Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da La Repubblica del 12 novembre 2004

Straniero? Per te non c’ è lavoro

Indagine a Roma, Torino e Napoli dell’ agenzia Onu per l’ impiego. In Italia più pregiudizi che negli altri paesi europei.

ROMA – «Buongiorno, mi chiamo Khalid, telefono per l’ annuncio su Porta Portese», dice cortesemente, e in buon italiano, il giovane marocchino al titolare della fabbrica di mobili. «Ma l’ abbiamo trovato già», risponde brusco l’ imprenditore. Passano pochi minuti. Il telefono squilla ancora. «Buongiorno, chiamo per l’ annuncio su Porta Portese», esordisce il ragazzo dallo spiccato accento romanesco. «Buongiorno. Lei è falegname, lei?», è la replica. L’ aspirante operaio fa appena in tempo a dire di sì e ad accennare alle sue esperienze professionali: «Allora le do l’ indirizzo. Ci vediamo oggi pomeriggio, possibilmente dopo le cinque». è una storia come tante, che da sola non farebbe statistica. Ma che diventa significativa se si ripete più volte. Centinaia di volte. E così è accaduto ai sociologi del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’ immigrazione, che – per conto dell’ International Labour Organization, l’ agenzia dell’ Onu sul lavoro – hanno battuto a tappeto gli annunci economici di Roma, Torino e Napoli. Facendo candidare alle offerte di lavoro coppie di attori (un marocchino seguito a pochi minuti di distanza da un italiano), qualificati dallo stesso curriculum professionale ma da un diverso colore della pelle. Risultato: in quarantuno casi su cento lo straniero, nella procedura di selezione, è stato discriminato. Il dato va spiegato.

Lo studio ha cercato di misurare la sistematica preferenza di un candidato nazionale rispetto a uno straniero, calcolando il cosiddetto tasso di discriminazione. Significa che su cento posti di lavoro offerti in Italia (e per il quale concorrono un italiano e un immigrato), 59 vengono assegnati indipendentemente dalla provenienza del lavoratore. Negli altri 41, la nazionalità è invece determinante, perché l’ extracomunitario viene sempre escluso. Ebbene, la percentuale di discriminazioni nel mercato del lavoro italiano è decisamente superiore a quella di altri paesi europei: 37 per cento in Olanda, 36 per cento in Spagna, 19 per cento in Germania. L’ indagine si è svolta ovviamente su un numero molto alto di casi (533) in cui almeno uno dei candidati è stato accettato. Sotto indagine sono finite anche le tre fasi della procedura di selezione: telefonata, colloquio e offerta di lavoro vera e propria. «La percentuale di casi in cui il lavoratore marocchino viene rifiutato – si legge nella ricerca – diminuisce man mano che si avanza nella procedura: è molto alta nel primo contatto, nei pochi secondi della telefonata, mentre è minima quando finalmente il lavoratore marocchino si trova di fronte al potenziale datore di lavoro». Difficilmente la preferenza per il lavoratore italiano viene ammessa in modo esplicito: «Nella maggior parte dei casi – prosegue lo studio – il rifiuto è mascherato. A uno dei due attori, quasi sempre il marocchino, si risponde che il lavoro è già stato assegnato o che il responsabile della selezione non è disponibile mentre all’ altro, in genere l’ italiano, che chiama poco dopo, viene chiesto di lasciare nome e recapito o di presentarsi per un colloquio». Altre volte, addirittura, i medesimi requisiti professionali, ritenuti insufficienti per il nordafricano, diventano soddisfacenti al solo cambiare dell’ accento.

Le differenze di trattamento si rivelano molto sensibili sia alla localizzazione geografica sia alla tipologia di impiego. Il tasso di discriminazione è molto più basso a Napoli (33,7%), rispetto a Torino (43,3%) e Roma (45,7%). Il settore delle costruzioni risulta molto più aperto di quello dei servizi e dell’ industria. E in generale, i lavori più inaccessibili per gli extracomunitari sono quelli che prevedono il contatto col pubblico. Quelli in cui l’ imprenditore finisce per temere il pregiudizio degli utenti. E decide di non rischiare.

di GIANCARLO MOLA