Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 30 giugno 2005

Rappresaglia contro gli zingari

LUCA FAZIO
MILANO

I guanti di lattice con il caldo che fa devono essere un bel fastidio. Del resto in qualche modo bisognerà pur proteggere i nostri ragazzi se, come dice il vice presidente della Regione Lombardia, Viviana Beccalossi, «questi sono parassiti della società». Anche alzarsi alle quattro del mattino per un’opera di «bonifica» deve essere una faticaccia, ma alla fine almeno ci si sfoga sfasciando tutto, come al solito, giocando con le ruspe che accartocciano le baracche dei parassiti mentre i pochi zingari rimasti a guardare si fanno da parte trascinando carrelli mezzi vuoti e trascinando via anche i bambini più piccoli (quelli dei rom regolari, gli altri scappano perché hanno paura che glieli portino via). Insieme alle «forze dell’ordine», che ieri hanno sgomberato il campo di via Capo Rizzuto, non si è presentato nemmeno un rappresentante dei servizi sociali o della protezione civile, non un sottoposto della Provincia di Milano, l’unica istituzione che a chiacchiere dice di avere qualche ideuzza per risolvere «il problema». Non c’era nemmeno qualcosa di molto più utile: una bottiglia d’acqua. Ma è tutto normale. «Non si è mai vista una cosa del genere – spiega Gabriella Cribioli, vice presidente del Comitato italiano contro la schiavitù moderna – proprio mentre le istituzioni parlano di coniugare legalità e solidarietà si è compiuta una rappresaglia contro dei civili, noi stiamo ancora aspettando una risposta della Provincia che il 12 maggio ci aveva detto che avrebbe fatto un censimento fra i comuni per verificare la possibilità di allocare alcune famiglie». Ma gli zingari non si stupiscono di niente. Nella provincia più ricca d’Europa sono abituati ai rastrellamenti: quando vedono la polizia (con i vigili è peggio) ormai si preoccupano solo di salvare il salvabile, le cose, un pacco di pannolini, un generatore per alimentare la corrente. Poi se ne vanno. E lo stesso faranno altre centinaia di persone che abitano il campo di via Triboniano, che sta proprio lì a fianco. Quello è il prossimo della lista, perché a Milano, dal vice sindaco post fascista De Corato in giù, in questi giorni è tutto un coro di «questo è solo l’inizio». Di più, De Corato vorrebbe rivedere il trattato firmato con il governo di Bucarest e costruire altri centri di detenzione.

Ma lo sgombero di ieri nel campo di via Capo Rizzuto, oltreché inutile – su 600 rom rumeni, solo cinquanta sono caduti nella trappola – è particolarmente odioso perché questa volta si è trattato di una vera e propria imboscata, studiata a tavolino dopo che per mesi le istituzioni si sono viste per cercare di risolvere almeno il caso dei nomadi regolari che sopravvivono nei campi: e in quello di via Capo Rizzuto non ce n’erano più di una trentina. Ieri mattina, alcuni, rassicurati, se ne sono andati tranquillamente a lavorare. E ieri sera, chi era rimasto ancora non sapeva dove andare. Ma almeno sapevano dove non andare: nessuno, nemmeno le donne con i bambini, ha accettato la tardiva e ipocrita carità dell’assessore alla solidarietà Maiolo: «Per i bambini un posto c’è». L’unico posto che la questura ha saputo trovare invece è per una cinquantina di rom che hanno passato la notte nel cpt di via Corelli, che la sera prima è stato parzialmente svuotato. Presto i rom saranno espulsi, poi torneranno.

Il campo di via Capo Rizzuto però era speciale. Ci viveva anche lo stupratore Mur Raduliviu, quindi dopo tanto strepitare di «reato etnico» bisognava pur dare un segnale per cercare di individuare i suoi due complici. Organizzare inutili retate per confronti all’americana – come è successo mercoledì: ottanta prelevati e dei due delinquenti nemmeno l’ombra – malmenare qualche donna poco remissiva e terrorizzare i rom senza permesso di soggiorno…Poca cosa però rispetto alla decisione di radere al suolo il campo, con il mite Prefetto che prima recita la parte del ragionevole mediatore e poi autorizza operazioni del genere. «Uno sgombero doloroso ma necessario», lo ha definito l’addolorato assessore alla sicurezza del comune di Milano Guido Manca. L’evidente nesso con la campagna mediatica sull’etnia stupratrice (e ruba bambini) insospettisce – per modo di dire – Daniele Farina e Gianni Occhi, consiglieri comunali del Prc: «Resta forte il sospetto di una inattività dolosa volta al periodico utilizzo politico delle emergenze piuttosto che a percorrere una via di soluzione per la presenza nomade sul territorio milanese». E, a proposito di soluzioni, ci sarebbe piaciuto chiedere anche al presidente della Provincia, Filippo Penati, che ne sarà della sua idea di costruire piccoli campi nei comuni della provincia dopo che Palazzo Marino con il blitz di via Capo Rizzuto gli ha mandato a dire che se ne infischia dei suoi piani per coniugare «solidarietà e sicurezza». Ieri, però, il suo pensiero lo ha voluto dispensare «in esclusiva» solo a un importante quotidiano.