero o nella manovalanza criminale. Infatti, oggi, in Italia, il 90 per cento della popolazione carceraria di origine extracomunitaria è costituito da immigrati clandestini.
Devo aggiungere che lo sfruttamento dell’immigrazione illegale si sta progressivamente intrecciando non solo con il traffico di esseri umani, di armi e di droga, ma anche con il terrorismo internazionale.

Questo ci obbliga ad una particolare vigilanza sui clandestini provenienti dal Corno d’Africa, dove Al Qaeda si è ormai insediata stabilmente, così come su quelli provenienti dall’area subsahariana, dove l’estremismo islamico si diffonde rapidamente.

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Nel contrasto all’immigrazione clandestina non possiamo, dunque, lasciare spazio a dubbi o incertezze, perseguendo con severità e durezza chi la sfrutta e, nello stesso tempo, assistendo con umanità chi ne è vittima.
Resto, comunque, persuaso che il modo più efficace di contrastare questa drammatica patologia sia quello di favorire l’immigrazione legale, in armonia con le esigenze di sviluppo dell’Europa ed in collaborazione con i paesi di origine e transito dei migranti. Proprio per questo puntiamo sul dialogo euroafricano e proseguiamo l’azione dei precedenti governi sul terreno, non facile ma sicuramente fertile, degli accordi bilaterali.

Veniamo ai fatti.

Dal 29 settembre al 6 ottobre sono giunti a Lampedusa 1.787 clandestini: 544 sono stati avviati ai centri di accoglienza di Crotone, Ragusa e Caltanissetta, o perché richiedenti asilo (408) o perché trattenuti per accertamenti (136); 1.153 sono stati identificati, uno per uno, respinti e riammessi in Libia (si tratta, per la precisione, di 1.119 egiziani, 11 marocchini e 23 bangladesi) (Commenti del deputato Cento). Non si sbilanci troppo sulle deportazioni, perché parleremo anche dell’argomento (Commenti del deputato Cento)!

Presidente. Onorevole Cento, lei potrà parlare dopo, nel dibattito…

Beppe Pisanu, Ministro dell’interno. Per le rimanenti 90 persone le procedure di identificazione sono attualmente in corso.
In tutti i casi si sono svolte le procedure consuete, con la dichiarazione dello straniero e le successive verifiche da parte degli operatori di polizia, sempre assistiti da interpreti di madre lingua araba.

Preciso che accertamenti a fini di identificazione si sono resi necessari solo per gli stranieri dichiaratisi palestinesi e poi risultati egiziani. Aggiungo che nel corso dell’anno sono già stati espulsi e trasferiti al Cairo 702 egiziani che si erano dichiarati palestinesi.
Non è stato eseguito alcun respingimento collettivo, nessuno. Al contrario, come previsto dall’articolo 10, mai novellato, del decreto legislativo n. 286 del 1998 (legge Turco-Napolitano) sono stati adottati provvedimenti individuali di respingimento ad esecuzione immediata. Naturalmente, sono state rispettate le norme nazionali ed internazionali per la tutela delle situazioni “a rischio”, cioè per persone provenienti da paesi interessati da conflitti interni, per minori, donne o nuclei familiari. In questi casi i migranti sono stati trasferiti ai centri di accoglienza di Crotone, Caltanissetta e Ragusa.

La riammissione in Libia è avvenuta in base ad accordi con quel Governo, che rispecchiano fedelmente le intese già conseguite con numerosi paesi terzi, anche della sponda sud del Mediterraneo. Non esistono, invece, accordi italo-libici sul trattamento degli stranieri espulsi dall’Italia o sulle modalità del loro rimpatrio nei paesi di origine. Le intese concluse lo scorso anno riguardano infatti la collaborazione nella lotta alle organizzazioni che sfruttano l’immigrazione clandestina e trafficano in esseri umani, nonché la cooperazione e la fornitura di attrezzature per l’assistenza e il salvataggio dei migranti.

In nessun caso è previsto l’utilizzo di unità militari o della polizia per favorire i respingimenti dalla Libia. Appena ridefinite le nuove intese operative alla luce della rimozione dell’embargo, le unità di polizia italiana svolgeranno in Libia attività di formazione professionale e di addestramento.
Ad ogni buon conto, voglio qui ricordare che la Libia, pur non avendo aderito alla Convenzione dell’ONU sui rifugiati del 1951, ha ratificato la Convenzione dell’Organizzazione dell’Unità Africana del 1969, che a sua volta riconosce quella dell’ONU. Ricordo anche che la Libia nel 2002 è stata presidente di turno della Commissione delle Nazioni Unite per il rispetto dei diritti umani.

Ma soprattutto su un punto voglio essere chiaro: il 26 settembre non è stato stipulato alcun accordo con la Libia. Sono state invece comunicate alle autorità libiche, che le hanno condivise, le linee guida

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dell’iniziativa che l’Italia intende assumere per l’avvio di un dialogo tra Unione europea e Unione africana, in materia di immigrazione. Primo obiettivo è l’elaborazione, da parte della Commissione europea, di un progetto pilota sull’immigrazione clandestina e per il sostegno allo sviluppo economico dei paesi africani aderenti.

