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Diritti umani – Rapporto annuale 2007 di Amnesty international

La situazione Italiana

L’Italia ha continuato a non avere una legge sul diritto di asilo. Il governo non ha inoltrato richiesta di estradizione per 26 cittadini statunitensi coinvolti nel caso di rendition di Abu Omar. A seguito della legislazione anti-terrorismo in vigore dal 2005, diversi migranti hanno ricevuto ordini di espulsione e alcuni sono stati rimandati nel Paese di origine. La legislazione italiana non prevede specificatamente il reato di tortura.

Immigrazione

L’Italia non ha adottato una legge organica sul diritto di asilo e ha mantenuto in vigore la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, che comprende clausole non in linea con le norme e gli standard internazionali sui diritti umani.

Detenzione ed espulsione di minori migranti
È proseguita la pratica di detenere sistematicamente i minori migranti appena giunti sulle coste italiane, in violazione delle leggi internazionali sui diritti umani e sui rifugiati. In molti casi non è stato rispettato il diritto dei minori di essere detenuti separatamente dagli adulti che non siano membri della stessa famiglia. Frequentemente i minori non hanno ricevuto né assistenza legale, né informazioni sui loro diritti e, in alcuni casi, in mancanza di un’accurata valutazione della loro età, essi hanno rischiato di essere rimpatriati forzatamente. Talvolta alcuni minori non accompagnati sono stati sottoposti a perquisizioni corporali, ispezioni e confisca di oggetti personali. Ad alcuni non è stato garantito l’accesso immediato alle procedure di asilo, mentre altri sono stati ritenuti richiedenti asilo a loro insaputa e hanno ricevuto permessi di soggiorno di cui non comprendevano la natura.

Nel mese di gennaio, tre fratelli minori di origine somala sono stati rinviati in Ghana, da dove erano giunti il giorno precedente, a quanto è parso grazie a passaporti falsi. Durante la detenzione all’aeroporto milanese di Malpensa, non risulta sia stata loro domandata l’età o la nazionalità, né siano stati informati della possibilità di chiedere asilo, o autorizzati a contattare i parenti residenti in Europa. I tre fratelli sono poi fuggiti in Costa d’Avorio.

Corruzione e abusi nei centri di detenzione
In molti centri di detenzione le condizioni di vita sono risultate ancora una volta problematiche. Sono stati segnalati casi di personale che chiedeva somme di denaro per fornire merci a caro prezzo ai migranti rinchiusi e condizioni di carente assistenza legale, sanitaria e psicologica.

A ottobre è stato segnalato che gruppi di migranti erano fuggiti dal centro di detenzione di Caltanissetta, in Sicilia, dopo aver corrotto le guardie. Il ministero degli Interni e la procura di Caltanissetta hanno avviato indagini in merito ad abusi e reati commessi nello stesso centro.

Accesso ai centri di detenzione per migranti
Dopo che il ministro degli Interni ha dichiarato che AI doveva poter accedere ai centri di detenzione per migranti, sono state avviate le procedure per ottenere tale autorizzazione. In precedenza, né AI, né altre organizzazioni non governative avevano potuto visitare i centri.

Cooperazione con la Libia
L’Italia ha avviato trattative diplomatiche di alto livello con le autorità libiche riguardanti azioni congiunte volte ad arginare l’immigrazione verso l’Italia e comprendenti promesse di aiuti finanziari da parte dell’Italia alla Libia affinché quest’ultima costruisca nel proprio territorio centri di detenzione per migranti e pattugli i propri confini meridionali. Tali impegni sono stati assunti nonostante la Libia non abbia ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati e il relativo Protocollo, né si sia dotata di una procedura di asilo.

Misure anti-terrorismo
Rapimento e rendition di Abu Omar
Nel corso dell’anno si sono concluse le indagini giudiziarie preliminari sul caso di Abu Omar, un cittadino egiziano con permesso di soggiorno in Italia, che nel 2003 fu rapito in strada a Milano nell’ambito del programma statunitense di detenzioni e segrete e rendition (vale a dire i trasferimenti illegittimi di persone da uno Stato all’altro compiuti al di fuori di qualsiasi procedimento giudiziario). Gli agenti statunitensi trasferirono in aereo Abu Omar dall’Italia all’Egitto dove, secondo quanto riferito, fu torturato durante la detenzione. Il rapimento sarebbe presumibilmente stato eseguito da agenti dei servizi della statunitense Central Intelligence Agency (CIA) e da esponenti del SISMI, il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare italiano. Sebbene il ministro della Giustizia avesse autorizzato i magistrati italiani a interrogare i sospetti negli Stati Uniti, a fine anno il ministero non aveva inoltrato alcuna richiesta di estradizione per i 26 presunti agenti statunitensi colpiti da mandato d’arresto nel corso dell’anno, tra cui il funzionario che, al momento del rapimento, era a capo dell’ufficio della CIA in Italia.

Mandati d’arresto sono stati emessi anche nei confronti di due funzionari del SISMI.

