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Senza tetto né legge. Clandestini o lavoratori?

Documento a cura dello Scalo Internazionale Migranti, Bologna

Ogni inverno si assiste impotenti all’arrivo del gelo ed al ripetersi di morti tanto inutili quanto evitabili. Sono i corpi di immigrati quelli che vengono schiacciati nei cassonetti, dove si rifugiano per dormire o per cercare qualche vestito più caldo, sono i corpi di immigrati quelli che ardono nelle baracche sul LungoReno, unici rifugi che questa città offre a chi non ha né tetto né legge.
L’inverno scorso una famiglia di rumeni abitava in un buco nell’asfalto, proprio a fianco di un noto centro commerciale: ma la notizia non era che costoro non avevano una casa e che i bambini vivevano esposti giorno e notte al freddo.
La notizia era che c’era chi aveva cominciato a scavare per strada per ripararsi.
Anche oggi c’è chi sta scavando per ripararsi dalla neve e dal gelo: sono i rumeni che abitano il Ferrhotel, il cui numero è cresciuto in maniera esponenziale con l’arrivo del maltempo, e che adesso hanno ricavato dei precarissimi rifugi nelle cantine dello stabile.
La situazione del Ferrhotel da grave si è rapidamente trasformata in gravissima, altamente pericolosa per l’incolumità fisica di coloro che vi abitano, senza impianti a norma, senza riscaldamento, senza servizi igienici adeguati.

Ma di chi stiamo parlando, chi sono gli abitanti del Ferrhotel?
Per alcuni sono degli immigrati rumeni, per la maggior parte sono dei clandestini, del cui destino la Legge impone di non occuparsi ed i cui diritti la Legge impone di non riconoscere.
Rifiutiamo ogni ipocrisia: i rumeni del Ferrhotel sono i muratori che costruiscono quelle case che vengono poi vendute a 3500-4000 euro al metro quadro; sono i forzati di un sistema che sulla loro pelle sta costruendo le strade, i palazzi, gli edifici pubblici di questa città.
Una forte discussione interna ci ha permesso di prendere atto collettivamente della posizione di diverse decine di lavoratori in nero, clandestini che ogni giorno attraversano le frontiere di un’illegalità diffusa e tollerata: quella del caporalato, dei cantieri ove piccole imprese lavorano in subappalto, dove una giornata di lavoro costa 25 euro, quando viene pagata; un lavoro senza controlli, pericoloso, in cui il rapporto di subordinazione ai padroni è totale e passa spesso anche per la minaccia fisica.
Ma quale Legge distingue tra lavoratori e lavoratori? Quale Legge impone che quelli senza permesso di soggiorno debbano vivere come schiavi nei cantieri di giorno ed abitare come topi nelle tane di notte?
Arrampicati sopra i muri in costruzione, baraccati lungo il fiume, ammassati in cascine e stabili abbandonati: c’è una città parallela e nascosta che scompare agli occhi dei cittadini perbene, degli imprenditori, dei sindacati, delle istituzioni, presente solo alle forze dell’ordine quando la si deve schedare, arrestare, sgomberare, controllare, contare, deportare in massa.
Alcuni, tra i quali gli assessori del Comune di Bologna, ritengono che la Legge 286/98, modificata dalla legge Bossi-Fini, di fatto impedisca di prestare assistenza a persone che sono prive di un permesso di soggiorno, ritenendo che la Legge blocchi ogni soluzione abitativa e ogni contrasto al lavoro nero.
Ma così non è. Sotto il profilo economico e sociale, l’immigrazione clandestina risponde ad una domanda lavorativa: la ricerca di animali da soma, gente da far lavorare in ogni condizione e pagare poco. Questa è la realtà di cui parliamo e di cui stiamo parlando ancora dopo due anni di lotte.
La precarietà delle condizioni di vita in cui i rumeni, come tanti altri immigrati, sono ricacciati, per di più sta vanificando la sanatoria e mettendo a rischio il rinnovo dei permessi di soggiorno: per mancanza di metri quadri sufficienti, per l’impossibilità di accedere al mercato selvaggio degli affitti, perché perdono il lavoro per malattie aggravate dal vivere nel sovraffollamento e nell’indigenza.

In questa situazione l’intervento è un dovere, non una misura straordinaria: non è una eccezione far rispettare la legge contro il lavoro illegale e lo sfruttamento e tutelare chi si espone denunciandolo.
Per spezzare il cerchio ed immaginare una soluzione, non solo innovativa, ma giusta, è necessario cambiare prospettiva e di conseguenza le priorità di intervento.
Il contrasto al lavoro nero nei cantieri, che oggi rappresenta la principale ragione economica di immigrazione da parte dei rumeni nella città, rappresenta non solo un obbligo normativo, ma anche una soluzione non provvisoria, un segnale politico alla criminalità organizzata che rifornisce i cantieri ed incrementa i propri traffici con i provenenti dell’immigrazione clandestina.
Qualche anno fa si decise di promuovere la collaborazione giudiziaria delle sex-workers clandestine attraverso l’impegno dello Stato a riconoscere protezione e documenti. La ratio ispiratrice della legge, fortemente voluta dall’allora ministro Turco, era quella di permettere il riscatto delle nuove schiave attraverso un percorso segnato dal riconoscimento dei loro diritti di persone e dunque con la concessione del permesso di soggiorno.
Con un atto di coraggio che non rappresenta né una forzatura né una violazione, la Legge consentirebbe di estendere tale riconoscimento anche ai lavoratori in nero allo scopo di permettere la loro emancipazione e dunque di riconoscere loro i diritti.
Di fronte ad una comunità di lavoratori che esce alla luce del sole a rifiutare con coraggio una condizione di sfruttamento e rischiando sulla propria pelle, chiediamo al Comune di accompagnare questa lotta e di costituire una task-force sul lavoro nero, che raccolga le denunce e verifichi la presenza di questi lavoratori nei cantieri indicati. Chiediamo alle istituzioni locali l’impegno a rappresentare alle autorità statali la necessità di riconoscere, per i lavoratori che decideranno di denunciare i propri sfruttatori, un permesso di soggiorno per la collaborazione nell’attività di contrasto al lavoro nero ed alla criminalità ad esso collegata.
Solo così si creeranno le condizioni per l’emancipazione dei lavoratori rumeni, e per lo sviluppo di una politica finalizzata al riconoscimento dei diritti umani.

Scalo Internazionale Migranti