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Milano – Aggiornamento sul Cpt di via Corelli

Intervista a Bruno, Associazione YaBasta

Milano – Presso il Cpt di via Corelli, la settimana scorsa è stato condotto un ragazzo immigrato, in possesso di ricevuta del pds . Nonostante, quindi, fosse in regola con i documenti, gli è stata convalidata l’espulsione.
Bruno dell’associazione Ya Basta di Milano sta seguendo la vicenda. Questo gli ha permesso di avere anche un quadro sulla situazione del Centro di detenzione milanese.

Risposta: Siamo in contatto con l’avvocato che sia ieri che oggi entrerà nel cpt. Ci ha raccontato l’ennesima situazione assurda nella quale si trovano i migranti.
Indipendentemente dall’analisi di quello che sono i centri di detenzione, della loro assurdità e incostituzionalità, quando si entra nelle storie personali si capisce ancora di più che l’arbitrarietà e l’abuso di chiudere delle persone senza che abbiano commesso alcun reato, si fa ancor più pesante quando le condizioni per essere rinchiuse, dal punto di vista strettamente legale, non ci sono.
Emerge chiaramente, in questo momento, che c’è un indirizzo politico molto forte – dal punto di vista di direttive generali dal Ministero degli Interni – di operare un giro di vite sui migranti. Negli ultimi giorni si è rimessa in moto la macchina di retate e trattenimento all’interno del Cpt con immediato provvedimento di espulsione che per un po’ di tempo, grazie ad una serie di denunce fatte da magistrati e associazioni e alla presa di coscienza da parte della società civile, si era rallentata. Nell’arco di pochi giorni (quattro o cinque) sentendo la situazione all’interno del centro e poi parlando anche con migranti che appartengono alle varie associazioni antirazziste e che lavorano sui centri di detenzione, sono venuto a sapere che, per esempio, tutta la prassi prevista per la consegna del decreto di trattenimento, affinché questo venga considerato valido, non viene rispettata. Spesso non c’è l’interprete, l’avvocato deve assistere a convalide di trattenimento di quattro o cinque assistiti per cui una specie di catena di montaggio, il giudice di pace firma nell’arco di mezzora più trattenimenti, senza prendere in visione nessun tipo di situazione.
Spesso succede che le retate si facciano di giovedì per cui (siccome vi sono cinque giorni non lavorativi a disposizione per il ricorso) trovare un avvocato di fiducia di venerdì è difficile quindi passano sabato e domenica e si arriva direttamente a lunedì. Martedì è l’ultimo giorno disponibile per fare ricorso e, in questo modo, non essendoci un tempo reale sufficiente, la persona diventa “regolarmente” soggiornante all’interno del Cpt.
A questa aberrante creazione della macchina di trattenimento, si aggiunge un altro pezzo: con il trattenimento viene consegnato nello stesso momento anche il provvedimento di espulsione, dando per scontato che la persona non soltanto rimarrà dentro al centro di via Corelli, ma che non avrà nessuna possibilità di dimostrare chi è.
Quando ieri, parlando con un funzionario del centro, gli ho fatto presente che ad una persona era stato già consegnato il provvedimento di espulsione, mi ha molto colpito il suo stupore e la sua risposta: “È ovvio, è normale che venga consegnato il provvedimento di espulsione”. Quando ho fatto presente che questa persona deve incontrare un avvocato perché, per quello che abbiamo saputo e per quello che ci ha riferito direttamente, la situazione del trattenimento all’interno non è del tutto chiara, l’agente ha detto, molto tranquillamente: “Se lui farà il ricorso, prima o poi verrà chiarita la situazione”. Ma sappiamo perfettamente che il ricorso contro l’espulsione non ferma l’espulsione. I casi delle espulsioni dei rom di via Adda lo confermano (anche se in seguito sono stati vinti i ricorsi e lo Stato italiano ha dovuto dare il via libera al ritorno di trenta persona).
Tutto viene fatto come fosse una procedura d’ufficio.

D: A Milano esiste un gruppo di avvocati che si occupa delle problematiche specifiche dei migranti rinchiusi nel Cpt?

R: Sono sei anni che i centri di detenzione sono operativi e continuiamo ad avere difficoltà a relazionarci con avvocati e giuristi che vogliano formare una specie di pool di pronto intervento gratuito per assistere i migranti. Gli avvocati che entrano in via Corelli si fanno pagare molto perché sanno che il migrante, allo stesso modo in cui è disponibile a lasciare molti soldi agli scafisti per poter venire qua, è disponibile ad impegnare qualsiasi cosa per l’avvocato, perché è l’unico che gli può garantire una sorta di possibilità di riacquistare la libertà, di non essere espulso. Per cui, è un continuo ricatto, in tutti i sensi.

D: A che punto è la situazione di Mike, il ragazzo nigeriano rinchiuso nel Cpt la settimana scorsa nonostante sia in regola con i documenti?

R: A partire dal ricorso fatto al TAR per il decreto di trattenimento non valido, l’avvocato sta cercando di vedere se c’è qualche possibilità. Sicuramente è molto difficile. La macchina giudiziaria è automatica, potente e, soprattutto, imprevedibile: non sappiamo in che momento possano partire delle deportazioni di massa, possa partire l’aereo di qualche compagnia di bandiera che si senta anche la coscienza tranquilla di mettere dentro ai propri aerei persone incatenate.

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