Nel mese di dicembre, la procura ha chiesto l’incriminazione dei 26 agenti statunitensi e di nove cittadini italiani, compreso il capo del SISMI all’epoca del rapimento di Abu Omar.

Espulsioni sommarie
Diversi migranti hanno ricevuto ordini di espulsione e alcuni di essi sono stati rinviati nel Paese di origine a seguito della legislazione anti-terrorismo (legge 155/05, detta “decreto Pisanu”) in vigore dal 2005. Non è stato effettuato alcun controllo giudiziario per stabilire se le persone espulse fossero coinvolte in attività criminali, se l’espulsione stessa fosse legale o se, al ritorno in patria, i migranti espulsi rischiassero di subire violazioni dei diritti umani. Nel corso dell’anno tra le persone espulse figuravano cittadini originari di Egitto, Marocco, Siria e Tunisia.

Un uomo è stato espulso sommariamente verso la Siria nonostante in possesso di regolare permesso di soggiorno in Italia. Secondo quanto riferito, egli è stato trattenuto agli arresti per vari giorni dalle autorità siriane e quindi rilasciato.

L’art.3 del decreto Pisanu stabilisce che gli ordini di espulsione, applicabili a migranti sia regolari sia irregolari, siano adottati ed eseguiti laddove esistano «fondati motivi di ritenere che la [loro] permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali». La legge non richiede che il soggetto espulso sia stato accusato o condannato per reati connessi al terrorismo e non esige la convalida o l’autorizzazione di un magistrato né per la decisione di espellere, né per la sua esecuzione. Le norme prevedono la possibilità di ricorso contro la decisione, ma non la sospensione dell’effettiva espulsione durante l’esame del ricorso. Le procedure di espulsione non forniscono protezione efficace contro il refoulement (respingimento) di persone che, una volta tornate nel Paese d’origine, potrebbero rischiare la persecuzione o altre gravi violazioni dei diritti umani. Nel mese di novembre, la Corte europea dei diritti umani ha sospeso l’espulsione di tre persone che stavano per essere rinviate nel Paese di origine ai sensi del decreto Pisanu. La Corte ha fondato la sua decisione sui pericoli in cui sarebbero incorse nei Paesi di origine in caso di espulsione, tra cui il rischio di essere sottoposte a tortura e maltrattamenti.

La Corte Costituzionale italiana ha preso in esame alcune norme del decreto Pisanu per stabilire se violassero i diritti al rimedio giuridico, alla difesa e all’equità processuale.

Nella seconda metà dell’anno sono emerse informazioni attendibili riguardanti una lista, di fonte governativa, di migranti da espellere perché sospettati di coinvolgimento in terrorismo. Almeno una delle persone espulse nel corso dell’anno a seguito della legislazione anti-terrorismo era presente nella lista.

Preoccupazioni in materia di ordine pubblico

L’Italia ha continuato a non avere nel codice penale il reato di tortura, così come definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Non è stato istituito un organismo indipendente per esaminare le denunce nei confronti della polizia e accertare le responsabilità. Le operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico non sono state in linea con il Codice europeo di etica per la polizia, ad esempio laddove viene richiesto che gli agenti portino ben visibile qualche segno di identificazione, come il numero di matricola, per garantire che possano essere individuati.

È proseguita l’inchiesta sull’operazione di polizia del dicembre 2005 in Val di Susa, durante la quale diverse centinaia di agenti tentarono di far sgomberare circa 100 persone che manifestavano contro la costruzione di un collegamento ferroviario ad alta velocità. Secondo quando riferito, i dimostranti furono aggrediti e picchiati, molti di essi durante il sonno.

Aggiornamenti: manifestazioni del 2001
Sono proseguiti i processi agli agenti coinvolti nelle operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico durante le manifestazioni di massa di Napoli, nel marzo 2001, e di Genova, a margine del Summit G8, nel luglio 2001.

A novembre, un tribunale di Genova ha dichiarato che non avrebbe riaperto le indagini sulla morte di Carlo Giuliani, un giovane ucciso da un carabiniere durante le manifestazioni del 2001. L’istanza di riapertura dell’inchiesta era stata presentata a seguito dell’emergere di potenziali nuove prove.

Vaglio internazionale
Nel mese di aprile il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato le proprie Osservazioni conclusive sull’Italia dopo averne esaminato il rapporto periodico. Tra i vari punti, il Comitato ha raccomandato che l’Italia istituisca un organismo nazionale indipendente sui diritti umani, in conformità ai Principi di Parigi. Ha altresì raccomandato maggiori sforzi per assicurare che vengano condotte indagini immediate e imparziali nei casi di maltrattamento ad opera di agenti delle forze di pubblica sicurezza.

Il Comitato ha anche raccomandato che venga ridotto il periodo massimo di arresto in flagranza, anche in circostanze eccezionali, a meno degli attuali cinque giorni e che l’arrestato possa ricorrere immediatamente all’assistenza legale. Ha anche raccomandato che l’Italia faccia in modo che la magistratura resti indipendente dal potere esecutivo e che la riforma del sistema giudiziario non infici tale indipendenza.