Inoltre, è stato concordato l’avvio, a livello tecnico, di un gruppo di lavoro congiunto italo-libico, per definire gli impegni reciproci di cooperazione nel contrasto all’immigrazione clandestina, alla luce del superamento dell’embargo europeo.
Le intese avviate promettono positivi sviluppi come, più in generale per tutti i campi della cooperazione italo-libica, conferma il successo della visita di ieri del Presidente Berlusconi. Infine, fanno ben sperare le scelte coraggiose compiute dalla Libia per il suo pieno reinserimento nella comunità internazionale.
Concludo l’esposizione dei fatti riferendo su due questioni che in questi ultimi giorni hanno acquisito un certo risalto: l’accesso al centro di Lampedusa dei rappresentanti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’uso delle cosiddette manette durante le procedure di allontanamento.

La visita dei rappresentanti dell’Alto Commissariato è stata formalmente richiesta il 4 ottobre ed autorizzata due giorni dopo, quando nel centro di Lampedusa si sono ristabilite le condizioni basilari di sicurezza per i visitatori. Sottolineo che il centro ha una capienza di 186 posti, ma è arrivato ad ospitare, nei momenti di picco, più di 1.200 persone. La visita si è svolta ieri pomeriggio ed ha avuto un seguito nella mattinata di oggi.

L’uso di misure coercitive, naturalmente nel rispetto dei diritti umani, è espressamente previsto dalla decisione del Consiglio europeo del 29 aprile 2004 sulla organizzazione dei voli congiunti per l’allontanamento dei clandestini. A Lampedusa non sono state utilizzate manette, ma fascette di plastica e solo nei confronti di alcune persone che facevano temere rischi per la sicurezza del volo.
In conclusione, nei giorni scorsi, sono stati dunque respinti 1153 clandestini. L’entità di questa operazione si valuta meglio se si considera che nel triennio luglio 2001-giugno 2003 sono stati complessivamente respinti 130.027 clandestini; nel triennio precedente a questo, i respinti erano 129.928. Non mi pare che, in entrambi i casi, si possa parlare di deportazioni.

Signor Presidente, le misure che ho appena illustrato alla Camera non si adottano certo a cuor leggero. Al contrario, si è trattato di decisioni ingrate e tuttavia assolutamente necessarie per bloccare quello che si presentava come un vero e proprio assalto organizzato alle nostre coste.

Personalmente, non ho mai avuto dubbi sul fatto che, se avessimo ceduto, se non ci fossimo comportati con determinazione, avremmo attirato altre migliaia di disperati verso Lampedusa, assecondando di fatto le strategie dei gruppi criminali che gestiscono questi traffici. Così, quella che rischiava di essere una vittoria dei trafficanti può invece diventare una importante tappa di avvicinamento al vero obiettivo, che è l’azzeramento o, quanto meno, la drastica riduzione dell’immigrazione clandestina via mare e dei rischi che essa comporta per gli immigrati, per l’ordine pubblico e per la sicurezza nazionale.
Naturalmente, sappiamo bene che questa forma rappresenta, tutt’al più, il 15 per cento del flusso totale di immigrazione clandestina e che, di conseguenza, anche quando l’avremo sostanzialmente eliminata, ci troveremo ancora di fronte il grosso del problema dell’immigrazione clandestina.

In questa prospettiva stiamo attentamente riflettendo sulla possibilità di ristrutturare i centri realizzati dai precedenti Governi e di creare una nuova rete di “centri polifunzionali per l’immigrazione”, posti al servizio di aree regionali o subregionali e, in ogni caso, istituiti e gestiti di intesa con le regioni e le autonomie

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locali. Qui potrebbero aver luogo tutte le normali attività che la legge prevede nei confronti dei clandestini rintracciati nel territorio nazionale; e qui potrebbero essere sistemati sia i giudici di pace, che dovranno pronunziarsi sulle espulsioni, sia le commissioni territoriali per l’asilo.

Conosco bene le critiche agli attuali centri e proprio per questo non posso non denunciare la mancanza di ogni riguardo per chi, in quei centri, opera con grande generosità, compiendo quegli sforzi che qualche giorno fa il direttore generale della Commissione europea per la giustizia e gli affari interni, Jonathan Faull, ha definito testualmente «sforzi eroici “fatti nel tentativo di” salvare le persone in pericolo, alloggiarle, nutrirle e fornire loro assistenza medica».

Già nei mesi scorsi, signor Presidente della Camera e onorevoli colleghi, ho avuto modo di preannunziare in quest’aula una recrudescenza dell’immigrazione clandestina via mare, attirandomi sgradevoli accuse di allarmismo. Negli ultimi tempi, abbiamo poi avuto sentore di febbrili preparativi per imbarchi di massa verso l’Italia e abbiamo predisposto le misure necessarie.

Ora, spero veramente che, grazie alla crescente efficacia degli accordi con i paesi del Maghreb, in futuro non saremo più costretti a respingere assalti organizzati alle nostre coste, cosicché potremo più serenamente dedicarci al sostegno dei paesi di origine dei flussi migratori e al governo dell’immigrazione irregolare, fermo restando l’impegno a contrastare quella clandestina e a combattere i fuorilegge che la sfruttano senza pietà (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza nazionale).