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da Il Corriere della Sera del 3 novembre 2004

L’inchiesta: racket del lavoro nei cantieri

Operai che pagano per lavorare. Aziende che falsificano le buste paga. Caporali che reclutano manodopera clandestina. Accade a Milano, nel più grande cantiere d’Europa, quello della nuova Fiera. Nella girandola dei subappalti il lavoro nero sfugge anche al patto di legalità sottoscritto mesi fa in prefettura. C’è una denuncia che getta sospetti su una ditta: in tre mesi avrebbe cancellato dai bilanci 438 mila euro. Corrispondono a 29 mila ore non pagate ai dipendenti arruolati sul campo. Un’altra azienda avrebbe chiesto permessi speciali per ottenere operai dall’Egitto: ma il salario non è quello contrattuale, è la metà. I casi si aggiungono a quelli già elencati in Procura nel fascicolo della pm Tiziana Siciliano. L’inchiesta è difficile. Tra gli immigrati, chi parla è finito. Il primo marocchino a denunciare i taglieggiamenti dei caporali, vive sotto scorta. Ha cambiato posto e lavora in una località segreta, come i pentiti di mafia. In cantiere c’è omertà e paura. Ai sindacati arrivano segnalazioni di truffe, intimidazioni, pagamenti mancati. Ma se c’è da mettere nero su bianco, molti dei lavoratori assunti a ore si tirano indietro.
Qualche volta il mugugno trova ascolto. A settembre, General Contractor Npf, la società costituita dai gruppi Astaldi, Pizzarotti e Vianini, affidatari delle opere del nuovo polo fieristico, deve rispondere a un gruppo di operai che chiedono il riconoscimento delle spettanze. La ditta che li aveva in quota, non gli ha riconosciuto gli straordinari pattuiti. Ecco ricostruito il meccanismo-truffa: si offre un contratto part time da dieci ore settimanali; poi si richiede un impegno a tempo pieno di 200 ore; infine, al momento della paga, non si riconoscono gli straordinari. Così, in soli tre mesi la ditta ha totalizzato 3273 euro di «nero» per ogni dipendente.

La vigilanza anti abusi nel cantiere Fiera si è intensificata negli ultimi mesi. I controlli di General Contractor Npf diventano costanti. «L’obiettivo – dicono – è quello di mantenere fino alla conclusione delle opere un alto livello di attenzione sulle questioni della legalità». La ditta che lucrava sugli immigrati deve rimettersi in regola se vuole mantenere il subappalto. Così, inserisce nelle buste paga di aprile e maggio due acconti da 1052 euro per coprire le ore non dichiarate nel trimestre precedente. Ma commette un errore, perché fa emergere una contabilità parallela. In seguito, per cautelarsi, acquista in cartoleria un comune libretto per le ricevute e costringe i lavoratori, dietro minaccia di licenziamento e di revoca del permesso di soggiorno, a firmare una bolla senza alcun valore legale. I soldi non vengono mai accreditati sui conti correnti. In compenso i dipendenti su questa cifra pagano imposte salate: solo ad aprile, 550 euro su 650 euro di stipendio realmente percepiti.

La domanda è se si tratti di un’eccezione. I sindacati si sbilanciano per il no. Nei grandi appalti, si dice, questa è la prassi. La catena delle concessioni nasconde facilmente le prove delle illegalità. E’ sempre più difficile sapere chi gestisce i lavori. Un fenomeno che preoccupa, e che ha spinto il prefetto, Bruno Ferrante, a lanciare l’allarme. Ferrante ha chiesto a imprenditori, sindacalisti, artigiani, commercianti e cooperative un’alleanza contro il lavoro nero, lo sfruttamento della manodopera clandestina e le infiltrazioni mafiose negli appalti. Milano non può diventare una succursale del Terzo Mondo. Tutti hanno sottoscritto. «Bisogna stroncare il marcio prima che si estenda», ha commentato il presidente di Assolombarda Michele Perini.

Ma caporalato, lavoro nero, evasione fiscale continuano. Sarebbe relativamente semplice farsi un’idea delle ore extra che ogni mese si «bruciano» in Fiera e vengono occultate al Fisco: basterebbe incrociare buste paga e contratti con i badge, che registrano il tempo reale di presenza in cantiere. Ma l’operazione richiede il controllo della Guardia di Finanza. Nessuno si è azzardato a chiamarla.
Il racket delle braccia invece è sotto gli occhi di tutti. Basta andare una mattina all’alba in piazzale Lotto. Qui Milano sembra un «fronte del porto». Centinaia di clandestini aspettano un lavoro nei cantieri edili di Milano e della Lombardia. Ai reclutatori va più della metà dello stipendio. Negli anni Cinquanta e Sessanta, gli operai in cerca di lavoro venivano dal Sud. Calabresi, pugliesi, siciliani. Oggi arrivano dalla Tunisia, dal Marocco, dal Senegal, dall’Egitto, dall’Albania e dalla Romania. I sindacati hanno più volte segnalato il fenomeno. Ma non è cambiato molto. Chi parla non lavora. E nel silenzio, avanza l’illegalità.

All’ombra del grande cantiere di Rho-Pero si parla da un anno di truffe, intimidazioni e pagamenti mancati. La prima denuncia, arrivata a marzo, si è conclusa con l’arresto di un dipendente di una società di Borgo Ticino. L’accusa è estorsione. Gli inquirenti hanno accertato che un caposquadra ha reclutato operai e si è fatto consegnare con le minacce parte dello stipendio.
Che questa sia la regola, lo conferma un nuovo episodio accertato. E’ del 16 marzo la denuncia. A presentarla è un manovale siciliano che lavora come gruista alla società Valcantieri. «Il caporale che mi ha preso sotto di sé – racconta -, si intasca due terzi della busta paga. Della mia squadra facevano parte cinquanta persone, tutte nella stessa condizione. Giravo in cantiere con il badge di un altro, come se fosse la cosa più normale del mondo». L’hanno minacciato, e lui se n’è andato. Tocca alla magistratura, adesso, l’ultima parola.

A Rho-Pero ci sono anche imprese che la manodopera sono andate a cercarsela direttamente in Egitto. Hanno raggiunto i cantieri del Cairo, stretto accordi e importato pacchetti di lavoratori cui hanno fatto firmare contratti fantasma scritti in arabo da 350 euro al mese: gli stessi soldi, più una piccola maggiorazione, che prendevano a casa. Per farlo hanno dovuto chiedere l’autorizzazione al Ministero del Lavoro: lo stipendio pattuito era lo stesso di un operaio metalmeccanico: 1.200 euro mensili. Gli egiziani guadagnano meno della metà.
Il 19 maggio era stato firmato un protocollo anticaporalato. Erano presenti, oltre ai sindacati, Sviluppo Sistema Fiera spa e il General Contractor Npf, che ha ribadito l’impegno a vigilare sulle 200 e passa aziende fornitrici e subappaltatrici dei lavori. Da maggio, Npf redige una graduatoria di merito delle imprese più «virtuose» e premia con un orologio capisquadra e operai che si sono distinti. Ci sono i tempi da rispettare. La nuova grande Fiera deve essere consegnata nella primavera 2005.
Il 6 ottobre nel cantiere viene presentato il vademecum «Conoscere il mio lavoro», manuale in cinque lingue distribuito ai 1500 dipendenti delle aziende. Vi si trova, tra l’altro, l’invito a denunciare alle autorità competenti eventuali abusi contrattuali.

di Giangiacomo Schiavi & Matteo Scanni